“Bella ciao” non è solo una canzone di cui la sinistra si è arbitrariamente impossessata. E’ anche il titolo di un libro di Gianpaolo Pansa (1935-2020), giornalista e scrittore molto prolifico, che da uomo di sinistra ha voluto indagare la storia e le ragioni dei vinti.
Nella carriera di Pansa hanno avuto un ruolo preponderante i giornali del Gruppo L’Espresso (La Repubblica e L’Espresso), coi quali Pansa ha collaborato ininterrottamente dal 1977 al 2008. Negli anni della sua collaborazione alla Repubblica, Pansa fu tra i rappresentanti della linea editoriale vicina alla sinistra di opposizione, senza risparmiare critiche, anche al PCI.
Nel 2003 Pansa pubblicò Il sangue dei vinti che diede inizio al “ciclo dei vinti”, ovvero una serie di scritti con al centro membri della Repubblica Sociale Italiana, oggetti delle violenze partigiane, sia durante, che dopo la guerra. Il metodo utilizzato da Pansa nella stesura di questi libri apparve subito equivoco agli storici.
La crisi dell’antifascismo
Nel saggio La crisi dell’antifascismo del 2004, lo storico Sergio Luzzatto puntò il dito contro la «deliberata confusione tra storia e memoria […] sottraendo specificità, contesti e dinamiche di medio e lungo periodo» ricercata da Pansa, il quale partendo dall’assunto, più o meno esplicito, che tutti erano peccatori, i partigiani come i repubblichini, gli uni e gli altri così sciagurati da non riconoscere imperativo biblico/morale di “non uccidere” cercò di accomunare tutto e tutti.
Sergio Luzzatto, parlando del libro di Pansa, ebbe a descriverlo come “un calderone di vendette individuali e collettive […] dove nulla s’inventa (almeno sotto la penna di Pansa, che ha rispetto per la storia), ma dove tutto si somiglia”.
Alla domanda: «c’è del vero nella tesi che i comunisti parteciparono alla Resistenza solo in funzione della rivoluzione proletaria?» lo storico Emilio Gentile rispose: «Ogni partito contribuì alla Resistenza con il proposito di andare al di là dell’obiettivo immediato e necessario di liberare l’Italia dal nazifascismo. Ma, nei fatti, i comunisti non fecero la rivoluzione, contribuendo invece, assieme alle altre forze politiche, alla fondazione della Repubblica e alla Costituzione», pur prendendo ordini e finanziamenti dall’URSS.
Yalta
Ma fu la distribuzione delle influenze di Yalta a costringere i comunisti a trattare con gli americani e i democristiani (ex partigiani bianchi) perché l’Italia fu posta nel Patto Atlantico, sebbene le speranze dei leader e dei militanti dal fazzoletto rosso dell’epoca sarebbe stata quella di entrare sotto l’influenza del Patto di Varsavia.
La storiografia, anche grazie agli stimoli delle opere di Pansa, ha potuto riequilibrare un determinato giudizio su quel periodo ed i suoi attori, ridimensionando, anche attraverso la pubblicazione delle testimonianze dell’epoca, in gran parte Alleata, secondo cui la resistenza partigiana contribuì in minima parte alla vittoria degli anglo-americani.
Pansa l’eretico
Pansa, dopo il grande successo de Il Sangue dei Vinti, diventò, per i più moderati l’ uomo di sinistra “eretico”, da sminuire, mentre per gli altri meritava di essere insultato e zittito nelle presentazioni dei suoi testi, perché traditore, quindi, per la loro mentalità, indegno di poter parlare in pubblico della sacra storia della religione antifascista.
Osserviamo che lo stesso trattamento d’odio e violenta contrapposizione accomuna chi è considerato loro traditore con tutti i loro avversari, ritenuti nemici, da uccidere, se necessario per mantenere il primato delle loro idee e il livello avanzato del loro potere. È su quest’odio ideologico che si fonda il mainstream, che decide ciò che è bene e ciò che è male, ciò che si può dire (e addirittura pensare) e ciò che non è presentabile.
Da questa base, nasce lo psicodramma del Pensiero unico di massa che vuole eliminare il pensiero critico, sin dalla scuola. L’uomo buono è quello omologato ai diktat del soviet sovranazionale che investe ogni ambito, dalla comunicazione al linguaggio, dalla moda all’arte, dalla letteratura alla musica, dalla filosofia alla religione, dal cibo alla società, dalla fluidità alla tradizione, dall’identità al cosmopolitismo, dal meticciato allo sport.
Uguaglianza assoluta?
Il denominatore comune è l’utopia distopica dell’uguaglianza assoluta, che genera le peggiori disuguaglianze, i peggiori problemi sociali, i gravi gap psicologici individuali e familiari, pedagogico-educativi e il cosiddetto “mondo al contrario”.
