Sta già svanendo, nella memoria dell’opinione pubblica (nulla è più labile di questa), il ricordo degli eco-vandali che si divertivano (centinaia di casi al mondo) a danneggiare opere d’arte nei musei, a imbrattare statue, monumenti, edifici storici, oltre a bloccare impunemente strade e autostrade, in nome della lotta alla presunta crisi climatica.
Il problema non era l’impudenza di questi criminali, che giustificavano i loro atti violenti in nome di una indimostrata “giusta causa”, né il lassismo delle leggi e l’occhio di riguardo della magistratura, quanto il fatto che una parte, minoritaria ma consistente, dell’opinione pubblica, tipicamente intellettual-borghese, giudicasse con benevolenza i loro misfatti: “sì, esagerano, ma questi ragazzi in fondo hanno ragione”. Tipica viltà della ormai devirilizzata borghesia, ecologismo modaiolo, solidarietà di classe (i “bravi ragazzi” venivano tutti da famiglie agiate)? E’ un fatto è che i crimini degli ecologisti da sempre sono stati protetti da una sorta di sottovalutazione della loro pericolosità, se non di simpatia, di molti.
E’ altrettanto vero che gli eco-vandali (ma non è più corretto chiamarli eco-terroristi?) non nascono con i casi relativamente recenti degli sfregiatori delle opere d’arte (l’odio per la Bellezza è connaturato a costoro e agli ecologisti in genere, lo dimostrano le distruttive imposizioni di pale eoliche nei nostri bei paesaggi) ma sono ormai una presenza costante, con i loro atti criminali, da decenni.
Un articolo di Edwin Benson su Return to Order dello scorso aprile, meritoriamente tradotto e ripreso dalla newsletter dell’associazione Tradizione, Famiglia, Proprietà, ricorda diversi episodi di eco-violenze, alcune delle quali risalenti agli ’90. Ma per risalire ancora più indietro basterebbe ricordare gli assalti e gli atti di pirateria dei “pacifisti” di Greenpeace contro le navi pescherecce, baleniere e le piattaforme petrolifere. O ancora le violenze e gli attentati contro centri di ricerca e scienziati degli animalisti e antivivisezionisti.
Citando il quotidiano inglese di ultra-sinistra The Guardian che raccontava sul perché gli ecologisti stanno passando “dalla protesta al sabotaggio”, Edwin Benson ricorda che tale passaggio non è affatto recente e cita i molteplici atti di “tree spiking” in USA negli anni ‘90: una tecnica assassina che consiste nel piantare in modo invisibile grandi chiodi negli alberi destinati ad essere abbattuti, provocando la rottura delle catene delle motoseghe e dei macchinari nelle segherie, spesso provocando ferite ai taglialegna e agli operai e, in taluni casi, anche uccidendoli.
In anni più recenti, numerosi sono stati negli USA gli assalti di eco-vegani ai negozi di alimentari, con distruzioni, vandalismi e versamento di latte sul pavimento. Questi delinquenti vogliono toglierci il piacere del cibo, sostituendo la carne, il pesce e tutti i prodotti dell’allevamento con schifezze vegane. Anche nell’abbigliamento niente più prodotti come cuoio o lana. Voglio coartare la nostra libertà obbligandoci a mangiare quello che vogliono loro e a vestirci come vogliono loro.
A gennaio, un gruppo di eco-sabotatori ha tagliato a Londra i cavi di fibra ottica collegati, come ha esultato la gang ambientalista: “a centinaia di compagnie di assicurazione”, minacciando azioni ancor più letali.
Un altro fenomeno di eco-terrorismo sono gli squarciamenti o lo sgonfiamento delle gomme dei SUV e di altre auto, atti relativamente facili, veloci e quindi particolarmente vigliacchi. L’articolista cita le azioni di un gruppo criminale clandestino in Gran Bretagna: “Tyre Estinguishers” (“Estintori di gomme”) dediti a queste azioni vandaliche, che ha dichiarato di avere “un unico obiettivo: rendere impossibile possedere un enorme 4×4 inquinante”. Nel loro delirante comunicato hanno incoraggiato la popolazione a darsi in massa a queste azioni criminali, con le indicazioni sul know-how necessario per aumentare il danno e testi standard del volantino di rivendicazione, propaganda e minaccia da lasciare sul parabrezza delle vittime.
Purtroppo, questa tecnica delinquenziale di massa ha trovato imitatori anche nel nostro paese: a Milano, nel marzo 2024, e ancora prima l’anno precedente, decine di auto sono state colpite a Porta Vittoria da un fantomatico “Collettivo delle suv-versive” e i proprietari sono stati costretti a non usare le auto (suv e no) perché le gomme erano state sgonfiate.
