È sicuro: noi abbiamo molti e nobilissimi motivi per combattere la sinistra (intesa nel senso più ampio possibile, ben oltre il “campo largo”): i nostri Valori, la nostra Storia, la nostra Patria, i nostri Padri, i nostri Eroi, persino il nostro Stile (e nessuno si permetta di ironizzare su questo voluto abuso di maiuscole), da contrapporre alla beceraggine ideologica, sulla volgarità umana, alla menzogna sistematica, alla miserabilità morale dei nostri avversari.
Purtuttavia a questi molteplici, elevati e ispirati motivi, vorrei aggiungerne uno, forse meno nobile, ma molto più pratico, più terra-terra, persino più banale se non egoisticamente interessato: quella che abbiamo di fronte è una sinistra di rompicoglioni. E non mi riferisco qui a uno scontato rompicoglionismo storico-politico, tipo la fastidiosissima insistenza con l’antifascismo, l’antirazzismo, il femminismo e via disgustando (la lista è lunga), ma con la capacità dei rosso-verdi (ancora: definizione da intendersi come estensiva o, come dicono loro, “inclusiva”) di rompere le palle a livello quotidiano con molestie di vari e molteplici tipi.
La sinistra molesta
Sembra che questa sinistra internazionale e mondialista si sia data come obiettivo, dopo quello di rovinare, sporcare e invertire l’Italia, l’Europa e persino il mondo, di molestare, importunare, infastidire, scocciare e assillare tutti gli abitanti dell’orbe terracqueo con obblighi, ingiunzioni, imposizioni, divieti, proibizioni, costrizioni, tabù. Tutti, ovviamente, per il nostro bene e con l’esplicita ma insultante convinzione che sia necessario una sorta di maoista “rieducazione di massa” per costruire una “società migliore”, “più giusta”. La sinistra come un gigantesco meccanismo di bullismo sociale istituzionalizzato.
A Milano abbiamo un sindaco eco-comunista, aduso a indossare bizzarre calzette arcobaleno, maleodoranti ideologicamente prima ancora che olfattivamente. È lo stesso sindaco che si rifiuta ostinatamente di indossare la fascia tricolore durante le sue fugaci apparizioni alle commemorazioni, quelle “istituzionali” e larussiane, per il martirio di Sergio Ramelli.
Milano come Gotham city
La citta governata da costui è in cima alla statistica delle città più pericolose d’Italia. I reati di strada, commessi in stragrande maggioranza da invasori afro-asiatici, hanno raggiunto picchi impensabili (il 65% di tutti i reati sono commessi da stranieri e il dato è ottimistico perché non tiene conto degli immigrati di seconda generazione). Costoro hanno il completo controllo del territorio, anche in centro, come è stato dimostrato la notte di Capodanno in piazza del Duomo, con orde di arabi e africani bercianti insulti contro gli italiani e l’immancabile urlo belluino “Allah Akbar” carico d’odio contro di noi.
Ebbene, qual è la priorità del sindaco mezze calzette arcobaleno? La sicurezza dei suoi cittadini? La difesa delle loro vite, dei loro beni contro scippi e rapine, delle loro case contro le occupazioni, del diritto di uscire la sera senza attacchi d’ansia? Lo sgombero dei fortilizi degli invasori, la disinfestazione dell’area della Stazione Centrale? La libertà di movimento in città? Una rapida mobilità che consenta il risparmio di tempo e di risorse nel muoversi a Milano?
La bufala del secolo
Ma neppure per idea. La priorità della giunta milanese eco-comunista è la lotta contro “il cambiamento climatico” (che è “la bufala del secolo” – definizione del Nobel Carlo Rubbia – soprattutto se inteso di origine antropica), che si traduce nei più assurdi provvedimenti “ecologici” e, soprattutto, nella guerra al mezzo privato. E’ una guerra feroce, senza tregua, condotta surrettiziamente attraverso i provvedimenti più disparati: l’abolizione di migliaia parcheggi, l’introduzione in tutta la città di esosissimi parcheggi a pagamento, le famigerate aree B e C con le relative vessazioni contro chi vuole spostarsi, il divieto alle auto più vecchie di accedere al centro e il taglieggiamento per l’entrata nell’area B, le zone a 30 all’ora (non rispettate da nessuno), la città impestata da inutili e dannose piste ciclabili, il bando alle moto Euro 0, 1, 2 e in futuro anche Euro 3.
