Beatrice Venezi è tornata al centro delle cronache per la sua nomina alla guida del prestigioso Teatro La Fenice di Venezia, e subito si è scatenata la solita tempesta: titoli indignati, lettere di protesta, voci che mettono in dubbio il suo curriculum.
Nulla di nuovo: il copione è quello che da decenni la sinistra recita ogni volta che un volto non allineato osa affacciarsi sul palcoscenico della cultura italiana.
Eppure i fatti parlano chiaro, e a riportarli è Il Secolo d’Italia: Venezi ha diretto orchestre in Italia e all’estero – dall’Opéra di Metz alla Filarmonica di Nagoya – ed è stata protagonista di eventi internazionali di rilievo, come il concerto per il Giubileo della Regina presso Buckingham Palace.
Una carriera che, a soli 34anni, testimonia talento, dedizione e riconoscimenti ben al di là dei confini nazionali.
Altro che “curriculum modesto”: siamo davanti a una figura di spicco che ha saputo conquistarsi spazio con merito e preparazione. Le critiche? Arrivano sempre dalle stesse parti. Una sinistra che, incapace di accettare che la cultura non le appartenga per diritto divino, tenta in ogni modo di screditare chi non si piega al suo dogma ideologico.
Il conformismo progressista
Per loro, il vero peccato della Venezi non è essere giovane, donna e talentuosa – caratteristiche che in altri casi verrebbero esaltate – ma avere il coraggio di non vergognarsi di essere di destra, di difendere valori identitari e di sottrarsi al conformismo “progressista”.
È questo il punto: Beatrice Venezi rappresenta molto più di un curriculum. È un simbolo. Il simbolo di una destra che non ha più paura di rivendicare il proprio ruolo nello spazio culturale, di una vittoria che rompe finalmente il presunto monopolio che la sinistra ha esercitato, spesso non per merito, per decenni sulla musica, sul teatro, sull’arte in generale.
La sua nomina alla Fenice è un atto di libertà, un segnale che il vento è cambiato e che le lobby ideologiche non possono più decidere chi ha diritto di salire sul podio e chi no.
Il fastidio che suscita tra i soliti noti è la prova migliore della sua forza: se la sinistra si agita tanto, è perché vede sgretolarsi un fortino che riteneva inespugnabile.
E allora, ben venga Beatrice Venezi: bella, brava, preparata, e soprattutto libera.
La sua musica non è solo armonia di note, ma anche il suono limpido di un’Italia che vuole spezzare catene vecchie e arrugginite, riaffermando la sovranità della cultura contro ogni monopolio ideologico.
Gianluca Mingardi
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