C’è un irritante luogo comune, per il suo pericoloso e menzognero semplicismo, che agita la retorica dei vertici dell’Unione Europea, delle ideologie liberal-atlantiste, dei media megafono del supercapitalismo woke: la suddivisione manichea dei regimi del mondo tra “democrazie liberali” e “autocrazie”. Ora, a parte il fatto che il binomio “democrazia” e “liberalismo” rappresenta spesso un matrimonio forzato e che è indimostrato che il liberalismo sia necessariamente democratico o che la democrazia debba essere liberale, questo è un rozzo artificio dialettico la cui funzione è una sorta di auto-legittimazione “a prescindere” dei regimi euro-atlantici e assimilati e una conventio ad excludendum da attivare a piacimento nei confronti di sistemi o governi che piacciono poco, per le loro posizioni, alle oligarchie di Bruxelles, e non solo. Esemplare è il caso dell’Ungheria o della Polonia quando era governata dalla destra.
Questa retorica occidentalista si fonda su una serie di idola, indeterminati e potenzialmente onnicomprensivi ma agitati come una clava contro gli avversari (quella “formula democratica, così bella e così vaga”, la definisce Pascal Bruckner): i cosiddetti “diritti umani” che si declinano, così pare, in “diritti civili”, vuoto contenitore che si riempie con ciò che si vuole a seconda delle circostanze, degli avversari da colpire e soprattutto delle volontà e dei desideri (anche i più perversi) individuali.
Tra questi diritti svetta, comprensibilmente, il diritto alla libertà di parola, di libertà di stampa, più in generale di libertà di espressione, che ha come corollario il divieto di censura. E’ un auto-proclamato caposaldo della democrazia liberale, in realtà smentitissimo dai fatti e dagli eventi che possiamo osservare nel mondo che ci circonda: la democrazia liberale non è affatto tollerante e il liberalismo è spesso illiberale (lo ha denunciato un autore cattolico e conservatore, Giuseppe Reguzzoni, con un testo titolato Il liberalismo illiberale)
Ed è infatti proprio uno dei “padri nobili” del liberalismo (o tale proclamato), Karl Popper, stracitato e pochissimo letto (anche per i suoi testi fluviali di centinaia e centinaia di pagine), a incitare i regimi liberali (“i tolleranti”) a essere intolleranti con i presunti “intolleranti”, arrivando a dire che le “filosofie intolleranti” debbono poter essere soppresse anche “con la forza”; e quindi: “Noi dovremmo quindi proclamare, in nome della tolleranza, il diritto di non tollerare gli intolleranti.” Rimangono vaghi i criteri per definire e individuare i “tolleranti” e gli “intolleranti” e, soprattutto, chi ha la potestà di farlo. Ecco, quindi, le democrazie liberticide, censuranti e manettare, come vediamo in Italia con le leggi Scelba e Mancino, in Francia con la legge Gayssot e le altre leggi antirazziste, contro l’omofobia, l’antisemitismo e il “negazionismo”, in Germania con le disposizioni “in difesa della Costituzione” e così via.
Quel che è sotto gli occhi di tutti è che i paesi cosiddetti “democratici”, come si autodefiniscono le nazioni dell’UE, sempre pronte a condannare l’Ungheria (sia benedetta questa grande nazione che vuole rimanere bianca e cristiana) se vieta i gay-pride (che poi, sfidando le leggi civili e morali, si tengono lo stesso) e a includere nel novero dei “buoni” Israele (ridicolmente definita “unica democrazia del Medio Oriente”), sono sempre pronti a silenziare, censurare, condannare chiunque osi esprimere opinioni dissonanti dal potere mondialista e wokista, con leggi, provvedimenti spessissimo arbitrarie e illiberali, con sentenze di una magistratura complice, con violente campagne d’odio scatenata da media asserviti.