Si è giunti al punto di masochismo di vietare alle auto l’accesso al quadrilatero della moda. Probabilmente al sindaco fanno schifo le auto di lusso parcheggiate in via Montenapoleone (che pure è in area C e quindi a esosissimo pedaggio): che i clienti danarosi facciano shopping a piedi. Come diceva qualcuno: anche i ricchi piangano. E poi il progetto della famigerata “città dei 15 minuti”, già sperimentata in alcune città europee, nella quale ognuno rimane confinato nel suo spicchio di metropoli, senza poterne uscire se non a pagamento. Una città di ghetti.

Milanesi a piedi
D’altronde lo ha dichiarato il sindaco dalle mezze calzette arcobaleno e ripetuto dai suoi assessori: l’obbiettivo è quello di dimezzare le auto entro il 2030. Che i milanesi vadano a piedi, se non vogliono usare i mezzi dell’inefficiente ATM (le attese dei bus di certe linee superano i 30 minuti). Per non parlare dell’insicurezza, della criminalità, delle rapine e degli scippi quotidiani in metro, tram e bus. Ciononostante questo rossissimo sindaco ha avuto recentemente il coraggio di affermare che a Milano “la rete dei mezzi pubblici è di altissimo livello” e ha magnificato “l’eccellenza del nostro sistema di trasporto”.
C’è una logica sottesa a questa eco-dittatura, e non è quella, ipocrita e falsificante, della lotta all’inquinamento e al presunto cambiamento climatico. C’è una logica veterocomunista in tutto ciò: la guerra alle auto è in realtà guerra alla libertà di movimento, al mezzo privato in quanto privato. E poiché la libertà di movimento e la libertà di possesso sono precondizioni per la libertà tout court,ecco il riemergere, in nome dell’ecologia, di principi liberticidi di stampo sovietico. Questa fanatica isteria anti-auto è contagiosa: nella vicina Monza, un gruppo di ecologisti “per l’aria pulita” ha addirittura chiesto l’istituzione di posti di blocco per impedire l’accesso dei veicoli, presunti inquinanti, nella città briantea.
Si spende per la propaganda
Abbiamo assistito a una costosa campagna di propaganda, con i soldi dei cittadini, a favore di un fantomatico “Climate City Contract” sottoscritto dal Comune, da alcune Università e dalle solite associazioni ambientaliste strafinanziate da tutti noi, come il FAI e Legambiente (branca dell’ARCI a sua volta fondata dal PCI). L’hanno chiamata “Milano cambia aria”. E se a cambiare aria fossero i boss della cupola rosso-verde?
Peraltro la giunta di Milano non è sola in questa persecuzione contro la libertà di movimento. A Bologna il sindaco rosso ha reso tutta la città a 30 all’ora: le auto in fila alla velocità di un carro funebre. Se rispettato, il divieto aumenta i costi in carburante degli spostamenti, aumenta i tempi, aumenta la rabbia dei cittadini. E non ha diminuito le vittime della strada.
Ma che importa al sindaco rosso? Può allegramente pontificare nei programmi TV nazionali (tutti, ma proprio tutti, in mano “loro”) sulla “città verde”, sul provvedimento “ecologico”. Poco importa che tutti i sondaggi abbiano indicato la contrarietà dei cittadini per questo cretinissimo provvedimento, l’ira dei commercianti che hanno visto la riduzione dei clienti a favore dei centri commerciali fuori città? Al sindaco eco-chic non frega assolutamente nulla. “Il popolo non è d’accordo con il Comitato Centrale? Che si sciolga il popolo” diceva l’osannatissimo e rossissimo Bertolt Brecht.
Il divieto di fumo
Torniamo a Milano. Sempre il sindaco eco-comunista ha emanato una grida (perché non è rispettata da nessuno) sul divieto di fumo in tutte le aree della città. O meglio, puoi fumare se ti posizioni in un punto che sia almeno 10 metri lontano dagli altri esseri umani. Portate con voi un metro da geometra. E se questi vengono verso di te? Devi spegnere o spostarti. E se sei con la tua ragazza? Dovete separarvi.
Ovviamente mezza città, fumatori e no, ha sghignazzato per questa smargiassata pseudo-ecologica. Mal gliene incolse: “autorevoli” (son sempre autorevoli, loro) luminari della medicina, cupi novelli Dottor Purgone del molieriano Malato immaginario,seriosi scherani ecologisti, sciurette di una improbabile associazione denominata “Mamme contro lo smog” (a Milano non ci facciamo mancare niente), hanno severamente rimproverato i dissenzienti, esaltando il feroce provvedimento. Ancora una volta, c’è uno sgradevolissimo sentore di: “vogliamo rieducarti: è per il tuo bene”.
