Esterofili a tutti i costi. La parabola dei migranti italiani – “Un giovane su 3 tra i 18 e i 34 anni pronto a lasciare l’Italia”.
È questo il risultato di un sondaggio sbattuto sui social dai soliti quotidiani.
Andiamo per ordine
La cifra sembra un tantino esagerata, considerando che gli stessi giornali diffondono altre statistiche che stridono con questa; prima fra tutte, la tendenza dei giovani italiani a lasciare il nido non prima dei 30 anni. Com’è possibile che uno voglia lasciare l’Italia senza lasciare la casa di mamma e papà?
A parte questo, è comunque evidente che tra le nuove generazioni e non solo vi sia del malcontento generale e rassegnazione, alimentata comunque da una propaganda autorazzista e oicofoba da parte di certi media e partiti, tutti gravitanti nell’orbita antifascista.
Rimanendo in ambito universitario, molti studenti che cominciano il loro percorso hanno già in mente di lasciare il Paese una volta completati gli studi.
Non si prende nemmeno in considerazione il tentativo di carriera in Patria, né si progetta un’esperienza limitata di un Paese estero con la prospettiva del ritorno. Si parte e basta, l’Italia non ci merita.
È una questione di responsabilità
Un atteggiamento scorretto e ipocrita, considerando che la formazione universitaria non viene pagata dalla sola retta, ma anche e soprattutto dalle tasse. Inoltre, chi decide di lasciare il Paese per sempre non rappresenta un valore aggiunto per il Paese stesso; tuttavia, in caso di necessità decide comunque di sfruttare la sua cittadinanza di origine per curarsi a spese del SSN italiano (che non brilla per l’organizzazione ma rappresenta ancora sulla carta l’avanguardia dello Stato sociale per come è concepito); anche in questo caso, pagano i cittadini.
Ed infine, chi lascia il Paese è sovente un progressista che decide di espandere la mente, facendo parte di quella categoria che vorrebbe togliere il voto agli anziani in quanto non è giusto che decidano per i giovani, ma vuole continuare a votare nel Paese che ha abbandonato decidendo per chi è rimasto senza subirne le conseguenze.
Che differenza con i vecchi emigrati
Questa esterofilia sembra quasi indotta da chi vuole trasformare l’Italia in una fucina di talenti, laureati e non, da spedire e mantenere in giro per il mondo a spese dei contribuenti, alimentando in questi la paura del futuro in Patria e l’odio per le proprie radici, oltre che abbattendo ogni istinto di lotta per migliorare le cose, “perché tanto gli italiani sono cosi, non cambia nulla”.
E a differenza degli emigranti di un tempo, che lasciavano il vecchio mondo per necessità vere ma mantenevano comunque la loro identità nelle Americhe (contribuendo a costruire la cultura del posto), chi parte oggi deve continuare a rimarcare la sua scelta in ogni dove, giudicando chi è rimasto e mostrando i frutti del suo percorso, che non sono molto diversi da quelli che forse avrebbe avuto se fosse rimasto.
Perché raramente la questione economica si palesa così vantaggiosa: se è vero che fuori si è pagati di più, è anche vero che il rapporto stipendio-spese differisce in maniera poco incisiva, stando a molte testimonianze.
Esterofili costi quel che costi
Vi è poi un’altra questione. Chi fugge, come detto, quasi sempre è un progressista che vuole aprirsi al mondo e detesta le sue origini, ma al contempo vuole che l’Italia, da lui abbandonata, sia aperta a chi arriva sui barconi. Quasi a dire che quello che per noi è immondizia, per altri è un paradiso; guai però a parlare di sostituzione etnica, si rischia di essere additati come complottisti. E rimanendo sempre in tema immigrazione, l’esterofilo antirazzista medio sostiene che un immigrato viene preferito al lavoratore italiano perché è migliore, ma la stessa meritocrazia non vale se ad essere escluso è proprio l’antirazzista, in quel caso è colpa del sistema; pertanto, si fanno le valigie e via.
Infine, c’è un ultimo aspetto. Vediamoci tutti questi espatriati festeggiare il 25 aprile e il 2 giugno, eppure da quelle date è nata proprio quell’Italia che, a detta loro, non ha dato futuro e che va abbandonata; anzi, loro non abbandonano la repubblica italiana, ormai presente solo nelle loro idealizzazioni acritiche, loro lasciano l’Italia; concetti diversi, completamente ribaltati.
Tutto ciò però non deve esimerci dal dire che questo Stato, antifascista e repubblicano, così non funziona. Ma invece di fuggire sbattendo la porta, bisogna cercare di migliorarlo perché le potenzialità ci sono e la Storia l’ha dimostrato più volte.
Lorenzo Gentile
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