Abbiamo il caso della Francia che condanna Marine Le Pen per escluderla dalle elezioni e che, ancora prima, ha messo fuorilegge associazioni patriottiche come Génération Identitaire e Civitas,imprigionando anche alcuni dei membri; la Grecia che, ancora prima, ha impedito a partiti di destra di presentarsi alle elezioni e ha espulso dal Parlamento alcuni deputati, sempre di destra, in precedenza eletti; la Germania che tiene da anni sotto minaccia di scioglimento Alternative für Deutschland, che raccoglie più un quarto dei consensi dei tedeschi; l’eclatante caso della Romania dove, quando le elezioni sono state vinte da un partito anti-Nato, la Corte Suprema le ha subito annullate, incriminando e imprigionando il candidato vincitore.
E possiamo ricordare i casi della Georgia, della Moldavia, dell’Armenia, dove la sovversione occidentalista, con i servizi segreti di USA, Francia e Gran Bretagna e le potenti e ricchissime ONG à la Soros, operano per destabilizzare questi paesi e costringerli nel campo occidentalista. Eclatante il caso della cristianissima Armenia, dove la polizia del governo filo-UE ha fatto irruzione nella residenza del Catholicos (l’equivalente del Papa) della millenaria Chiesa Armena per arrestare un arcivescovo, Nikol Pashinyan accusato di aver attaccato il governo e quindi di essere un golpista filo-russo.
In Gran Bretagna su temi come l’immigrazione il gender e l’aborto la libertà di opinione è pesantemente conculcata. Anni fa la polizia, le autorità e i media nascosero all’opinione pubblica le migliaia di casi di ragazzine britanniche, spesso appartenenti a classi disagiate, rapite e violentate da gang di pakistani. Ora dopo le pressioni dell’opposizione, sembra che venga attivata una commissione d’inchiesta. Nel 2024 vi furono diffuse e pesanti proteste contro l’immigrazione e la derivante criminalità. La repressione del governo laburista fu durissima: centinaia arresti, migliaia di persone incriminate per post contro gli immigrati: bastava un like per essere incarcerati.
Più recentemente il governo ha cercato di censurare le origini ruandesi di un attivista islamico che ha ucciso a colpi di coltello tre bambine in una scuola di danza, ferendone altre otto. Nuove proteste nelle piazze, nuove feroci repressioni dei governanti laburisti contro i cittadini. Starmer, il primo ministro, sta pensando di dirottare agenti dal controllo del territorio alla repressione contro chi protesta per l’immigrazione. Inoltre l’ultima notizia dalla “perfida Albione” è che Starmer ha costituito una squadra di poliziotti-spioni che rastrellano il web per segnalare alla magistratura, per condanne durissime ad anni di galera, chiunque denunci l’immigrazione e i crimini che ne derivano.
Un insegnante si rifiuta di riconoscere come “lei” un ragazzo di sesso indubitabilmente maschile che però “si sente donna”? Sospensione dalla scuola, galera per mesi e mesi. La scrittrice di Harry Potter, J. K. Rowling, rischia la prigione in Scozia per aver affermato che: “una donna è una donna, un uomo è un uomo”.
Poi le “zone di proscrizione” attorno agli abortifici: non solo le manifestazioni antiabortiste, ma anche una semplice preghiera silenziosa può essere sanzionata con l’arresto. Per quanto incredibile, il divieto riguarda anche l’interno delle case private.
La Gran Bretagna è ancora la nazione della Magna Charta, dell’habeas corpus, della libertà d’opinione?
Se osserviamo la Germania, la situazione non è migliore. Il partito di destra Alternative für Deutschland, che è tutt’altro che di destra estrema (è liberista e filoisraeliano), è da anni sotto uno feroce attacco da parte della Corte Costituzionale, dei servizi segreti, dei vari governi, della stampa mainstream. Hanno costretto allo scioglimento la sua l’associazione giovanile, alcuni esponenti sono stati “debancarizzati”, nuova tecnica persecutoria posta in essere dai regimi “democratici”. Ciononostante, i sondaggi ci dicono che più di un quarto dei cittadini tedeschi ha intenzione di votarlo. In alcuni Länder dell’est, questo gradimento supera il 40%.
