In un’epoca in cui la nostra cultura sembra spesso messa da parte, è più importante che mai ricordare le figure che ne hanno forgiato il carattere e l’identità. Marcantonio Bragadin, il provveditore veneziano che nel 1571 difese la città di Famagosta contro l’esercito ottomano, è una di queste. Il suo nome non evoca solo un atto di eroismo militare, ma un’incrollabile testimonianza di coraggio, onore e sacrificio che risuona ancora oggi.
La Difesa Disperata di Famagosta
Nato a Venezia nel 1523, Marcantonio Bragadin era un uomo di legge che scelse di servire la sua Repubblica sul mare e nelle fortificazioni più remote. Nel 1569, fu nominato rettore di Famagosta, un porto cruciale sull’isola di Cipro, preparandosi a un assedio che si preannunciava inevitabile. La guerra tra la Serenissima e l’Impero Ottomano era alle porte, e la posizione strategica di Famagosta la rendeva il bersaglio principale.
Con meno di 7.000 soldati, Bragadin e i suoi co-comandanti, Astorre Baglioni e Lorenzo Tiepolo, si trovarono ad affrontare un esercito soverchiante di oltre 200.000 uomini guidati da Lala Mustafa Pascià. L’assedio, iniziato nel settembre del 1570, fu un’epica battaglia di resistenza. Per quasi un anno, i difensori veneziani respinsero assalto dopo assalto, dimostrando una determinazione incredibile. Sfruttando ogni vantaggio tattico, fecero sortite audaci e mantennero alta la speranza, nonostante i continui bombardamenti e la progressiva distruzione delle mura.
Il Tradimento e il Martirio
Nel luglio del 1571, le fortificazioni, ormai ridotte in macerie, cedettero. Senza più munizioni né viveri, Bragadin fu costretto a negoziare la resa. Lala Mustafa Pascià promise salva la vita dei soldati e dei civili superstiti. Ma quella promessa non valeva nulla. I turchi entrarono a Famagosta e la città si trasformò in un mattatoio.
Per Bragadin iniziò un calvario disumano. Fu imprigionato e torturato in modo straziante: gli furono mozzate orecchie e naso, e fu rinchiuso in una gabbia sotto il sole cocente. Ma il suo martirio raggiunse l’apice il 17 agosto 1571. Costretto a portare in spalla per le strade della città una cesta piena di pietre, fu scuoiato vivo nella piazza principale. Il suo sacrificio fu un atto finale di ribellione, una testimonianza di una fede e di un onore che il suo aguzzino non sarebbe mai riuscito a piegare. La sua pelle, strappata dal corpo, fu riempita di paglia e issata su una galea come macabro trofeo, per poi essere trasportata a Costantinopoli.
Un’Eredità Immortale
Il sacrificio di Bragadin non fu vano. La sua incredibile resistenza bloccò l’avanzata ottomana per un anno intero, dando alla Lega Santa il tempo necessario per organizzare una flotta imponente. Il 7 ottobre 1571, a Lepanto, la flotta cristiana sbaragliò quella ottomana in una delle battaglie navali più importanti della storia. Fu una vittoria che non sarebbe stata possibile senza il tempo prezioso guadagnato a Famagosta.
Oggi, in un mondo che a volte sembra aver smarrito il senso del dovere e dell’identità, la storia di Bragadin ci ricorda il valore del coraggio, della tenacia e del sacrificio per la propria terra e per la propria cultura. La sua pelle, trafugata e riportata a Venezia, riposa nella Basilica dei Santi Giovanni e Paolo, simbolo eterno di un uomo che, di fronte alla barbarie e al tradimento, ha scelto di restare saldo, di difendere i suoi valori fino all’ultimo respiro. Il suo ricordo è un monito e un’ispirazione: un’eredità che non possiamo né dobbiamo dimenticare.
Redazione
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