La strana Repubblica che assume i figli dei criminali nella Polizia di Stato – Da sempre garantisti e convinti del fatto che sia assurdo che i figli paghino le eventuali colpe dei padri, fa comunque impressione scoprire – proprio a poche ore dall’annuncio della Procura della Repubblica di Bologna della riapertura delle indagini sulla Uno Bianca sulla base di esposti che hanno segnalato, tra i misteri ancora irrisolti, la vicenda del brigadiere Domenico Macauda – come il figlio del brigadiere condannato per i depistaggi sulla strage di Castel Maggiore sia riuscito ad arruolarsi nella Polizia di Stato.
La pubblica opinione
Chiaramente, il ragazzo avrà vinto un regolare concorso e avrà meritato la posizione in graduatoria, ma nella pubblica opinione si era convinti, evidentemente in modo erroneo, che a coloro che avessero parentele strette e dirette con personaggi assurti al disonore della cronaca e per fatti di particolare gravità, fosse preclusa la possibilità di arruolarsi nelle forze di sicurezza, non fosse per altro, per ragioni di opportunità.
Un tempo, per esempio, per entrare nell’Arma dei Carabinieri – o forse anche questa era solo una leggenda? – sembra che fosse necessario dimostrare l’assoluta condotta integerrima non solo dei fratelli, delle sorelle e dei genitori, ma persino dei nonni e di altre più lontane parentele.
La Polizia di Stato è meno preoccupata di questo genere di situazioni e condizioni?
Oppure sono semplicemente cambiati i tempi?
Quel che è sperabile, che è questo sia accaduto per mille motivi, ma non perché siano stati valutati da qualcuno di scarso peso e di limitata gravità i reati commessi dal padre.
Stato indulgente?
Se è vero, infatti, che Macauda fu condannato solo per calunnia – all’epoca non esisteva nemmeno il reato di depistaggio -, fu comunque scoperto, nella migliore delle ipotesi, come un carabiniere che tentò di inquinare le indagini per ben due dei primi tre delitti di sangue compiuti dai Savi e senza nemmeno mai aver fornito un movente plausibile della sua azione depistatoria.
Ora, già sembrava essere stato molto indulgente e generoso con lui, con Domenico Macauda, lo Stato italiano che, degli oltre 8 anni di condanna, gliene fece scontare solamente la metà scarsa; scoprire anche che il figlio ha potuto arruolarsi nella Polizia di Stato, sembra dire molto, per non dire troppo, sulla “vocazione redentrice” di questa nostra, spesso curiosa Repubblica.
Con quale spirito i parenti delle 24 vittime della Uno Bianca prenderanno questa notizia?
Specialmente quelli, e ce ne sono, a cui magari lo Stato ha lesinato o anche solo tardato gli aiuti per superare traumi successivi ai crimini patiti.
O con quale spirito ne prenderanno nota i figli o i parenti di quelle famiglie, magari già, coinvolte nelle indagini da una magistratura e da investigatori poco avveduti, per non dire di peggio, e che dopo mesi o anni di ingiusta galera hanno faticato bestialmente per trovare una nuova dimensione nella società, a causa della reputazione compromessa?
Gente che, senza alcun aiuto pubblico, a volte è giunta al punto di preferire, alla fine, una scelta di malaffare, non avendo alternative degne di tale definizione?
Ripetiamo, sia chiaro: le colpe in Italia sono personali e non possono essere ereditate dai figli; però, non è nemmeno obbligatorio – e a volte proprio non sembra essere opportuno – che i figli ripercorrano sempre le orme dei padri; specialmente se i sentieri dei genitori hanno condotto in un baratro, prima di loro stessi, tante vittime e tante innocenti famiglie.
O, no?
Massimiliano Mazzanti
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