Finita l’enfasi per la liberazione e finita anche la settimana dell’odio che va dal 25 aprile al primo maggio, torniamo sulla Terra e riorganizziamo le idee.
Ancora troviamo chi definisce la lotta resistenziale come un nuovo Risorgimento, interrotto dal ventennio fascista e ripreso durante la guerra.
Sicuramente nelle intenzioni del principe Umberto, che con decreto luogotenenziale istitutiva la festa del 25 Aprile, il fine era proprio quello, il riscatto della Nazione che, unita, può fare grandi cose. Tanto che, nello stesso decreto, compariva anche l’istituzione della festa della vittoria da celebrati l’8 maggio, ma mai diventata effettiva per i motivi che sappiamo.
Così come ogni aspetto di carattere patriottico, il 25 aprile è stato anche privato sul nascere del suo spirito “neo risorgimentale”.
Festa patriottica
Infatti, non è più, o meglio non è mai stata, una festa nazionale, ma una festa politica, egemonizzata da una sola fazione, prima socialisti e comunisti, oggi progressisti eurofili che i rossi di una volta oggi contesterebbero senza pietà. Liberali, democristiani, militari, ecc, sono solo invitati e obbligati ad assistere alle celebrazioni in rispettoso silenzio, pur avendo anche loro contribuito alla cosiddetta liberazione.
Quello che è diventato il 25 aprile, quindi, tutto può dirsi tranne che un nuovo risorgimento. Quello originale aveva l’obiettivo di unire una nazione che esisteva da oltre 2000 anni ma che da almeno 12 secoli (cioè dalla spartizione dell’Esarcato tra longobardi e bizantini) era divisa in Stati di piccole e medie dimensioni, in perenne lotta tra loro e a loro volta divisi internamente da lotte tra le varie famiglie aristocratiche; Stati che, soprattutto nel nord Italia, erano formalmente sottoposti all’autorità imperiale che però era sempre più labile col trascorrere dei secoli.
La resistenza riaprì le vecchie divisioni tra italiani. Divisioni territoriali, perché un movimento separatista in meridione, fomentato dalla mafia che con la liberazione rialzò la testa, voleva la scissione da Roma e, per alcuni, l’annessione agli Stati Uniti. Divisioni umane, perché la guerra civile fu seguita da rancori e vendette private, che Togliatti saggiamente cercò di fermare (forse perché conscio che avrebbe avuto più caduti tra i suoi). Divisioni politiche, perché le ideologie presero il sopravvento sul sentimento di unità nazionale, andando subito a frammentare il mondo partigiano, che già durante la guerra vide numerosi episodi di scontri interni.
Da un “invasore” ad un’altro
In tutto questo, scacciato un invasore, ne arrivò un altro lasciando sigarette e whiskey, spacciandosi per liberatore ma piantando stabilmente le sue basi sul territorio, con l’avvallo di alcune delle fazioni della resistenza locale. Le altre fazioni desideravano un altro invasore, forse più brutale, ma gli accordi a Jalta decisero diversamente, costringendo così l’ala sinistra della resistenza ad accontentarsi di accogliere festante i soldati jugoslavi, che strapparono territori conquistati proprio durante il risorgimento. Ufficialmente per reazioni alle politiche fasciste nei territori occupati, di fatto realizzando un progetto ben antecedente alla Marcia su Roma, per il quale la guerra fornì un’occasione irripetibile.
L’Italia è quindi di nuovo colonia, di nuovo divisa, di nuovo derisa, stavolta assieme anche al resto d’Europa.
Dove sarebbe quindi il risorgimento, se non nei movimenti patriottici che vogliono davvero liberare questa bella terra, aggiungendo anche quell’aspetto sociale che nell’Ottocento non si riuscì a dare ma che fu realizzato, in buona parte, da ciò che venne dopo il risorgimento originario e fu interrotto da quello “nuovo”.
Lorenzo Gentile
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Il cosiddetto “Risorgimento” ottocentesco non fu altro che il tentativo di portare l’infezione giacobina in Italia, scristianizzandola e sostituendo Governi cattolici e legittimi con una “monarchia” traditrice, infame e complice della Massoneria.
Non a caso, il cosiddetto “Risorgimento” fu portato avanti dai massoni ed ebbe il Papato (era ancora quello vero, ovviamente) come principale nemico, e con esso la fede cattolica dei popoli italici.
L’unica, vera Unità d’Italia fu quella delle insorgenze contro i rivoluzionari francesi e Napoleone, che vide moltissimi italiani prendere le armi in difesa della Tradizione.
L’Italia ottocentesca era vivissima, molto più viva di quella savoiarda, e non vi era nulla da cui dovesse risorgere.
La retorica filorisorgimentale ha lo stesso peso di quella filopartigiana : quello della propaganda immonda sinistrosa.