Ilenia Rossini, su Dinamo press del 15 gennaio 2020 scrive, a margine della morte del giornalista, considerato dalla sinistra o come eretico o come traditore: “La vera vittima – non solo di Pansa, chiaramente, ma del contesto culturale in cui il revisionismo ha spadroneggiato – è dunque la legittimità del conflitto. Ed è forse su questo, più che sui singoli errori e sulle singole omissioni dell’opera pansiana, che ormai – con Pansa finalmente morto – si dovrebbe riflettere per invertire la rotta”.
Il problema sta tutto in quel “finalmente morto”, molto simile al “se l’è cercata” per le sue idee, riferito da diversi commentatori di sinistra all’assassinio di Charlie Kirk. Questa mentalità sulla “legittimità del conflitto”, che, negli anni di piombo è sfociata in lotta armata terrorista, è propria della sub-cultura disumana dei figliocci di Stalin e Pol Pot, che predicano da santi quando si parla dei “loro” ma che si svelano pessimi maestri quando in ballo ci sono i “fascisti”, etichetta obsoleta ma sempre di moda da affibbiare a tutti quelli che la pensano diversamente.
Resistenza comunista
Pansa scrive della “prevalenza delle formazioni comuniste nei venti mesi di guerra civile. Tuttavia, non si trattava di una circostanza dovuta solo a quanto era accaduto tra il 1943 e il 1945. C’era qualcosa di più. Il di più consisteva nel fatto che, subito dopo la guerra civile, il Pci aveva imposto il suo punto di vista sul nostro conflitto interno.
La Resistenza era stata soprattutto comunista, gli altri partiti o le altre posizioni politiche avevano recitato un ruolo molto secondario o pressoché inesistente. Da questo principio, conclamato di continuo e sempre ribadito, negli anni successivi sarebbe derivata una serie di conseguenze politiche e culturali.
La più importante, che ancora oggi si fa sentire nell’atteggiamento degli eredi del Partitone rosso, era di un rigore inflessibile: chi attacca il Pci attacca la Resistenza, chi sostiene che i comunisti volevano imporre una dittatura popolare d’impronta sovietica è soltanto un fascista mascherato, chi afferma che pure le Garibaldi avevano i loro scheletri nell’armadio è un falsario. Infine, chi rievoca i delitti e le violenze compiute dopo il 25 aprile, quasi sempre da partigiani delle Garibaldi, è un figuro spregevole che deve essere zittito.
Pansa? Revisionista!
Non a caso, e addirittura nel 2025, un consigliere comunale del PD si è sentito di dover proclamare nell’aula consiliare che “vi abbiamo appesi a testa in giù, già una volta” rivolgendosi ai colleghi dell’opposizione, in riferimento allo scempio infame del vilipendio di cadavere cui i suoi antenati politici avevano disumanamente sottoposto il corpo privo di vita di Mussolini.
Prosegue il racconto di Pansa: “Gli antagonisti rossi mi hanno dato la caccia. E fior di baroni accademici, gente che si ritiene l’unica titolata a occuparsi di storia della Resistenza, mi hanno messo al bando, accusandomi di un reato per loro infame: il revisionismo storico. Una colpa ancora più grave perché commessa da chi non appartiene alla loro casta, un giornalista, un bastian-contrario, un dilettante della ricerca storica”.
E poi, sembra scritto ieri: “l’accusa di revisionismo si spreca per tutti i testi che non seguono il codice dei Gendarmi della memoria resistenziale, un’immagine che fa da titolo a un mio libro del 2007. Qualcuno, come il sottoscritto, la considera una bandiera da sventolare con orgoglio. Ma riconosco di essere ancora una mosca bianca. Ho degli amici preoccupati del mio buon nome che mi scongiurano di non dichiarare più di essere un revisionista”.
Revisione indispensabile
“Sempre a Genova spiegai a un pubblico sorpreso, ma tutto sommato tollerante, che la revisione della storiografia resistenziale era indispensabile per sistemare alcuni conti che non tornavano. E osai fare qualche esempio che oggi sembra banale. I partigiani erano stati per davvero così tanti, come sostengono le statistiche ufficiali? Esisteva una storia segreta della Resistenza che i celebranti si rifiutavano di vedere? Per “storia segreta” intendevo i contrasti brutali tra bande di diverso orientamento politico, i delitti che ne erano derivati, il profilo vero di certi personaggi e di alcuni eventi troppo mitizzati”.
Finche la sinistra italiana non avrà il coraggio e, oramai, la decenza, di fare i conti con la verità su quel periodo storico, assolutizzato tanto da essere d’attualità permanente, non ci potrà essere serenità nel confronto, ma solo propaganda d’odio, strumentalizzazioni e polemiche sterili quanto infuocate, messinscene funzionali al consueto messaggio, per cui se non ti omologhi sei morto, sul piano pubblico, lavorativo, politico e, quando hai troppo seguito, anche fisico. Ed ecco che “Bella ciao” torna, ieri come oggi, a colpire coloro che non si adeguano, incisa sui proiettili…
Matteo Castagna
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