La premessa che mi sento di fare è che l’Islam non ha nulla in comune con il cristianesimo, tranne l’idea di un Dio unico. Unico Dio del quale, tuttavia, abbiamo una diversa concezione.
Questo, però, a parer mio, è marginale anche perché, pur essendo convinto che Dio sia cattolico, parafrasando Mogol-Battisti, «lo scopriremo solo morendo» (anche se io ne sono profondamente convinto da vivo).
Il concreto problema attuale è quale tipo di rapporto stabilire con questa religione che non appartiene alla nostra avita tradizione spirituale e che esprime un monoteismo a tutto tondo, a volte così radicale da arrivare a considerare chi non pensa Dio come Islam vuole, non solo un infedele ma pure un immorale. C’è da dire che, quanto alla morale, gli islamici oggi non hanno tutti i torti … Basti vedere cosa permettiamo che avvenga all’interno delle nostre chiese: torme di turisti scaciati e scosciati che si aggirano tra le navate durante l’offizio, per esempio. I miei amici musulmani si scandalizzano per la nostra tolleranza nei confronti di cotanta mancanza di rispetto in un luogo sacro, cosa che li induce a pensare che in fondo noi crediamo in un Dio che tanto credibile non è.
Quei miei amici si scandalizzano pure, e giustamente, per la nostra tolleranza nei confronti dei gruppi di giovani delinquenti organici alle comunità islamiche incistate da noi e che noi definiamo immigrazione di seconda generazione, la quale con i «maranza» imperversa trascinando, in condizione di subalternità, la nostra peggiore gioventù, quella smidollata perché orfana pur in presenza di genitori (inconsistenti, spesso preoccupati solo degli effetti nefasti del … patriarcato).
Dissimulazione
Su quest’argomento quei miei amici concordano con me quando contesto loro che si tratta di una forma palese di «takiya» (=dissimulazione), ossia, i genitori di questi giovani immigrati non li educano come li educherebbero nel loro paese ma lasciano che sfoghino le loro intemperanze nei confronti di una società che non è la loro e che, in fondo, non merita rispetto per la sua amoralità e per la sua renitenza. Il loro pensiero è che noi siamo una civiltà decadente per cui, tutto sommato, è bene accelerarne la decadenza e orientarsi a islamizzarla.
Ho riassunto in breve alcuni dei principali argomenti dei quali parlo con amici musulmani marocchini, i quali concordano, per cui mi chiedo: ma è mai possibile che noi, in casa nostra, non riusciamo a rapportarci con loro, da quella posizione di supremazia del padrone di casa, come mi sollecitano ad assumere quei miei amici musulmani?
Non riusciamo perché ci ostiniamo a dar la colpa all’islam, al suo essere tendenzialmente radicale e propenso ad imporsi sia come religione, sia come regola di vita, ma come gli struzzi (e forse ormai a tanto è ridotta la nostra civiltà così fieramente laicista e occidentalista) nascondiamo la testa sotto la sabbia quando invece sarebbe il caso di tirarla fuori, guardarsi intorno e piantare solidi paletti da far rispettare ai maranza, ai giovani emigrati di seconda generazione, ai loro tolleranti genitori, agli imam organici alla setta dei fratelli musulmani, e ai dementi che portano in giro le mogli completamente intabarrate che da noi si fa come … a casa loro: SI RISPETTANO LE NOSTRE CONSUETUDINI, LE NOSTRE TRADIZIONI E LE NOSTRE LEGGI SE NÒ SONO LEGNATE.
È per questo che, poscia tutti i problemi di una nazione che fa i conti con una pervasiva modernità, in Marocco si entra in moschea con atteggiamento devoto e abiti adeguati e non c’è un’ombra di maranza in giro.
Fregola islamista
Qualche anno fa, un cittadino marocchino residente in Francia, rientrato in Patria per le ferie, preso dalla fregola islamista (che in Francia poteva esprimere senza remore) ha esposto dalla sua finestra lo striscione nero dell’ISIS; nel giro di pochi minuti la polizia è entrata in casa di questo soggetto, lo ha arrestato e a calci nel culo lo ha portato in tribunale dove, giustamente, è stato condannato a qualche mese di sana reclusione.
L’islamismo radicale militante non rientra nella tradizione religiosa del Marocco e quel pirla di maranza francese ha imparato, proprio in casa sua, quel semplice concetto che la Francia ha omesso di insegnargli: il rispetto di chi ti ospita.
di Corrado Corradi
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