É da troppo tempo ormai che, di fronte a notizie date per assodate, abbiamo smesso di porci quell’antica e saggia domanda latina, «cui prodest?», suscettibile di innescare un ragionamento improntato alla verità e non alla propaganda ed è per questo che troppo spesso abbocchiamo come lucci a una pervasiva guerra psicologica interessata a propalare balle strumentali alla causa di uno schieramento.
Da sempre giornali e tv, imbeccati da apposite strutture specialistiche che rispondono al moderno acronimo di PSY-OP (operazioni psicologiche), si occupano di «vestire» o « svestire » le notizie che giungono dal fronte, a seconda che si sia in Ucraina o a Ghaza, in maniera tale da rendere il nemico il più mostruoso possibile, oppure tacere le malefatte dell’amico.
Ed è dopo aver sentito l’ennesima notizia riguardante «missili russi su un ospedale ucraino» che da ex soldato pongo due interrogativi che spero servano a far riflettere:
1) un ospedale non è un obiettivo pagante, ossia non merita lo spreco di energie e munizioni e per di più scredita davanti al mondo chi lo bombarda (a meno di appartenere all’esercito israeliano)
2) i proietti d’artiglieria, i razzi e i missili costano (accipicchia se costano!) e devono essere impiegati oculatamente, ossia contro obiettivi paganti e per darne un’idea riporto in maniera approssimativa qualche prezzo:
- missile balistico, siamo intorno ai 500.000 USD;
- missile filoguidato (javelin), 256.000 USD ;
- missile antiaereo suolo/aria, 170.000 Euro ;
- missile filoguidato TOW, 12.000 USD ;
- razzo per la saturazione d’area tipo Grad, tra i 3.000 e i 4.500 USD;
- un proietto d’artiglieria da 155 mm, 2.500 USD;
- una volgare granata da mortaio da 80, 280 Euro.
Assunto ciò, una mente un minimo critica, non può non valutare anche lo sforzo che comporta la produzione di tale materiale e la sua gestione logistica.
Tali fattori, unitamente all’impatto negativo sull’opinione pubblica mondiale, che comporta il bombardamento di un ospedale, non possono non far sorgere la domanda delle domande, ossia: «CUI PRODEST?» che, tradotta in militarese farebbe dire a un qualsiasi comandante: «e adesso chi glielo va a dire a Putin che ho sparato un missile del costo (minimo) di 12.000 euro contro un obiettivo non pagante e per di più suscettibile di sputtanamento davanti al mondo intero, in un momento cruciale di pre-negoziazione?».
Sì, CUI PRODEST? Ma è chiedere troppo a una platea ormai stordita da una pervasiva situazione di ur-disinformazione.
di Corrado Corradi
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