IN MORTE DELLA CIVILTA’ OCCIDENTALE
Il sociologo Alessandro Orsini ritiene che quanto stiamo assistendo in merito alla violenza politica sia da ridurre ad un fenomeno esclusivamente americano. Diversamente dal solito, l’opinionista non dimostra di avere una visione d’insieme. I cambiamenti socioculturali e politici, in senso progressista dem, sono sempre partiti dagli USA, per poi diffondersi, gradualmente, in tutto l’Occidente.
L’ ”americanizzazione” del Vecchio Continente, in tutti gli ambiti, da quello religioso, protestante e soggettivista a quello delle dinamiche parlamentari, delle mode, della musica, dei grandi messaggi mediatici, dei social, dell’ipersessualizzazione, del gender, della riabilitazione di un antifascismo immaginario, della mentalità liberale, liberista e libertina, assieme ad un’impronta da Far West, dal fast food alle follie green e woke, la distopia che genera un mondo al contrario, fra globalizzazione e mondialismo, meticciato e multietnicità sono prodotti d’importazione anglosassone, particolarmente a stelle e strisce.
Il primato dell’economia sulla politica, assieme al potere sovranazionale, al lobbismo, il Dio denaro che rende servi di Mammona che odiano Dio sono disvalori che provengono oltreoceano ed hanno attecchito nell’Europa secolarizzata delle piccole Patrie, culla della civiltà classico-cristiana, demolendo dall’esterno la nostra Tradizione e la nostra Identità. Il denaro è sterco del demonio? Certo, se a debito, attraverso banche private, lo è ancora di più. Ma nell’arco di pochi decenni il consumismo e la società dell’apparire hanno prevalso.
Analisi aberranti
Non esistono più, come dimostrano i fatti, delle situazioni che investono la sfera sociale e politica che si possano ascrivere solo alla matrice. Un certo modello americanista è stato fatto proprio anche qui da noi e detta l’agenda del pensiero unico mainstream, veicolatore di una versione arbitraria, manipolatrice nella deformazione dei concetti ancestrali di “bene e male”. Il cattivo utilizzo del Web e dell’I-phone hanno fatto il resto.
Certamente peggiori del commento X di Osini, sono state tutte quelle analisi aberranti, sconvolgenti, subumane che sono andate nella scia del “se l’è cercata”, provenienti dai soloni dell’antifascismo militante, consueti avvocati difensori di presunti diritti al desiderio contro-natura, araldi dell’ utopistica uguaglianza assoluta, della democrazia, della tolleranza, a parole, per tutto e tutti, sempre i primi a condannare, con lingua tagliente, l’avversario perché non la pensa come loro, per delegittimarlo, renderlo impresentabile rispetto ai canoni della religione progressista, quindi tacitarlo.
C’è una autentica sub-cultura che prevede l’individuazione di un acerrimo nemico, composto da un insieme di stereotipi, che va abbattuto con ogni mezzo perché non abbia più un seguito e che, soprattutto, incarna tutti i mali possibili e immaginabili. Egli non ha pregi, è un diavolo. Ucciderlo non dovrebbe essere reato perché le sue idee sarebbero un crimine di lesa maestà contro l’ideologia progressista, quindi i “buoni” sarebbero legittimati, anche ad ammazzarlo.
Il nemico interno
“Il capolavoro-simbolo della propaganda contro il nemico esterno e interno è, forse, la cartolina diffusa nel 1948 contro il Fronte democratico, che aveva come simbolo un bonario Giuseppe Garibaldi; un ritocco all’immagine, ed ecco che bastava capovolgerla perché apparisse una paurosa raffigurazione di Stalin” (Angelo Ventrone, “il nemico interno”, ed. Donzelli 2006).
Gli slogan delle Br, negli anni di Piombo, avevano un significato profondo perché espressione della barbarica idea del raggiungimento della dittatura del proletariato, anche attraverso l’eliminazione armata di ogni oppositore.
