Il grande Sven Liebich, noto militante della destra radicale tedesca, con un curriculum di tutto rispetto tra vendita di mazze anti-immigrati, magliette razziste e attivismo no-vax, si è superato. Di fronte a una pena di un anno e sei mesi da scontare, ha trovato la via d’uscita più brillante: si è dichiarato donna. E così, da Sven è diventato Marla-Svenja. Con un’autodichiarazione, senza certificati medici o percorsi burocratici, si è guadagnato l’accesso al carcere femminile, mettendo in crisi tutto il sistema.
La sua mossa, raccontata con dovizia di particolari dal Corriere della Sera, è uno schiaffo a una legge tedesca che, nel tentativo di essere illuminata e progressista, ha partorito una norma di una stupidità imbarazzante. L’idea è semplice: se ti senti donna, sei donna, punto. E se ti senti donna per non finire in un carcere maschile, la legge non fa una piega.
Una nuova era di diritti?
Questa storia, diciamocelo, ci regala un sorriso goduto, perché è il cortocircuito perfetto del mondo woke che tanto amiamo criticare. Hanno seminato “diritti” come coriandoli a Carnevale, senza pensare che la festa, prima o poi, sarebbe finita e che qualcuno, magari un neonazista con il pallino della provocazione, se ne sarebbe approfittato. La reazione del mondo progressista, che ora si ritrova a difendere a spada tratta il diritto di un estremista di cambiare sesso a proprio piacimento, è una delle cose più divertenti che il circo mediatico ci abbia regalato quest’anno.
Marla-Svenja, con i suoi baffi ottocenteschi, il rossetto e gli occhialini, si fa beffe di tutti, mettendo alla berlina un sistema che non ha avuto la lucidità di prevedere che i diritti, per essere tali, hanno bisogno di un minimo di buonsenso, non solo di buone intenzioni. La sua satira, se di satira si può parlare, è la prova che quando si spargono “libertà” senza confini, il rischio di vederle usate in modo strumentale e dannoso diventa una certezza.
E ora, Marla-Svenja è un esempio?
La domanda che ci poniamo qui al 2diPicche, superata la fase del godimento, è: questa è la strada giusta? Certamente la mossa di Sven è stata efficace, ha smascherato l’incongruenza e l’idiozia di una legge scritta senza pensare alle conseguenze. È una vittoria tattica, uno sberleffo al sistema. Ma a che prezzo?
Chi combatte per ideali veri e per un’Europa fondata su valori solidi, non può ridursi a queste piccole e meschine provocazioni. Non è così che si affronta il sistema, non è con la satira di un perdente che si mette alla berlina l’avversario, ma con la forza delle proprie idee.
Marla-Svenja è un esempio da seguire? Oppure, la sua vicenda, al di là del sorriso che ci ha strappato, dimostra che la battaglia vera va combattuta sul campo delle idee e nelle piazze non su quello delle contorsioni burocratiche.
Ma superata la reazione a caldo, e superato lo sberleffo, cosa ne pensiamo di questa vicenda? Che la stupidità non ha bandiera, ma che, quando si tratta di politically correct, il rischio che il ridicolo prenda il sopravvento è altissimo. Forse un giorno, in un mondo più sano, le leggi verranno scritte con più attenzione e meno ideologia, per evitare che un burlone qualunque si senta autorizzato a prenderle in giro.
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