Tanto tuonò che piovve. Finalmente, dopo l’ennesima serie di devastazioni compiute dai collettivi e sedicenti antagonisti, si è levato un coro più o meno unanime di condanne, fatti salvi alcuni immancabili e francamente nauseanti distinguo.
Roma, Milano, Torino e Bologna lo scorso 11 gennaio sono state teatri delle oramai consuete gazzarre scatenate dai soliti noti dei centri sociali, per i quali ogni pretesto è buono per mettere a ferro e fuoco le città e scontrarsi con le Forze dell’Ordine. È il loro oggetto sociale, il loro modo per dimostrare anzitutto a sé stessi di esistere.
A differenza dell’ultimo 9 novembre a Bologna, quando i teppisti rossi hanno ricevuto esplicito sostegno dall’amministrazione comunale, con la vice sindaco Clancy presente tra i dimostranti e gli spericolati accostamenti fatti dal sindaco Lepore tra la strage della Stazione del 2 agosto 1980 e la composta manifestazione dei patrioti contro il degrado, stavolta Lepore ha preso le distanze, sia pure maldestramente.
Ecco le sue parole:” A nome dei cittadini bolognesi chiedo che i responsabili vengano individuati…”e fin qui non si può che condividere. La “giustizia per Ramy” è stata solo un pretesto per giustificare i disordini, alla faccia della grandissima dignità del padre del giovane che aveva esortato ripetutamente ad astenersi dalle violenze.
Gaza strumentalizzata
Ma la morte di Ramy non è stata la sola cosa ad essere strumentalizzata. Da quando è in atto il massacro di Gaza, nelle manifestazioni degli estremisti rossi compaiono spesso bandiere della Palestina. Anche queste alquanto a sproposito, se si pensa che l’aspirazione dei palestinesi è quella di avere una Patria e di averla libera, in netto contrasto con le posizioni “No border” – nessun confine, quindi, in pratica, nessuna Patria – dei collettivi.
Una maschera, pertanto, quella pro-Pal, dietro alla quale la galassia rosso-anarchica nasconde i propri intenti da sfasciavetrine. Lepore ha pure dichiarato: “Particolare preoccupazione va espressa per gli atti vandalici e le minacce contro la Sinagoga di Bologna, per la quale esprimo la mia solidarietà alla comunità ebraica..”.
Uno scivolone clamoroso, dato che i manifestanti non si sono nemmeno avvicinati alla Sinagoga, che è ubicata in via Mario Finzi, ma hanno solo tracciato alcune scritte sui muri della parallela via de’ Gombruti, come ha confermato a Repubblica il Presidente della Comunità Ebraica di Bologna, Daniele De Paz: “Le sinagoghe non sono state toccate, non c’è stato alcun danno. Su questo voglio essere chiaro. Questa narrazione è stata innescata dal sindaco Lepore.”.
I toni polemici di De Paz non sono stati dettati solo da volontà di precisazione, ma hanno origini vecchie di mesi, quando il Comune ha voluto esporre la bandiera palestinese in solidarietà alle vittime di Gaza, rifiutandosi di affiancarla a quella israeliana. Per quanto ci riguarda, forse l’unico atto meritorio di questa amministrazione da quando esiste.
Ed infatti De Paz ha colto la ghiotta occasione dei disordini per chiedere la rimozione della bandiera:” … esporre in Comune la bandiera palestinese porge il fianco a chi vuole attaccare la comunità ebraica. Il sindaco Matteo Lepore deve togliere quella bandiera per una questione di sicurezza pubblica…”.
L’assessore all’educazione alla pace
La replica dell’assessore all’Educazione alla Pace e alla non violenza -avete letto bene, l’assessorato si chiama proprio così! – Daniele Ara: “La scelta di esporre la bandiera palestinese non ha nulla a che fare con l’odio, ma con una doverosa presa di posizione in favore del rispetto dei diritti umani, senza i quali non potrà mai esserci pace. Trovo sbagliato l’accostamento di questa scelta con i fatti di ieri a Bologna, un accostamento che mi pare sinceramente strumentale oltre che offensivo”.
Insomma, dalla morte di Ramy ai disordini di sabato scorso, dall’onnipresente fantasma dell’antisemitismo al Comune di Bologna chiamato a giustificare le proprie posizioni rispetto a un genocidio, la bandiera palestinese viene strattonata da tutte le parti, mentre la Terra Santa viene profanata dal sangue e dalle bombe.
Raffaele Amato
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