Uno dei pochi argomenti, ma sicuramente il più impattante, che accomuna il mondo dei centri sociali e del progressismo con quello dei Patrioti, volgarmente conosciuto come estrema destra, è il sostegno alla causa palestinese.
Un’anomalia sicuramente, che stride con tutte le altre prese di posizioni, più o meno opposte. Come mai, ci chiediamo, le due macro-aree del mondo filopalestinese non depongono le armi e, almeno su questo argomento, non iniziano a sfilare assieme?
La prima risposta alla domanda viene dal modus operandi simil-mafioso del mondo antifascista, che pretende di gestire il “racket” della protesta e non tollera che la torta sia divisa anche con altre realtà ideologicamente non affini.
L’abbiamo visto, ormai quasi due decadi or sono, con le proteste contro la riforma Gelmini sulla scuola, con la contestazione che ancora una volta trovava le due fazioni d’accordo. E l’abbiamo visto anche in alcuni casi di omicidi ingiustificati da parte delle forze dell’ordine. E persino contro le guerre americane.
Il mondo antifascista pretende il monopolio della protesta, l’esclusiva della piazza. E pur di dare contro ai fascisti, o a qualsiasi destra, è disposto a sospendere la sua lotta perché l’antifascismo viene prima di tutto. Ma questo è un discorso più volte affrontato. Il motivo reale della divisione viene soprattutto dalla differenza di approccio.
Gli antifascisti hanno trovato un popolo che subisce ingiustizia, ne hanno fatto un martire, scendono in piazza con le bandiere di tale popolo.
Tutto bello e giusto, se non fosse che l’antifascismo è invece disposto ad accettare, per il suo popolo ossia quello italiano, ogni tipo di sopruso da parte di potenze straniere, per quanto sicuramente meno brutali e criminali rispetto a Israele. Anzi, spesso sentiamo gli antifascisti invocare l’invasione tedesca (della Germania odierna ovviamente, non si pensi male) in quanto Berlino è oggi faro di civiltà e progresso, li sentiamo sentenziare sul loro stesso popolo, ci dicono che la nazione italiana non esiste e non è mai esistita, considerano un nazionalista cattivo chiunque voglia difendere il suo Paese e, ovviamente, dimenticano i vari conflitti sparsi nel mondo.
Patrioti e identitari per altri quindi, il ché rende la loro protesta, per quando giusta, falsa e ipocrita. Combattere per un popolo straniero lanciando qualche sasso ai poliziotti diventa più facile, una lotta fine a sé stessa, cavalcata solo ora da un PD alla frutta dopo che ha sempre sostenuto Tel Aviv, sia da parte della segreteria nazionale che di sindaci locali, che a livello prettamente propagandistico hanno interrotto i rapporti con Israele (e siamo sicuri che Netanyahu starà piangendo per non avere relazioni con Genova o altre città).
I Patrioti, invece, esportano quello che è giusto per la loro Nazione alle altre, difesa delle identità, dei confini, delle proprietà, del territorio.
Quello tra Israele e Palestina non è un conflitto tra opposti patriottismi, ma tra patriottismo vero e un imperialismo spacciato come tale. Un conflitto che si ripercuote su uno scenario più ampio, che vede le Nazioni contro l’atlantismo, contro lo zio Sam.
Quello stesso atlantismo più o meno indirettamente appoggiato dall’antifascismo, che con le sue azioni teppistiche inevitabilmente consegna l’opinione pubblica a Netanyahu e al suo delirio di onnipotenza, supportato da Washington.
Lorenzo Gentile
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