Nel 2024 il Ministero dell’Interno ha chiuso d’imperio Compact Magazine, una testata sovranista moderata (aveva anche ospitato articoli del Segretario di Stato USA, Marco Rubbio), perquisito la sua redazione e le abitazioni di molti dei suoi giornalisti. Poi, un tribunale di primo grado ha annullato il divieto e Compact ha potuto riprendere le pubblicazioni. Ma la serie di attacchi contro la libertà di stampa e d’opinione è assai lunga: qualche mese fa un tribunale ha condannato a sette mesi di galera il caporedattore di un’altra rivista conservatrice, ancor più moderata, Deutschland Kurier, colpevole di una vignetta satirica sul ministro degli Interni. Anche una delle più importanti televisioni sovraniste tedesche, AUF1 è stata “debancarizzata”.
A giugno di quest’anno, il regime ha colpito duro: in contemporanea, in tutta la Germania, alle 6 di mattina migliaia di poliziotti hanno perquisito 170 abitazioni, sequestrando pc, tablet, cellulari. Le accuse sono le solite: aver postato o approvato messaggi in rete contro l’immigrazione, i crimini degli immigrati (in forte aumento negli ultimi anni) e i politici del regime ed aver quindi violato le liberticide, draconiane leggi tedesche contro “il razzismo e l’incitamento all’odio”. L’attacco democratico contro la libertà d’opinione va ben oltre: il precedente Ministro degli Interni, la socialista d’ultrasinistra Nancy Faeser, voleva introdurre corsi obbligatori contro gli “estremisti di destra” anche all’asilo. Questi “democratici e liberali” sono impermeabili persino al senso del ridicolo.
E’ noto come il cosiddetto Occidente abbia arruolato l’Ucraina nel novero dei “paesi democratici”, meritevole di difesa a suon di nostri miliardi perché “aggredita” dall’orso russo. Ovviamente si tace sul golpe occidentalista di Maidan del 2014, pagato e organizzato dai servizi USA, britannici e da ONG sorosiane, così come si tace sulla persecuzione e il tentativo di genocidio dei russi del Donbass e di Odessa da parte del regime atlantista imposto a quella disgraziata nazione che, dopo il 2014, si può considerare una dittatura. E una feroce dittatura. Non solo: come recenti fatti hanno incontrovertibilmente dimostrato, è uno dei paesi più corrotti al mondo.
Nonostante il 40% della popolazione ucraina sia russofona è in corso da anni una violenta campagna di eradicamento della cultura russa con il divieto della lingua e la cancellazione di autori e compositori russi. Almeno 11 i partiti politici messi fuori legge; giornali, televisioni, radio chiuse d’autorità. Zelensky ha firmato una legge per cui può chiudere siti e giornali anche senza l’autorizzazione della magistratura. Il New York Times rivela che la dittatura di Zelensky censura, arruola d’imperio e spedisce al fronte i giornalisti non allineati. Brutale è la persecuzione della Chiesa Ortodossa, che è stata proibita: chiese sequestrate, monasteri attaccati e svuotati, monaci incarcerati, fedeli bastonati. Tutto questo nel colpevole silenzio, anche mediatico, dell’Occidente.
Sono innumerevoli sul web i video dei rastrellamenti nelle strade ucraine dei presunti “renitenti” alla leva, magari quindicenni o sessantenni mandati immediatamente al fronte, senza addestramento. Scrive il filosofo Andrea Zhok: “Oggi ho visto l’ennesimo drammatico video dei reclutamenti forzosi in Ucraina. Questa volta ci è scappato anche il morto in diretta: una madre che si è vista portar via il figlio davanti agli occhi, destinazione carne da cannone, è morta d’infarto dopo aver cercato di trattenere i rapitori”. Qualche televisione italiana ci ha fatto vedere il video di questo miserabile assassinio o altri video di rapimenti, per le strade o nei locali pubblici, di ragazzi e uomini da destinare come carne da macello al fronte? Ovviamente no.
