Grazie anche alla politica dei Dazi introdotta da Donald Trump, la Cina si trova con milioni di posti di lavoro perduti ed a rischio.
Fabbriche deserte, investitori esteri che fuggono e pensionati che devono fare i conti con un potere di acquisto irrisorio, crisi che si trasformerà in un futuro problema sociale, oggi viene a mancare al colosso asiatico il tacito accordo tra governo e popolazione sulla crescita e sul benessere che vacilla, il denaro non prospera per la mancanza di strumenti stabili atti alla sua crescita, come detto la crisi era già in atto ma è stata esacerbata dall’introduzione qualche giorno fa dei dazi americani sino al 145%:
Risultato? Il commercio si è praticamente congelato; il numero delle navi cargo che trasportavano merci dalla Cina agli Usa son crollato del 60%, con cifre tornate ai livelli della pandemia del 2020; la situazione è stata denunziata dal fondo monetario internazionale e si prevede che se le cose continuino ad esser tali si arriverà ad una crisi economica come quella che ha investito i mercati nel 2008; la cosa non riguarda solo la disputa USA Cina, se quest’ultima crollasse il mondo intero avrebbe delle ripercussioni pesanti, con prezzi in aumento, scarsità di beni , crisi finanziarie in tutti quei paesi legati con le catene di approvvigionamento cinesi.
Analizzando i dati sul prodotto interno lordo cinese di qualche giorno fa, si è visto che l’ufficio di statistica indicava un +4,6% sulle vendite al dettaglio (che misurano la spesa dei consumatori), salvo poi analizzando i dati si vede che tali dati son stati “drogati” abbassando la base di confronto dello scorso anno, in verità i consumi nelle grandi metropoli cinesi sono scesi , e la realtà che emerge è di centinaia di fabbriche che stanno chiudendo, ordini cancellati intere catene di fornitura polverizzate, molti credono che la Cina sia forte abbastanza da compensare tale situazione ma la realtà è che perdere il mercato americano che rappresenta quasi il 25% delle esportazioni cinesi, è difficilmente assorbibile dal mercato interno o dall’ Europa, non si tratta solo di una questione di numeri, ma di mentalità, l’americano medio, rispetto ad un cinese, consuma quasi il triplo negli Usa la spesa è uno stile di vita, mentre in Cina il risparmio è radicato nella propria cultura il cittadino medio cinese accumula più del 40% del proprio reddito memore delle carestie subite in passato più di 12 in 400 anni, con l’ultima solo 60 anni or sono; mentre un cittadino medio americano ne mette da parte meno di un decimo.
Nella Cina odierna il risparmio è quasi un obbligo in un paese dove sanità ed previdenza hanno dei buchi enormi, dovuti anche alla politica, scellerata del figlio unico degli anni ottanta, che, anche se terminata nel 2015, ha creato 3 generazioni che si appoggiano sulle spalle di un solo erede secondo il modello 4 2 1 ove un figlio dovrà necessariamente badare a 2 genitori e 4 nonni; la stagnazione del circolo del denaro ha portato a tonnellate di merce invenduta con eccedenze milionarie con fabbriche che cercano di vendere sul mercato locale senza trovare compratori, con il risultato che pur di vendere molte fabbriche svendono tonnellate di merce per pochi uan internamente o per pochi dollari sul mercato esterno, in Cina la spesa per i consumi rappresenta solo il 39% sul calcolo totale del PIL, mentre negli Stati Uniti rappresenta il 70%,
Anche il mercato immobiliare che vale quasi un terzo dell’intera economia cinese è al collasso, i prezzi delle case dal 2019 stanno crollando ricordiamo che negli ultimi 25 anni la Cina ha aperto migliaia di cantieri, costruendo intere città fantasma, strade e ponti inutilizzati il tutto per falsare i dati sul pil.
Chi pensava che la politica liberista attuata dal governo cinese portasse un miliardo e 400 milioni di cinesi ad essere i nuovi consumatori, sostituendo di fatto i consumatori occidentali, si deve ricredere perché il cinese come detto, culturalmente preferisce mettere i soldi nel materasso piuttosto che farsi girare e spendere come, oramai, è insito in noi europei, scimmiottando il popolo americano, anche per colpa di un sistema che frena il loro potere di acquisto.
Le fabbriche cinesi che già, prima dei dazi americani, lavoravano con margini risicati, spesso meno del 5%, rischiano così la chiusura, non potendo abbassare ulteriormente i prezzi, lasciando milioni di lavoratori senza una entrata con un effetto domino su intere regioni cinesi.
Quando poi queste fabbriche smettono di funzionare iniziano anche i problemi per le banche con prestiti non onorati, debiti fermi; il governo ha provato ad arginare il problema con aiuti statali, e svalutando la moneta, e con la retorica addossando tutte le colpe agli USA; ma qui non si tratta solo di una crisi economica ma di una crisi sociale, come si diceva con milioni di lavoratori a rischio e, nelle campagne, per esempio, le pensioni stanno arrivando a non esser più pagate; oltre a ciò la Cina deve fare i conti con un problema demografico devastante, nel 2023 per la prima volta son decedute più persone di quando ne siano nate, la popolazione sta sempre più invecchiando e diminuendo, con più di 300 milione oltre i 60 anni pronte ad uscire dal mercato del lavoro e con sempre meno giovani pronti a tenere viva la, proverbiale, produttività e di pagare le pensioni ai propri padri, praticamente la stessa situazione, ma più in grande, rispetto a ciò che sta succedendo da noi.
Un crollo lento e inesorabile ove nessuno vuol più spendere o investire facendo di fatto scappare i grandi investitori esteri come Apple Nike Adidas (solo per citarne qualcuno) perché troppo rischioso per tali investitori rimanere “invischiati” nel mercato cinese.
Infatti, il trend degli investimenti di marchi stranieri si è pian piano assottigliato sino segnare un segno meno nel 2023,
Insomma, la Cina nei prossimi anni potrebbe trasformarsi in una polveriera, con grandi tensioni economiche e sociali che potrebbe avere serie ripercussioni su tutto il pianeta.