Rieducazione meneghina
Andiamo avanti con le vessazioni quotidiane meneghine: una nuova disposizione ordina che il verde pubblico venga sfalciato solo due/tre volte all’anno in nome di una stucchevole “biodiversità” dei parchi e dei prati cittadini, “biodiversità” di cui alla maggioranza dei milanesi non frega nulla, ma proprio nulla. In realtà per risparmiare costi.
Solo che le aree non sfalciate sono pericolose: possono nascondere bottiglie rotte, favorire le popolazioni topesche, cimici e altri insetti vari, e così via. Ma nascondersi dietro la scusa ecologica è comodo, anche se è chiaramente una presa per il culo. E’ come quando al bancomat, al prelievo, ci chiedono se vogliamo lo scontrino cartaceo e, a fianco del no, scrivono “scelta ecologica”.
Buffoni, è solo per risparmiare il costo della carta e della ricarica. In molte città, drastica riduzione dei cestini per rifiuti nelle citta: “portate a casa vostra i vostri rifiuti” è il messaggio. Anche in questo caso, per risparmiare sui costi della raccolta.
Affitti brevi e odio sinistro
In alcuni comuni, come Firenze, Roma e la solita Bologna, hanno scatenato una demagogica crociata, fomentata dall’ultrasinistra, contro gli affitti brevi: molti padroni di casa infatti preferiscono questa formula per ottenere un piccolo reddito dai loro immobili non perché siano dei biechi speculatori che tolgono appartamenti al popolo, ma perché, con gli affitti “lunghi”, lo Stato non li tutela se gli inquilini non pagano l’affitto: anche se morosi e occupatori, gli inquilini inadempienti sono comunque inamovibili.
Purtroppo un governo di centrodestra (centrodestra?) ha introdotto nuove norme vessatorie per chi vuole affittare a turisti. Occorre identificare l’inquilino di passaggio di persona e attrezzare le case con sistemi antincendio da grande albergo. A Roma è stata istituita addirittura una task force del Comune per rimuovere, persino su immobili privati (e non si sa se sia legale), i lucchettoni che servono agli affittuari per entrare. E’ l’atavico odio della sinistra per la proprietà privata, per la libertà di utilizzo dei propri beni, per la libera iniziativa.
Rieducazione alimentare
Sempre con la scusa della sostenibilità (ma anche in questo caso perseguendo il vero obiettivo di abbattere i costi) ecco che il rompicoglionismo eco-molesto della sinistra colpisce anche i bambini, con la ristorazione negli asili e nelle scuole: pochissima carne, niente sale, niente gusto, niente maiale perché ci sono i musulmani, menù vegetariani se non vegani (odiati dai bambini), prevalenza di verdure cotte e pesce lesso.
E osano anche giustificare questo scempio alimentare con una maoistica “rieducazione alimentare” dei bambini. Milano Ristorazione, la società incaricata nella città ambrosiana della preparazione dei pasti salutistici, va in giro con camioncini che c’informano orgogliosi che stanno distribuendo cibi “sostenibili”.
Ci dovrebbero spiegare che cosa significa questo abusato, fastidiosissimo, onnipresente aggettivo “sostenibile”. Chi scrive boicotta sistematicamente ogni prodotto e ogni servizio pubblicizzato dalle aziende con questo odioso aggettivo.
Aboliamo il “sostenibile”?
Andiamo alla rinfusa: sacchetti di plastica “biodegradabili”, ma se ci metti due etti di roba si spaccano. Divieto, a livello mondo, delle cannucce di plastica sostituite da quelle di carta così fastidiose e deformabili che Trump ha trovato il tempo per un ordine esecutivo per abolire questo stupidissimo divieto. Trump ha anche abolito i limiti alla portata d’acqua delle docce americane, voluti dai governi precedenti sempre per l’ecologia.
Proibizione di accendere camini e barbecue in alcune regioni: inquinano. Bevi due bicchieri al ristorante? Ti ritirano la patente. A proposito di vino, la solita Unione Europea ha dichiarato che dal 24 dicembre 2024 si può chiamare “vino” anche quelle ignobili ciofeche dei cosiddetti “vini” senz’alcol. Un’ennesima violenza contro la verità e il buon gusto.
L’isola che non c’è
Ma l’eco-cretineria più emblematica della stupidità e del rompicoglionismo della sinistra, il vertice insuperato della scemenza e della microcefalia europoide rimane l’imposizione di tappi non staccabili dalle bottiglie che impediscono di bere a canna, impicciano, intralciano e graffiano la faccia.
