Genova, il giorno dopo. Chi ha vinto, chi ha perso? Al di là delle solite rivendicazioni dei vari partiti, i numeri testimoniano quanto segue.
Certamente, ha vinto Marco Bucci, il quale passa dalla poltrona di sindaco a quella di governatore, a discapito dell’ex-ministro Andrea Orlando, al quale non resta che recriminare sulla scarsa performance di taluni suoi alleati dell’ormai disfatto “campo largo”.
Giorgia Meloni
Più complicata, semmai, la posizione di Giorgia Meloni, a cui bisogna riconoscere d’aver sacrificato, almeno in questa partita, il tornaconto di partito all’interesse della vittoria finale. Fratelli d’Italia lascia sul terreno oltre 80 dei 160 mila voti conquistati alle Europee di solo qualche mese fa, ma i consensi perduti sono finiti tutti nella rete delle due liste civiche del presidente, contribuendo comunque all’ottenimento del risultato. Il partito della premier ambiva a 10 seggi, coi voti dell’estate, si deve accontentare di 5 posti, ma che comunque sono di più dei precedenti 2 del 2020.
In questa parte della barricata, quindi, festeggiano Lega e Forza Italia che, di fatto, perdono pochissime preferenze rispetto a qualche mese fa, confermando dati reali e percentuali, pur nella nuova ondata astensionistica che ha portato più di mezza regione a snobbare l’appuntamento con le urne (oltre il 7 per cento in più rispetto all’ultima, analoga votazione).
Elly Schlein
E se la Meloni può comunque ridere, pur avendo registrato una flessione di 11 punti percentuali, fa fatica a non piangere Elly Schlein.
Il Pd, sì, adesso è il primo partito della Liguria e ha perso solo un 5 mila voti rispetto alle Europee, passando pure – a causa del calo dei votanti – dal 26 al 28 per cento; però, non ostante il disastro giudiziario che ha travolto il dimissionario Giovanni Toti, non è riuscita nell’impresa di strappare la Regione al Centrodestra.
A far fallire l’impresa, la “cannibalizzazione” dei “cespugli” del proprio orticello – basti pensare che Carlo Calenda, che da solo valeva quasi il 4% 5 mesi fa, domenica non ha fatto il 2 insieme a una pletora di altri movimenti – e il tracollo dei 5 Stelle di Giuseppe Conte.
Ed è proprio il “grillino” il vero e unico sconfitto della partita, avendo non solo più che dimezzato i consensi (sia in termini reali che in percentuale), ma avendolo fatto proprio anche nella circoscrizione di Genova, patria del fondatore del movimento.
Liste del “dissenso”
Infine, perdono disastrosamente tutte le liste del dissenso, che faticano a mettere il naso oltre la linea dell’1 per cento, pur in presenza dell’unico dato veramente significativo, dal punto di vista politico e sociologico: il rifiuto di andare a votare di oltre il 53 per cento degli aventi diritto.
Tornando ai partiti maggiori, più che in terra emiliana, dove la contesa non sembra poter dar adito a sorprese, una parziale “rivincita” potrà essere giocata nuovamente a Genova, quando Buci rassegnerà inevitabilmente le dimissioni da sindaco.
Altra partita delicata, per la Schlein, in quanto, seppur l’uscente è di Centrodestra, i dati resi noti lunedì mattina danno al centrosinistra un vantaggio netto di 18 mila voti reali e 8 punti percentuali nel comune capoluogo. Per tanto, la leader del Pd non potrà presentare il suo candidato come “lo sfidante”, apparendo già come un “predestinato”.
E col rischio, però, di partecipare a un “conclave” dove, come da proverbio, chi entra da papa rischia di uscire cardinale.
Massimiliano Mazzanti
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