C’è chi cerca la verità tra le pagine dei libri, e chi la trova per caso, leggendo un articolo indignato de Il Manifesto. In un’operazione che ha del surreale, il quotidiano della sinistra radicale si è fatto involontariamente megafono di quello che definisce il “libro cult dell’estrema destra razzista”. Parliamo di “Il campo dei santi” di Jean Raspail, un romanzo del 1973 che, fino a pochi giorni fa, viveva una vita di nicchia, confinato, secondo il giornale, nei “cenacoli neofascisti”.
Poi, la “scoperta”: Maurizio Belpietro, con il suo gruppo editoriale, ha deciso di allegarlo a La Verità e Panorama. E cosa fa Il Manifesto? Invece di ignorare l’operazione, le dedica un’ampia, seppur indignata, recensione. L’intento è chiaro: mettere in guardia i lettori. L’effetto, però, è l’opposto. La descrizione minuziosa del contenuto del libro – dalla “deumanizzazione” degli invasori all’incapacità dell’Occidente di difendersi – non fa che stuzzicare la curiosità.
La tesi del Manifesto, che il romanzo sia una semplice “propaganda razzista”, rischia di apparire superficiale. “Il campo dei santi”, infatti, non è solo una storia di invasione. È una metafora sulla crisi morale e politica dell’Europa, sull’incapacità di una civiltà di credere ancora in sé stessa. Un tema che, al di là delle etichette, è quanto mai attuale.
L’articolo del Manifesto finisce per diventare una lezione involontaria di marketing: nel tentativo di censurare, ha offerto la vetrina più grande possibile a un’opera che, forse, non meritava la stessa attenzione di un tempo. E così, un romanzo che fino a ieri era semisconosciuto al grande pubblico, oggi è sulla bocca di tutti.
Chissà, magari la prossima volta, per difendere i valori in cui crede, il giornale preferirà il silenzio alla (involontaria) pubblicità. Nel frattempo, chi ha fortemente voluto questa operazione di divulgazione del Campo dei Santi sorride e ringrazia di cuore.
Alfredo Durantini
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