L’animosa avanguardia che nei primi anni Cinquanta del secolo scorso approfondì la propria formazione culturale attraverso la lettura e l’assimilazione dei testi evoliani, giustificava la sua rivolta anti-moderna appellandosi alle suggestioni esoteriche di una “Tradizione”, la cui origine appare avvolta nelle pieghe di una trascendenza inaccessibile, remota da una comunicazione partecipativa con il dramma della storia umana.
Uno iato inesorabile si frappone tra le potenze impersonali geneticamente inscritte nel nucleo segreto della “Tradizione” e il vivace dinamismo caratterizzante la normale scansione dei tempi storici.
La varietà e l’intreccio delle vicende che vi si svolgono, rendono ragione della totale sproporzione ben riconoscibile tra i due piani precedentemente accennati; il loro parziale raccordo può prodursi soltanto in ragione di combinazioni misteriose e imponderabili, sfuggenti alle procedure di un indagine puramente razionale.
Senza addentrarci nella trattazione di un tema eccedente i contenuti specifici di queste annotazioni, ci limitiamo a rilevare che la “Tradizione” cui si riferisce il pensiero di Evola ,appartiene ad un orizzonte gnostico, ove conoscenza e realizzazione spirituale si congiungono in ordine alla trasmutazione ontologica operata dall’uomo predisposto ad accedervi.
La considerazione della trascendenza come autonoma e originaria disposizione attuante l’assolutezza dell’”uomo differenziato”, è indicativa delle irrisolte antinomie di una posizione teoretica che, a dispetto della sua vantata qualificazione metafisica, soggiace, in modo tanto palese, quanto contraddittorio, alle prevenzioni del moderno antropocentrismo.
In coerenza con tale assunto, che svela i limiti e le ambiguità della conclamata connotazione antimoderna del tradizionalismo neo- pagano, Evola respinge i presupposti teologici e i vincoli confessionali del Cattolicesimo, scorgendovi le tracce devianti della volgarizzazione di principi relativi al dominio metafisico.
Scartando la fiduciosa apertura al Mistero divino della salvezza e prediligendo le suggestioni inconcludenti del “segreto” iniziatico, la “rivolta contro il mondo moderno”, condotta sulla falsa riga del polemico approccio evoliano al Cristianesimo, risulta pesantemente offuscato dalle ombre opache di insinuanti ideologismi, inadatti a valutare la grandezza e l’importanza del piano provvidenziale.
La tendenziosa incomprensione del Cristianesimo, che per il pensatore trans-idealista rappresenta il battistrada della sovversione moderna, è funzionale alla sua infondata distensione dal cattolicesimo che, se pur meritevole di una parziale rettificazione in chiave romana delle componenti negative da lui riconosciute in quello, serba una fisionomia “religiosa”, forzatamente aliena dalla “tradizione”.
Nel gioco scombinato dei giudizi privi di un salutare confronto con la realtà storica, la benevola sapienza neo-pagana sembra accordare al Cattolicesimo lo statuto ambiguo di maldestro simulacro della “tradizione”, e di confessione particolaristica, tenacemente sospinta verso la sua oscura matrice………sovversiva.
In un articolo pubblicato sulla rivista Ordine Nuovo nell’ottobre 1955, Paolo Andriani, proponendosi di comprovare la falsificante e spregiativa minimizzazione del Cristianesimo a “virulenta eresia giudaica”, accreditava le sconsideratezze a-teologiche del gesuita Klemens Brockmoller, che preconizzava la urgenza di una conciliazione della Chiesa con il socialismo.
Sarebbe fin troppo facile controbattere che l’asserzione appena riferita è del tutto discordante dal Magistero della Chiesa e che, pertanto, non può addursi come argomento valido per sostenere la immaginata (e immaginaria) rispondenza del cattolicesimo al consolidamento della secolarizzazione moderna.
Il precitato articolo di Paolo Andriani che, a riprova dell’asserita natura anti-tradizionale del cattolicesimo, si avvale degli auspici bassamente populistici di un gesuita d’avanguardia, mostra come gli apprezzamenti antitetici riservati da progressisti e neo- pagàni al rapporto tra la Chiesa e il mondo moderno, scaturiscano da una comune angolazione teorica, che svilisce il Cristianesimo al rango profano di prefigurazione e di convalidazione delle acquisizioni di una storia, giudicata dagli uni come avanzamento, dagli altri come decadenza.
Dispensandosi dal provare la fondatezza speculativa delle sue argomentazioni, tale critica confonde ad arte il Cattolicesimo con le ramificazioni religiose e politiche del progressismo “clericale” ; l’equivoco che ne consegue, porge ad essa il destro per affermare tendenziosamente la conformità della Dottrina rivelata all’ideologia democristiana, identificabile come uno degli ingredienti più nocivi e insidiosi del secolarismo contemporaneo.
La sicura appartenenza del partito democristiano all’area del modernismo ,fu tempestivamente segnalata dal politologo cattolico Carlo Francesco D’Agostino che, fin dal periodo conclusivo della seconda guerra mondiale, prefigurò le derive della scristianizzazione conseguente alla sua favorevole accettazione del mondo politico-ideologico maturato dalla sovversione del 1789.
La contraffatta “ispirazione religiosa” posta a meschino coronamento del suo programma, che – con motivata intransigenza polemica – , D’ Agostino non esitava a bollare come “eretico, immorale e nefasto”, prevedeva, unitamente ad una decisa opzione per la laicità dello stato, la spregiudicata apertura alle forze liberal-massoniche e alle mire del social-comunismo.
Nel corso del pluridecennale regime democristiano, le fragili difese della suddetta fantomatica “ispirazione”, si sono inesorabilmente dissolte dinanzi alla virulenta profanazione che ha scosso la saldezza della famiglia tradizionale e ha violato il dono misterioso della vita nascente.
La veridicità della diagnosi intelligentemente svolta da Carlo D’Agostino, suscitò le accese rimostranze dei catto-laici, affrettatisi a confinare le iniziative del Centro Politico Italiano , di cui fu intrepido animatore, nella riserva inospitale dei pensieri democraticamente intollerabili.
Prescindendo da alcuni discutibili giudizi dell’autore sul ruolo ricostruttivo che la monarchia sabauda avrebbe dovuto assolvere dopo il 1945, è certo che i quaderni da lui dedicati a chiarire il “perché i democristiani non sono cattolici”, serbano la limpidezza e l’onestà di un prezioso documento, diretto a smentire le comode opinioni, fabbricate in omaggio alle fiorenti fortune del “luogo comunismo”.
di Paolo Rizza
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