Qual è il limite alla rappresaglia – Anche a voler credere che la tempesta di sangue e violenza in Medio Oriente sia iniziata con l’attacco di Hamas di un anno addietro, con 700 vittime tra gli israeliani – si fa fatica a dimenticare il decennio di violenze pregresse, avvenute sempre nell’area in questione, ma si ragioni come se così fosse -, quale dev’essere, se mai esiste, il limite della rappresaglia?
A tutt’oggi, il moltiplicatore dice almeno cento volte, con oltre 70 mila vittime tra palestinesi e non solo, col coinvolgimento, per iniziativa unilaterale di Israele di svariati stati sovrani – dal Libano alla Turchia, dalla Siria all’Iran – e col massacro di oltre 40 mila tra bambini e ragazzi inermi.
Eppure, a ogni nuova azione – anzi, a ogni nuovo crimine di Israele, tra cui l’attacco alle truppe dell’Onu, indubitabilmente qualificabile come tale -, qualcuno, Stati Uniti in testa, fa riempire le prime pagine dei quotidiani e fa aprire i servizi televisivi, ribadendo il “diritto a difendersi” di Gerusalemme.
E dire, a proposito dei bambini massacrati, che in Occidente è ancora proverbiale il nome di Erode, il quale, al cospetto di quanto sta accadendo, avrebbe diritto subito, quanto meno, a un “pass” per il Purgatorio.
Licenza di uccidere, senza limite
Dunque, nel mondo, c’è chi non solo è padrone degli strumenti in grado di condizionare quello che a scuola si definiva “immaginario collettivo”, ma ha anche la “licenza di uccidere”. Una licenza senza alcuna restrizione, che può permette di farlo con ogni mezzo e in ogni luogo.
D’altronde, chi sta dalla parte sbagliata – sia che si tratti di Hamas, dell’Iran o di chi altri – è classificato senza meno come “terrorista” e coi “terroristi”, si sa, ogni iniziativa trova la sua giustificazione.
Semmai, è curioso che venga accusato di essere tale colui che, in quello straziato angolo del mondo, si comporta col nemico esattamente come si comportavano coloro i quali, in Europa, avrebbe con le loro “imprese” posto le basi delle varie costituzioni, compresa la nostra.
Anche nel 1943 si parlava di “terrorismo”, anche se i tedeschi preferivano il più classico “banditen”, ma la sostanza è la stessa.
Si, si. No, no.
A dimostrazione del fatto che – ed è questa la cosa più grave e triste – il mondo, da allora, non è affatto cambiato e non s’ispira per niente all’idea irenica di “diritto internazionale”; bensì a una concezione dove non sono le azioni a qualificare gli uomini che le compiono, ma gli uomini e gli stati a classificare ciò che viene consumato, rendendolo – a convenienza – legittimo o meno.
E questo dovrebbe allarmare almeno quella parte di Occidente che, se non proprio ancora “cristiano” nel cuore e nella Fede, lo è ancora – per influsso culturale – nella mentalità.
Una mentalità che dovrebbe mettere sempre sull’allerta, quando il dire non è “Sì, sì. No, no”. Perché quando si sentono voci che ribaltano la realtà, sono voci dell’Inferno.
Massimiliano Mazzanti
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