Siamo nel 2025 e il sipario si sta lentamente chiudendo su un’era d’oro, quella dei prodotti cinesi a basso costo che magicamente apparivano alla nostra porta, come per incanto. Un’era plasmata dalla “mano invisibile” del libero mercato e, diciamocelo, da qualche scappatoia normativa che ora, ahimè, è stata scoperta e chiusa.
Stiamo parlando della famigerata norma “de minimis”, la fata madrina che permetteva ai pacchi sotto gli 800 dollari di entrare negli Stati Uniti senza colpo ferire, ovvero senza dazi. E chi ne ha fatto le spese? Le divinità del liberismo anglo-americano, ovviamente.
Trump e la “Globalizzazione” a Senso Unico
Ricordate i bei tempi in cui il commercio globale era una festa senza fine, un ballo sfrenato dove tutti potevano entrare e uscire liberamente, specialmente se arrivavano dalla Cina con un pacco dal valore inferiore a 800 dollari? Era la quintessenza della “libera circolazione delle merci”, un dogma sacro per i sacerdoti del liberismo anglo-americano. Ma poi, come un orso nella cristalleria, è arrivato lui, Donald J. Trump, con la sua politica “MAGA” (Make America Great Again), e ha deciso che questo ballo, per quanto libero, era un po’ troppo sbilanciato. E così, ha tirato fuori il suo asso nella manica: le tariffe.
Dal 2 maggio, un’ondata di tasse ha investito i poveri pacchi cinesi, con dazi che arrivano fino al 54%. Un vero e proprio schiaffo in faccia alla globalizzazione così come la conoscevamo. E i risultati? Presto detti: le spedizioni di piccoli pacchi dalla Cina agli Stati Uniti sono crollate del 40% a maggio. È un po’ come se il Titanic dell’e-commerce fosse andato a sbattere contro l’iceberg della politica protezionistica.
Shein e Temu: il sogno infranto da MAGA
Chi è stato colto più di sorpresa da questa svolta degna di un thriller economico? Le regine indiscusse del “fast fashion” e degli acquisti compulsivi a prezzi stracciati: Shein e Temu. Queste aziende avevano costruito imperi sull’idea che si potesse spedire direttamente al cliente statunitense senza l’onere di dazi, mantenendo i prezzi così bassi da far invidia persino alle bancarelle del mercato rionale. Ora, però, l’incantesimo si è spezzato. Le vendite sono crollate a due cifre e, orrore degli orrori, sono costrette ad aumentare i prezzi. Immaginate lo shock: i consumatori americani potrebbero dover pagare qualche centesimo in più per una maglietta di dubbia provenienza!
E non sono solo i giganti a piangere. I piccoli commercianti cinesi, quelli che con un pacco e un sogno stavano cercando di sbarcare il lunario, sono stati spazzati via senza pietà. Leggo di un imprenditore che ora perde 2 dollari su ogni pacco, costringendolo a passare a spedizioni all’ingrosso che richiedono un capitale iniziale di 13.800 dollari. Un vero e proprio incubo burocratico, altro che il sogno americano!
La Globalizzazione è Morta? Viva la Globalizzazione!
Ma attenzione, non è che la globalizzazione sia morta, no. Semplicemente, sta trovando nuove strade, nuove “scappatoie” fiscali, potremmo dire. Mentre le spedizioni dalla Cina agli Stati Uniti crollano, le esportazioni cinesi di piccoli pacchi sono aumentate del 40% a livello globale. Merito di chi? Di nuovi “paradisi” commerciali come la Malesia, il Belgio e persino la Corea del Sud. Sembra quasi che la Cina stia giocando a “mosca cieca” con le tariffe, trovando sempre una via d’uscita.
Questo ci insegna una lezione fondamentale: la politica commerciale, anche quella che sembra la più campanilista e nazionalista, ha un potere incredibile. Può far crollare imperi in un soffio e farne nascere di nuovi dall’oggi al domani. Per i consumatori, questo significa che l’era dei prodotti cinesi a prezzi stracciati, consegnati direttamente a casa, sta davvero per finire. Forse è tempo di rispolverare l’arte del “fai da te” o, ancora meglio, di riscoprire il fascino del “Made in Italy”, che non ha mai avuto bisogno di scappatoie.
Insomma, la politica di Trump, nata con l’intento di rimettere l’America al centro del villaggio globale, sembra aver semplicemente rimescolato le carte, creando nuove rotte commerciali e qualche grattacapo per i colossi dell’e-commerce. Che dire, il libero mercato è come l’acqua: trova sempre la sua strada, anche se a volte deve fare qualche deviazione in Malesia o in Belgio.
E voi, siete pronti a pagare di più per le vostre cianfrusaglie online?
Redazione
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