Nel suo libro Ucraina, Russia e Nato in poche parole Marco Travaglio c’informa che nel 2024 erano ben 650.000 i “renitenti”, in Ucraina o fuggiti all’estero. Grazie al giornalista e scrittore cattolico Rino Cammilleri, che riprende un’informazione data da Mario Adinolfi, sappiamo che Zelensky ha recentemente “sanzionato” per decreto una giornalista, due politici dell’opposizione, un blogger e un’attivista Telegram. Ai cinque oppositori di Zelensky colpiti dal decreto sono stati bloccati i conti bancari, vietate le transazioni finanziarie di ogni genere compresi i prelievi al bancomat, impediti i viaggi e finanche le possibilità di ricevere o inviare posta e pacchi, inclusi quelli contenenti alimentari o altri beni.
D’altronde la persecuzione degli oppositori è pratica corrente in Ucraina: solo tra il 2014 e il 2015 sono stati ufficialmente accertati 75 omicidi di oppositori del regime golpista di Kiev: intellettuali, politici, parlamentari, giornalisti, giudici, amministratori. Questo è il “bastione delle democrazie” a cui destiniamo miliardi di aiuti militari e no (non si sa quanti, il sistema non vuole dircelo) sottratti allo sviluppo dell’economia, alla sanità e allo stato sociale. Tra l’altro, simili persecuzioni contro i russi, la lingua russa e la Chiesa Ortodossa sono in corso anche nei paesi baltici, Lettonia, Lituania, Estonia, ormai in preda a una isterica russofobia.
A proposito di censura sui crimini ucraini, ci è stato forse concesso di essere informati su quanto accaduto a febbraio nella rada di Savona, dove i terroristi dei servizi segreti di Kiev hanno cercato di affondare, con mine magnetiche, una nave della flotta commerciale russa, anche se battente bandiera maltese? No, nessuna informazione e nessuna protesta delle autorità italiane per questo atto di terrorismo compiuto nelle nostre acque, analogo a attacchi simili contro navi russe in Turchia e in Libia.
E l’Unione Europea? L’UE è attivissima nell’attività di silenziamento e di censura: è ormai famigerato il Digital Service Act, che minaccia il silenziamento di ogni voce dissidente, con l’alibi di presunti “discorsi d’odio” e fake news. Persino gli USA se ne sono accorti: il vice-Presidente Vance qualche mese fa, in un discorso a Monaco ormai diventato famoso, ha attaccato duramente i paesi europei, Gran Bretagna compresa, per i comportamenti repressivi di ogni tipo di dissidenza, l’annullamento di elezioni regolari, l’arresto di persone che pregano vicino ad abortifici, l’attacco alla libertà di parola (“La libertà di parola, temo, è in ritirata”) e molto altro.
Ancor più recentemente, riferisce il quotidiano LaVerità, un report della commissione Giustizia della Camera dei Deputati USA ha duramente condannato il Digital Service Act, anche a seguito di una surreale minaccia del commissario UE al mercato Thierry Breton a Elon Musk, in quanto patron di X, riguardo ad eventuali contenuti “illegali” della piattaforma. Dopo un lungo e accurato lavoro di analisi, la Commissione USA ha deciso anche la desecretazione della documentazione di un seminario “riservato” (l’UE aveva imposto ai partecipanti di non divulgare i contenuti dell’incontro) il cui la UE ha “informato” le grandi piattaforme, come Google, Meta e X, su cosa loro impone il Digital Service Act e in quali pesantissime penalità (fino alla chiusura) possono incorrere se non si trasformano in “polizia del pensiero” con la cancellazione di ogni messaggio sgradito agli autocrati di Bruxelles.
Il modello dell’Unione Europea, si legge nel rapporto della Commissione USA, consiste nel diffondere una narrazione carica ideologicamente per eliminare le critiche alle sue politiche, segnatamente quelle sull’immigrazione, e pratica la censura perseguendo persino l’umorismo, la satira, i meme che possono diffondere “ideologie discriminatorie”. Conclude la Commissione USA: “Se il DSA, sulla carta, è una cattiva legge, nella sua applicazione è ancora peggio”. In precedenza, anche il Segretario di Stato Marco Rubio aveva accusato l’UE di censurare i propri cittadini: “In Europa, migliaia di persone vengono condannate per il crimine di criticare i loro governi”. E sempre LaVerità ha denunciato che i cosiddetti “fact-checker indipendenti” incaricati da Bruxelles di “vigilare” sui nostri pensieri sono in realtà pagati da Soros, dalla Fondazione Bill e Melinda Gates e dalla stessa Unione Europea.