Il tutto per evitare un ipotetico e mai avvistato continente di plastica in mezzo all’oceano, novella Atlantide, in realtà Isola che non c’è. Esempio preclaro dell’isteria plasticofobica degli ecologisti, che dovrebbe essere rubricata tra le malattie mentali. Provvedimento sbeffeggiato in tutta Europa con articoli, memi, video in rete e monologhi di comici.
Ma gli oligarchi verdi di Bruxelles, tetragoni, tristi e mesti come becchini o come gerarchi dell’URSS negli anni ‘70, sono ovviamente privi di ogni spirito umoristico e non capiscono. A loro basta aver stabilito l’ennesima imposizione quotidiana, in modo che tutti i sudditi si ricordino ogni giorno del loro potere.
UE: controllo sociale e tracciamento
Poi la lotta ai contanti, favorita anche da alcuni progetti liberticidi dell’UE e della BCE: aumentare il tracciamento, aumentare il controllo sociale, sorvegliare i conti correnti, favorire ancor di più la chiusura dei conti ai dissenzienti.
C’è da chiedersi quali siano le cause profonde e gli obiettivi finali di questa tendenza al rompicoglionismo quotidiano degli amministratori e degli sgovernanti di sinistra. Insomma, perché costoro ce la mettono tutta, al di là di ogni ragionevole logica, per molestarci, vessarci, impedirci di vivere vite e giornate serene, magari gioiose, muoverci con i mezzi che preferiamo, condurre affari leciti, avere comportamenti e micro-comportamenti normali, gustarci i piccoli piaceri della vita e della buona tavola? Invasamento ideologico? Anche.
Una certa cattiveria, se non malvagità, connaturata all’essere di sinistra (la storia lo dimostra)? Pure. L’odio dei sinistrorsi e liberal per tutto ciò che può dare serenità e gioia, caricature di una caricatura, quel monaco Jorge de Burgos, che odiava il riso, così ben falsificato (i monaci medioevali amavano la gioia e la vita, così come i chierici goliardi dei Carmina Burana) da Umberto Eco nel suo famigerato Il nome della rosa? Certo.
Psicopatologia dei radical chic
Purtuttavia c’è anche un’altra ipotesi. Nel 2021 la benemerita casa editrice Passaggio al Bosco pubblicò un intrigante testo di uno psicanalista e naturopata a indirizzo psicosomatico, Roberto Giacomelli, dall’indicativo titolo: Psicopatologia del radical chic. Narcisismo, livore e superiorità morale nella sinistra progressista.
Ora, considerato che i rompicoglioni liberal-progressisti sono quasi tutti riconducibili a questa categoria di radical-chic così ben descritta da Tom Wolfe, l’acuta analisi di Roberto Giacomelli ci permette di introdurre una nuova causa per questa coazione alla molestia della sinistra: quella psichiatrica.

Spiega Giacomelli, parlando dei nostri molestatori: “chi distrugge scientemente la propria Nazione, annienta la propria storia, decostruisce la propria famiglia e compromette il futuro della propria gente, soffre di un disturbo psichico”. Ancora, l’uomo di sinistra: “prova un odio atavico, spesso compulsivo e isterico per chiunque pensi, agisca o viva altrimenti. Si sente naturalmente superiore: chi non condivide il suo punto di vista non è semplicemente un uomo con un’opinione divergente, ma un rozzo analfabeta da mettere nell’angolo”.
E ancora: “i radical chic dimostrano un malcelato senso di superiorità, sono altezzosi, arroganti e fanno della spocchia e del sussiego la loro cifra espressiva”. Infatti: “Sono impulsivi ed aggressivi: non provano rimorso, ma sottile piacere nel fare del male”.
Come non riconoscere in questa descrizione la stragrande maggioranza dei nostri amministratori rosso-verdi, dei burocrati di Bruxelles, degli intellettuali di sinistra che hanno occupato ogni interstizio del sistema culturale? Perché, ascoltiamo ancora Giacomelli, il radical chic: “soffre di un disturbo della personalità che genera comportamenti disfunzionali, pericolosi per sé e per la comunità di appartenenza”.
Appunto. Quindi, quanto sentiamo qualcuno che, guardando sconsolato l’ormai mitico tappo instaccabile dalla bottiglia, scuote la testa dicendo: “Ma questi sono matti”, possiamo dire che ha ragione. Letteralmente.
Antonio de Felip