In un Paese dove l’opinione pubblica continua a faticare nel distinguere il populismo dalla politica, le recenti dichiarazioni del generale Roberto Vannacci sulla questione palestinese rappresentano un punto di non ritorno.
Con parole tanto arroganti quanto infondate, Vannacci ha negato ogni legittimità all’esistenza dello Stato di Palestina, allineandosi in modo acritico e servile alla più estrema propaganda sionista. Un’uscita che non solo tradisce la verità storica, ma calpesta senza pudore il diritto internazionale, il comune sentire della comunità globale e persino la linea della Santa Sede.
Vannacci ha affermato che la Palestina “non è mai esistita” e che l’unico Stato legittimo nella regione è Israele. Una posizione ideologica, rozza, che ignora decenni di documentazione storica, deliberazioni delle Nazioni Unite, rapporti delle organizzazioni per i diritti umani e, soprattutto, la realtà viva e dolorosa di milioni di palestinesi. L’esistenza dello Stato di Palestina è riconosciuta da oltre 140 Paesi nel mondo, ed è stata ratificata come Stato osservatore non membro presso l’ONU dal 2012.
Nega l’evidenza dei fatti
Negarne l’esistenza equivale a un atto di revisionismo violento, arrogante, utile soltanto a blandire quelle lobby ideologiche a cui Vannacci sembra offrire un’appartenenza più emotiva che razionale. La sua posizione è antistorica perché nega l’evidenza dei fatti: la presenza del popolo palestinese in quella terra è documentata ben prima della fondazione dello Stato di Israele nel 1948.
È tendenziosa, perché nasconde deliberatamente l’occupazione militare israeliana dei Territori Palestinesi, la colonizzazione illegale di vaste aree della Cisgiordania e le ripetute violazioni dei diritti umani ai danni della popolazione civile di Gaza e dintorni.
È infine falsa, perché confonde lo Stato con il diritto alla sovranità, disconoscendo il principio cardine dell’autodeterminazione dei popoli. Ma, soprattutto, è una posizione che urta contro la legalità internazionale. Le risoluzioni ONU, a partire dalla 181 del 1947 fino alla 2334 del 2016, sanciscono il diritto del popolo palestinese ad avere un proprio Stato e condannano l’occupazione israeliana come illegittima.
Le dichiarazioni di Vannacci costituiscono quindi non solo una presa di posizione ideologica, ma una palese adesione a un ordine illegale fondato sull’abuso e sull’arbitrio. In questo scenario, spicca ancora una volta il contrasto netto con la voce della Santa Sede.
Papa Francesco ha più volte ribadito il sostegno a una “soluzione a due Stati”, fondata sul rispetto reciproco, sulla giustizia e sul diritto internazionale. Il Pontefice ha denunciato le sofferenze del popolo palestinese, condannando le violenze di Israele e auspicando una pace autentica che non sia costruita sulla cancellazione dell’altro.
Tradizione cristiana solo retorica?
Vannacci, nel suo furore da crociato fuori tempo massimo, ignora questo magistero e lo contraddice apertamente, dimostrando quanto le sue invocazioni alla “tradizione cristiana” siano solo retorica vuota e strumentale.
Infine, non si può ignorare il dato politico: Vannacci si avvia, inesorabilmente, verso il tramonto.
L’esaltazione di sé, l’aggressività verbale, la superficialità con cui tratta i grandi temi geopolitici stanno logorando rapidamente il credito raccolto tra una parte dell’elettorato.
La sua parabola, inizialmente sostenuta da slogan semplici e rabbia sociale, mostra ora tutta la sua inconsistenza. In politica estera, Vannacci è inadatto, impreparato, e privo della minima capacità diplomatica.
In un mondo in cui la complessità dovrebbe imporre misura, ascolto e comprensione, le sue parole si collocano fuori dal tempo e dalla storia. Ma più ancora, fuori dall’umanità.
Giustino D’Uva
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1/3 abbondante dell’articolo occupato da improperi contro Vannacci da “crociato fuori tempo” a “incapace e inadatto”… al mondo per risolvere la questione palestinese è data solo una persona: Giustino D’Uva. Ma vaaah!