Non solo il Digital Service Act: ora si levano voci, nell’establishment dell’Unione, che chiedono di vietare e silenziare tutte le voci che non aderiscono alla menzognera vulgata del cosiddetto cambiamento climatico di origine antropica. “Un attacco frontale alla libertà di espressione, alla libertà scientifica e alla verità” lo ha definito Anja Arndt, deputato UE di Alternative für Deutschland.“Siamo sulla strada verso un sistema totalitario” ha aggiunto il suo collega Marc Jongen.
D’altronde, uno dei primi atti dell’Unione Europea nella sua lunga serie di azioni russofobe, spesso illegali alla luce del diritto internazionale, come sanzioni, sequestri di beni, congelamento di fondi, è stato il divieto e la cancellazione dei siti della stampa della Federazione Russa: sono state colpite testate note e autorevoli come Russia Today, Sputnik, Voice of Europe, Ria Novosti, Izvestia e Rossiykaya Gazeta.
Da notare che analogo e contrario provvedimento non è stato assunto dalla Russia contro gli organi di stampa e i siti europei: a Mosca si può continuare a consultare la stampa mainstream europea, nonostante il suo inchiostro sia intinto nell’odio e nella disinformazione antirussa. Domandiamoci: qual è il regime più dittatoriale, il più avverso alla libertà di stampa? Viene in mente quando, con la vigliacca aggressione euro-atlantica del 1999 alla Serbia, durante la quale vennero uccisi migliaia di cittadini innocenti e distrutti ponti e strutture civili, gli aerei Nato attaccarono la televisione serba, assassinando deliberatamente 16 tra giornalisti e tecnici. D’altronde Israele, “unica democrazia del Medio Oriente”, come recita la favoletta, non ha assassinato più di duecento giornalisti palestinesi e no, bombardato emittenti libanesi e oscurato Al Jazeera e altre televisioni arabe e iraniane?
E in Italia? Credo che chi segue questo sito sia ben avvertito di quale sia la situazione della libertà di opinione nel nostro paese. Senza risalire in là nel tempo, e limitandoci ai misfatti più recenti, ci basti ricordare la vicenda di Gianni Alemanno, condannato per motivi politici con la scusa di reati più che risibili e ancora in galera da mesi. Ragazzini che, dopo lunghi mesi d’indagini, si vedono la casa perquisita e si ritrovano denunciati se non ristretti ai domiciliari perché si scambiano figurine fasciste in una chat.
Polizia e magistrature che, nonostante chiarissime e assolutorie sentenze della Cassazione, continuano a denunciare coloro che alle commemorazioni di camerati caduti salutano romanamente. Giunte comunali di sinistra che, per concedere spazi comunali per manifestazioni e presentazioni, esigono perentorie dichiarazioni di antifascismo. Manifesti della Lega proibiti e strappati dal Comune di Roma perché ritenuti “razzisti”. Analoghi divieti, sempre a Roma e altrove, per i manifesti antiabortisti di Pro Vita e Famiglia. Due siti di cattolici tradizionalisti, Chiesa e Postconcilio e Messa in Latino rimossi da Google (per “discorsi d’odio”!) e ricomparsi solo dopo minacce di azioni legali. Una televisione via web, Visione TV, “debancarizzata”. E la lista potrebbe continuare.
Anche in Italia la censura democratica avanza inesorabile. Una nuova, feroce barbarie, mascherata di buonismo toglie ogni giorno spazi alla libertà d’espressione. Si sono inventati falsificanti concetti-trappola come “disinformazione”, “discorsi d’odio”, “fake news” per tappare la bocca a chi mette in pericolo i loro nichilistici piani di distruzione sistematica della nostra civiltà, della nostra storia, dei nostri valori, della nostra Europa, quella vera, non la farlocca Unione Europea. Vogliono fare delle nostre patrie una “terra desolata”. Ci riusciranno? A noi, a ciascuno di noi, guardarsi dentro e rispondere.
Antonio de Felip
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