Dando per assodato un evidente rapporto quasi edipico per non dire di reciproco lenocinio tra USA e Israele, a ben rifletterci – anche se la situazione è ancora confusa – Trump potrebbe anche aver agito bene con quell’iniziativa, apparentemente folle, di entrare in lizza nel confronto missilistico tra Israele e Iran, e proditoriamente bombardare i siti iraniani.
Sì, se ragioniamo a mente fredda (il modo migliore di ragionare che, guarda caso, è proprio quello osteggiato dai media) non possiamo non rilevare che quello scambio di missili assomigliava più a una sassaiola tra discoli che non a quello che invece era nella realtà: una guerra vera e propria, ma senza un orizzonte se non quello dell’esaurimento dell’arsenale missilistico di uno dei due contendenti.
Ma un attimo prima di giungere a quel punto la parola sarebbe passata alla extrema ratio: l’atomica.
In pratica una situazione pericolosissima perché era suscettibile di indurre Israele a concludere quell’amorevole scambio di testate convenzionali con l’impiego dell’arma totale… E se nel mondo, attualmente, c’è uno stato che per definizione («muoia Sansone e tutti i filistei»), verosimilmente, ha meno remore di tutti a impiegare quell’arma, ebbene quello è sicuramente Israele (le ragioni di questa tendenza all’oltranzismo sono molteplici e tutte hanno radice nel mito (1) risorgimentale di Israele, la Shoa).
Trump che impersonifica il mito fondante dell’America, il cowboy, ossia l’uomo che va dritto al dunque e quando è necessario se ne frega degli scrupoli, deve aver ragionato da quel cawboy che non disdegna di dimostrare di essere.
Avrà sentito i suoi esperti che gli avranno spiegato i possibili disastrosi sviluppi regionali e avrà optato per l’intervento togliendo di fatto l’iniziativa a Israele.
Se davvero è andata così, bravo Trump.
di Corrado Corradi
(1) Quanto è capace di polarizzare le aspirazioni di una comunità o di un’epoca.
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