Nel loro comunicato sui social (quindi questi eco-vandali sono rintracciabili: la Digos si è mossa?) e nei volantini lasciati sui parabrezza gli eco-criminali, dopo un pistolotto ideologico e offensivo con insulti e minacce ai proprietari vandalizzati, hanno svelato anche la loro matrice di ultrasinistra, esaltando la giunta eco-comunista di Milano: “vivi nella città italiana con il miglior sistema di trasporto pubblico”. Questi criminali probabilmente non hanno mai usato i mezzi pubblici milanesi: bus in cronico ritardo, corse annullate, attese talvolta superiori ai 30 minuti, prezzi dei biglietti elevatissimi. Ma questa menzognera affermazione degli eco-criminali fa sorgere un dubbio: c’è un legame tra costoro e la giunta rosso-verde di Milano o i partiti e movimenti che li sostengono?
Questi atti vandalici si sono estesi anche ad altre città: Pisa, Bologna (città già colpita dal demenziale limite di velocità a 30 all’ora imposto dal rossissimo sindaco) e altre ancora.
Ma perché? Perché questo accanimento fanatico, questa perfidia imitativa? Certo, conta il fatto che costoro sono accecati e ingannati (o auto-ingannati) dalla menzogna del riscaldamento climatico prodotto dall’uomo, ma anche che questi eco-comunisti, nemici della proprietà e della libertà, sono ispirati da una ideologia malvagia e “intrinsecamente perversa” (definizione di Pio XI). Nel caso di specie, c’è anche da considerare un evidente moto di invidia sociale che, come molti autori e Plinio Corrêa de Oliveira tra questi ci hanno insegnato, è una delle cause psicologiche “profonde” del social-comunismo.
Da rilevare che, se c’è una certa incomprensibile benevolenza di una parte minoritaria dell’opinione pubblica per i criminali vandalizzatori, ben più grave è quella di certa magistratura. I fatti: nell’aprile del 2023 i vandali di Ultima Generazione gettarono un liquido nero nella fontana della Barcaccia a Piazza di Spagna di Roma, deturpando il capolavoro di Pietro e Gian Lorenzo Bernini. Migliaia di euro per il ripristino e la pulitura della scultura. Migliaia di turisti privati del godimento di questa opera d’arte mondiale. Nove ragazzotti vennero denunciati per deterioramento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito di beni culturali o paesaggistici. Ed ecco la recentissima la sentenza della magistratura: tutti assolti, perché il fatto non sussiste e comunque, se ne riconosce la particolare tenuità. Quindi per la nostra magistratura, quello di deturpare una scultura, un capolavoro dell’arte barocca, è un danno “tenue”.
Ma gli eco-crimini più gravi, purtroppo, non sono quelli di invasati attivisti o di squarciatori di gomme, ma quelli commessi da attori, diciamo così, istituzionali. Ci riferiamo all’imposizione ai territori e ai loro abitanti di mostruose pale eoliche e di sterminati campi di impianti fotovoltaici. E i proprietari dei terreni non possono opporsi: una legge sciagurata, voluta da Draghi (e chi se no?), su imposizione dell’UE, consente l’esproprio della terra per costruire questi eco-mostri. Così, i nostri paesaggi, tra i più belli al mondo, le nostre coste, i nostri crinali, le nostre colline, vengono deturpati da questi orribili impianti. Migliaia e migliaia di ettari sottratti a una agricoltura di qualità, alla fruizione di residenti e turisti. Sottratti alla Bellezza, evidentemente odiata dagli ecologisti.
Pensate a un qualsiasi paesaggio da voi amato, rovinato da torri e pale di cemento alte 200 metri, rumorosissimi, che insistono a decine su pochi chilometri quadrati. Pensate: 200 metri. Per darvi un’idea, la torre di Pisa è alta 58 metri, la Madonnina di Milano 109 metri, sempre a Milano il suo grattacielo più alto, la torre dell’Unicredit, raggiunge i 230 metri. Oltretutto le pale eoliche fanno strage di uccelli, soprattutto migratori. Ma immaginiamo che gli ecoambientalisti siano contenti. E immaginate ettari e ettari di buon terreno deturpato da centinaia di magliaia di impianti fotovoltaici: invece di agricoltura di qualità, com’è tradizionalmente quella italiana, questi pannelli solari per chilometri e chilometri, orrori lucenti.
