È stato approvato il Bilancio preventivo dell’INPS per l’esercizio 2025 che rileva un risultato di esercizio negativo di 9.287 milioni di euro, più o meno le stesse per l’esercizio passato del 2024.
Il problema che il numero dei pensionati è in continuo aumento e le contribuzioni dei lavoratori sono pressoché stabili, nonostante la pressione fiscale le “risorse” come indicato dalla sinistra, ovvero quell’invasione di extracomunitari che dovevano sopperire alla mancanza di forza lavoro “nostrana” e che doveva aiutarci non ha spostato gli equilibri né tamponato la situazione.
Ma la situazione è sostenibile?
Nel 2023., ovvero gli ultimi dati disponibili, l’INPS ha erogato del denaro a 16 milioni di persone in pratica un italiano su 4, il 77% dei queste persone son pensionati che percepiscono un reddito e magari anche la reversibilità della pensione del coniuge venuto a mancare, infatti il 30% dei pensionati riceve almeno 2 pensioni e tutto questo costa circa 384 miliardi di euro, mentre le entrate dell’INPS date dai contributi sociali versati dai lavoratori si attestano a 270 miliardi (dati sempre del 2023), la restante parte mancante viene emessa dalle casse dello stato, infatti nell’ultimo anno l’Italia, ovvero tutti noi, ha dato 182 miliardi all’INPS, una parte di tale cifra è stata usata manovre sociali come il per sostegno al reddito per le famiglie, mentre per coprire il buco pensionistico vero e proprio son stati devoluti 48 miliardi
Sistema Contributivo e Retributivo
In passato, per il calcolo della pensione si usava il sistema retributivo che considerava gli anni di contribuzione una media del reddito medio degli ultimi anni ed una aliquota fissa del 2%, ed era vantaggioso perché si basava principalmente sulle ultime retribuzioni che erano, sicuramente, più alte; dal 1995 con la riforma Dini si è pian piano passati al metodo contributivo dove la pensione dipende solamente dai contributi versati, sommando i contributi annui rivalutati di anno in anno più un coefficiente con tasso variabile, nel mezzo del passaggio da un sistema a un altro ce stato anche un sistema misto che calcolava la pensione con i due sistemi contributivo e retributivo in base ad alcuni coefficienti.
Con la riforma Fornero del 2011 si è poi passato solamente per tutti al sistema contributivo rendendo la pensione più bassa rispetto al passato; infatti, in Italia abbiamo il paradosso che i redditi dei pensionati di vecchia data son più alti rispetto ai redditi da lavoro, nella pratica chi è a casa guadagna meglio di chi è al lavoro.
La domanda delle domande
Come siamo arrivati a questo punto? Il problema è strutturale, principalmente per due fattori, l’elevata aspettativa di vita sopra gli 80 anni, attualmente siamo su una media di 84 anni ed una scarsa natalità con un tasso del 1,14 % figli per donna, questo porta a come già accennato minori entrate, sempre meno lavoratori da cui prelevare i contributi e maggiori esborsi da parte dello stato, visto che ci saranno sempre più pensionati e sempre più a lungo, da parte dello stato.
Questo ha dato il via alla crescita delle previdenze complementari in grado di affiancar e un domani una entrata al fine di cercare di mantenere un tenore di vita accettabile pe raffrontare serenamente la vecchiaia.
Le previsioni per il futuro sono sempre più “nere” visto che siamo stati troppo generosi in passato, come ad esempio l’erogazione di pensioni dopo pochi anni di lavoro a determinate categorie lavorative come ad esempio i lavoratori statali e per quanto descritto sopra, chissà quanto lo stato sarà ancora in grado di sostenere una situazione così deficitaria.
Secondo me i guai dell’ Inps sono anche iniziati con l’ accorpamento con l’ INPDAP. L’assorbimento dell’INPDAP ha comportato il trasferimento di un deficit patrimoniale di 10,2 miliardi di euro e un passivo di quasi 5,8 miliardi di euro per l’esercizio 2012 all’INPS, indipendentemente da chi l’ha voluto è stato un grosso guaio, anche perché lo stato già da tempo aveva attuato una politica di scarse assunzioni, politica che è tuttora in corso.
Poi c’è il patrimonio immobiliare dell’INPS, ereditato anche da enti previdenziali disciolti, è oggetto di critiche per la sua gestione, considerata da alcuni poco efficiente e poco trasparente. Esistono denunce di abbandono e malgoverno di immobili, che potrebbero essere valorizzati per generare reddito o contribuire al sostegno della spesa previdenziale.
Fonte Confedilizia.
Infine Il patrimonio immobiliare dell’INPS vale circa 2,5 miliardi di euro e comprende circa 30.000 unità immobiliari. La maggior parte di questo patrimonio deriva dalle operazioni di cartolarizzazione (SCIP 1 e SCIP 2) e da immobili di provenienza degli ex enti INPDAP e INPDAI.
Gestito da Romeo Gestioni S.p.A., società di servizi fondata nel 1989.
Basterà iniziare a tagliare tanti rami secchi nella gestione generalw dello Stato ma soprattutto usando la scimitarra ai troppi privilegi in essere della classe politica e dirigente dello Stato, dei managers pubblici e privati e soprattutto andando a chiedere una tassazione significativa a Multinazionali che operano nel paese, nei settori strategici quali ad esempio telefonia, del cibo, dell’autotrazione per finire a tutte quelle Aziende pubbliche e private che fanno profitti a tanti zeri e che pagano barzelli ridicoli.