Tipiche del “due pesi, due misure”, ma pesantemente vigliacche, volgari, immorali sono state certe dichiarazioni giustificazioniste e minimizzatrici di personaggi, i quali, di solito si sperticano in accuse di razzismo, omofobia, fascismo verso chi ha la sola “colpa” di pensarla da identitario che sa ben distinguere l’insofferenza da esasperazione delle persone rispetto ad altre roboanti, false e screditanti etichette.
Da parte di questi radical-chic, invitati nei salotti dem, non c’è stata manco un po’ di pietas, tipicamente latina, verso persone assassinate per il colore della pelle bianca, o perché di principi cristiani e conservatori. Solamente cinismo becero e ripugnante, figlio forse di frustrazione, forse di altri guai personali o, peggio, di prassi comune figlia di un’ideologia intrinsecamente perversa.
USA Stato violento
In guardia dalle analisi che, al solo fine di giocare con le nostre paure, presentano il fatto terribile del giorno come l’inizio della fine o il segno che la dittatura è dietro l’angolo o che la Terza guerra mondiale è questione di ore.
Il dato è che gli Stati Uniti sono sempre stati e restano un paese violentissimo, a prescindere da chi sia presidente o dai toni adottati dalla politica in un dato momento. Degli esempi?
Dopo Kennedy e Luter King, assassinati negli anni Sessanta, dopo l’attentato a Ronald Reagan negli anni Ottanta, la strage più grave della storia statunitense causata dal terrorismo interno accadde nel 1995 ad Oklahoma City. Il massacro della Columbine High School è del 1999. È del 2007 la strage peggiore mai avvenuta in un college. Due anni dopo un maggiore dell’esercito uccise 13 colleghi in una base militare. E nel 2011 un uomo sparò alla testa a una deputata del Partito Democratico.
Ma anche Trump ha subito un attentato che lo ferì all’orecchio. Anche Berlusconi ne subì uno, dopo un comizio nella sua Milano. L’Europa potrebbe ricordare Breivik e molti altri episodi di violenza politica, i più gravi gravitanti attorno all’area anarco-insurrezionalista. In Francia, ad esempio, c’è stato l’attacco alla redazione di Charlie Ebdo.
Charlie Kirk
“Charlie Kirk era forse il personaggio più importante e influente della politica statunitense tra quelli che molti in Europa non avevano mai sentito nominare. Ci sono tanti attivisti e influencer conservatori che fanno milioni di visualizzazioni sui social media: Charlie Kirk non era uno dei tanti. Era più potente di quanto sia potente oggi JD Vance, il vicepresidente, per fare un esempio. E in una larga fascia dell’elettorato giovane e conservatore era più influente di quanto sia influente Fox News, per fare un altro esempio” (Francesco Costa, Il Post, 12/09/25)
Nelle Università utilizzava il metodo del confronto aperto con l’avversario liberal tra gli studenti. Piaceva, generava invidie, ma lui era inclusivo, nel senso che dava massimo spazio al dialogo, mantenendo fermezza nei suoi principi etici e religiosi conservatori. Il successo stava nella forza delle argomentazioni. Questo attirava i giovani, e creava i malumori dei Dem abituati a dominare nei Campus. E forse ha scatenato le repressioni più recondite, alimentate dalla società fluida, attraverso l’odio Antifà e i suoi cattivi maestri, nel cervello disturbato di qualcuno.
Il sonno della ragione
Nel 1797 il pittore Francisco Goya incise nella sua opera “I Capricci” la celebre frase: “il sonno della ragione, genera mostri”.

Si tratta di una metafora, per indicare quando la capacità di pensare criticamente, di ragionare e di essere liberi nella parola e nel pensiero viene soppressa, anche da questioni psichiatriche alimentate da tossici ambienti politici, si aprono le porte all’irrazionalità, alla superstizione, alla violenza e all’oppressione. Non vi è niente di più irrazionale della società fluida e del mondo distopico che chiamano bene il male e viceversa.
È quindi una riflessione sul fatto che l’odio è una forza irrazionale che, quando prende il sopravvento sulla ragione, crea distruzione, sopraffazione e fenomeni violenti, un po’ come l’assenza della ragione porta alla nascita di “mostri”. Ma sono “mostri” antifascisti…quindi si può?
Matteo Castagna
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