Risolvono almeno il problema dei costi dell’energia, aggravatosi dopo la nostra suicida rinuncia al gas russo? Neanche per idea: pochi riflettono che se non c’è il sole e non c’è vento, queste mostruosità non producono nulla. Anzi, possono essere molto dannose, come ha dimostrato il recente, disastroso black out spagnolo, causato, appunto, dall’eccesso di fiducia in queste fonti energetiche.
Contro le malvagie imposizioni green dell’Unione Europea (non definiamola Europa, per favore), contro la cannibalizzazione di buon territorio da parte di questi mostri ambientali, contro la falsificazione ecologista della realtà (“i sistemi eolici e fotovoltaici sono sicuri, efficienti e fanno bene all’ambiente”), le popolazioni si ribellano. In Sardegna, dove, dichiara Terna, ci sono 800 richieste di nuovi progetti fotovoltaici ed eolici, si è accolti dalle scritte “A foras le pale”. Più di 210.000 firme sono state raccolte tra il popolo sardo per una legge d’iniziativa popolare per bloccare in maniera definitiva le mostruosità eolo-fotovoltaiche.
Poi, ecco un fatto che dimostra le complicità ecologiste nella devastazione selvaggia del paesaggio: Legambiente, Greenpeace e WWF hanno acquistato una pagina sui quotidiani locali per informare quelli che, nella loro mentalità radical chic e cittadina, considerano probabilmente isolani bifolchi e ignoranti, che, no, non c’è nessun assalto delle rinnovabili, gli impianti non danneggiano la biodiversità e ambiente ma contribuiscono all’economia sarda. Che lo vadano a raccontare agli albergatori che perdono clienti per la distruzione dei paesaggi o agli abitanti che si vedono deturpare orizzonti, coste, alture e pascoli.
Anche in Toscana la popolazione e gli amministratori locali, persino quelli di sinistra, si stanno battendo contro gli ecomostri, gli espropri degni di un regime totalitario e le opere accessorie: le grandi pale eoliche hanno infatti necessità di basamenti di cemento grandi quanto mezzo campo di calcio, larghe strade percorribili dai trasporti eccezionali, enormi accumulatori di energia (che il black-out spagnolo ha dimostrato essere inefficienti), depositi di materiali di scavo. Una devastazione sistematica, scientifica dei più bei paesaggi toscani: il Mugello, l’alta Maremma, l’area che ricomprende anche il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi.
L’aggressione vandalica degli ecomostri non risparmia altre regioni, come la Puglia. Qui molti sono convintissimi che la cosiddetta “emergenza Xylella” sia stata sfruttata, se non addirittura creata per consentire il business dell’energia verde. Come ha rilevato un’inchiesta di Mario Giordano nella trasmissione Fuori dal coro, ripresa da LaVerità, e come risulta anche da un’indagine dei Carabinieri, l’allarmismo dell’Unione Europea per il patogeno batterico, in gran parte scientificamente infondato, è servito a eradicare ulivi centenari e millenari per coprire la Puglia di pannelli fotovoltaici e pale eoliche.
Ha dichiarato un agricoltore pugliese: “Avevano l’interesse di tenere alto il livello del terrorismo dell’emergenza perché serve la terra, evidentemente. Per fare lottizzazioni, pannelli fotovoltaici, impianti eolici”. Scrive LaVerità: “Non appare casuale che dopo l’abbattimento di migliaia di piante, nel 2021 venga presentato il progetto del nuovo Parco eolico Latiano, che prevede la realizzazione di almeno tredici aerogeneratori o turbine eoliche”. E poi sotto assedio sono anche la Basilicata, la Campania, la Sicilia.
Non sembri un paradosso: eco-ambientalisti che, in nome della lotta a una indimostrata crisi climatica di origine antropica, distruggono il patrimonio ineguagliabile dei nostri paesaggi. In realtà costoro hanno un’anima gnostica, che li porta a odiare l’uomo quale vertice della Creazione e la Creazione stessa. A odiare la Bellezza, come abbiamo già visto. A loro dei paesaggi non importa nulla. L’aveva capito benissimo Václav Klaus, dissidente anticomunista, poi Presidente della Repubblica cecoslovacca, politico nazionalista fortemente anti-UE (si definiva “dissidente europeo”), che già nel 2011 così dichiarava: “Si approfittano strumentalmente dell’emergenza climatica con l’obiettivo precipuo di limitare la nostra libertà. Ciò che è in pericolo è la libertà, non il clima”.
Antonio de Felip
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