Palestina, causa persa? – Roma locuta, causa finita… e da un bel po’
Come gonzi scendono in piazza a starnazzare senza rendersi conto che è troppo tardi perché: Roma locuta, causa finita est.
Smettetela di starnazzare come oche per la Palestina, non ve ne siete accorti che la Palestina da tempo non esiste più perché ridotta a qualche quartiere maleodorante sparso qua e la su un territorio ormai israeliano?
Non vi siete accorti che da un quarantennio la Palestina è stata kibbutz-izzata e che l’imprimatur all’israelizzazione della palestina risale al 1981, quando Israele, motu proprio e in barba a una specifica risoluzione ONU, ha annesso l’altopiano siriano del Golan, controllando così a proprio piacimento il flusso d’acqua che da lassù arriva fino a Gerico?
Pensate veramente che al mondo arabo-islamico, che vi aizza al fine di tenere strumentalmente acceso una sorta di identitario martirologio che gli permetta sostenere: «si ma la Palestina!?», (un po’ come negli anni ’60 e ‘70 le sinistre concludevano sempre le loro tiritere con «si ma il Viet-Nam!?) importi davvero la sorte della Palestina? Pensate veramente che a quelli che dicono di considerarsi fratelli del popolo palestinese, gliene freghi qualcosa dei palestinesi?
Pensate veramente che Fatah prima e Hamas poi abbiano combattuto per l’interesse del popolo palestinese? Non riuscite a vedere che hanno sempre fatto un gioco pernicioso per la Palestina e i palestinesi?
Nel dubbio
Do per scontato che sappiate cosa significa FATAH e HAMAS… nel dubbio chiarisco:
La sigla FATAH va letta al contrario (partendo dalla H), Hizb Al Tahrir Al Filistin, ossia Partito della Libertà della Palestina .
La sigla HAMAS, Ḥarakat al-Muqāwama al-Islāmiyya: “Movimento di Resistenza Islamico”.
Una cosa emerge dalla differenza di questi due movimenti: la progressiva islamizzazione della causa palestinese, una islamizzazione radicale invisa alla maggior parte dei musulmani di buona fede, specie palestinesi.
Le strumentalizzazioni
Non vi viene in mente che la questione Palestinese, tutto sommato, era di una semplicità disarmante e che è andata sempre più ingarbugliandosi a causa delle manfrine messe in piedi da contrasti che puzzavano di strumentalizzazione lontano un miglio?
Strumentalizzazioni e manfrine tra Israele e paesi del mondo arabo-islamico (specie i paesi del golfo, perché Giordania ed Egitto ne avrebbero fatto volentieri a meno), in un bailamme dove hanno pescato statunitensi, inglesi, servizi di mezzo mondo occidentale, ONU e i vari Capi della resistenza palestinese (sui quali, per un po’, ha primeggiato Arafat, almeno fino a quando ha fatto comodo a Israele, dopo di che ha preso residenza a Tunisi).
Tutti in combutta, più o meno tacita, con un Israele che, non potendo sloggiare i palestinesi a calci nel sedere, come inconfessabilmente sperava di fare nel 1948, non essendoci riuscito nemmeno con la seconda guerra arabo-israeliana del 1956, a partire da quella data ha buttato giù una scaletta suscettibile non solo di sloggiare alla chetichella i palestinesi, ma contemporaneamente «rinforzire» (uso un termine dannunziano) il mito di Israele martire; tant’è che il termine antisemitismo (che significa intolleranza contro le popolazioni semite tutte, arabi ed ebrei) è diventato sinonimo di odio contro i soli ebrei (cosa che giustifica ogni piagnisteo israeliano).
Il resto è storia di questi giorni, comprese quelle manifestazioni di piazza ormai fuori tempo.
di Corrado Corradi
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