La politica che influenzava i giudici è stata per anni il mantra del berlusconismo, che ovviamente scatenava l’ovvia reazione della sinistra post comunista che sull’antiberlusconismo, più che sul benessere del popolo, ha costruito tutti i suoi programmi.
Accusando il Cavaliere di paranoia e di uso strumentale del garantismo, la sinistra italiana ha sempre sostenuto l’operato dei giudici, senza mai batter ciglio su sentenze discutibili che scatenavano indignazione popolare.
Quando però la magistratura tocca uno di loro, allora lo scenario cambia. È il caso di Mimmo Lucano, al centro di inchieste per aver lucrato sull’immigrazione da lui tanto difesa, al punto da parlare di un modello Riace fatto di petalosa integrazione; un mondo fatato che stride con la realtà delle strade dove l’immigrazione manifesta la sua vera e brutale essenza.
Già sindaco di Riace ed europarlamentare, appena uscita l’ipotesi di cercare l’ennesima poltrona ecco che arriva il “fuoco amico” da parte di quei giudici che si pensavano alleati, che hanno decretato la non candidabilità dell’amico dei migranti.
Una piacevole sorpresa, non tanto perché ci piaccia che il confronto democratico sia ostacolato dai giudici, ma perché chi di spada ferisce, di spada perisce. Forse è il momento che qualcuno faccia un bagno di umiltà e porti avanti le sue idee con coraggio e senza sotterfugi giudiziari, sarà il popolo poi a decidere.
E visto l’andazzo, sembrano tempi bui per il modello Riace.
Lorenzo gentile
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