PALESTINA ALL’ONU: CONQUISTA O FARSA? – Lo scorso 10 maggio, con 143 voti favorevoli, 9 contrari -tra cui, manco a dirlo, USA e Israele – e 25 astenuti, la Palestina è stata qualificata a diventare Stato membro dell’ONU.
Dispiace e sinceramente fa pure un po’ vergogna che, tra quei 25 astenuti, ci sia anche l’Italia.
Mentre il governo di Netanyahu si appresta a completare il genocidio di Gaza, sferrando il colpo mortale alla popolazione inerme e stremata rifugiatasi a Rafah e il resto del mondo fa finta di niente, quasi si trattasse di un videogioco senza alcuna attinenza con la realtà, al Palazzo di vetro delle Nazioni Unite ha avuto luogo la votazione che in tanti si sono affrettati a definire “storica”.
Palestina all’ONU?
L’Assemblea ha deliberato: la Palestina, finalmente, presenzierà all’ONU non come semplice osservatore ma come paese membro a pieno titolo. Sembrerebbe effettivamente un risultato epocale, peccato che… la cosa non sia finita lì.
Perché la delibera ora deve superare il vaglio del Consiglio di Sicurezza. Si, insomma, quell’istituzione altamente democratica a cui appartengono solo 15 paesi di cui appena 5 sono membri permanenti con diritto di veto: Stati Uniti, Russia, Francia, Cina e Regno Unito.
In pratica le decisioni sulle sorti del mondo sono nelle mani di quei 5 paesi. E, nel caso specifico, gli Stati Uniti hanno già annunciato il loro veto all’ingresso della Palestina tra i membri dell’ONU.
La sceneggiata dell’ambasciatore israeliano
Per cui la festa è già finita prima ancora di cominciare. In più, ci siamo dovuti sorbire la sceneggiata dell’ambasciatore di Israele all’ONU, Gilad Erdan, che ha inserito la Carta delle Nazioni Unite in un tritacarte, come protesta. Questo signore, autentico teatrante, si presenta puntualmente con atteggiamento accusatorio verso il resto del mondo, quasi come se il suo paese non si stesse macchiando di crimini orrendi, e non da oggi, ma fosse, piuttosto, la vittima di chissà quali ingiustizie.
La sindrome di Auschwitz riemerge tutte le volte che Israele, se potesse essere lontanamente considerata una nazione come le altre, dovrebbe finire sul banco degli imputati per le reiterate violazioni del diritto internazionale. E allora ecco che l’attenzione, anziché sulla necessità di pesantissime sanzioni nei confronti di chi sta perpetrando apertamente un genocidio, si sposta sulla pagliacciata della Carta dell’Onu nel tritacarte.
Il Consiglio di Sicurezza
È oramai del tutto evidente che il meccanismo dei veti e delle prerogative dei membri permanenti del Consiglio di Sicurezza abbia fatto il suo tempo e debba essere radicalmente riformato. Perché, così com’è, si traduce dichiaratamente nella dittatura dei più forti. E quindi tutte le belle parole sui diritti, tutta la melassa su mitologiche dichiarazioni, tutte le chiacchiere su principi fondamentali dimostrano di fondarsi sul nulla e di essere solo uno specchietto per le allodole, buono a tenere sotto controllo il dissenso e a giustificare ogni censura.
Nel frattempo, Netanyahu prepara l’assalto finale a Rafah, tranquillo del fatto che dal potente alleato a stelle e strisce arriverà, al massimo, qualche rimbrotto. Condito, beninteso, da fiumi di armamenti. Dopotutto, gli Stati Uniti mica possono rischiare di passare per una nazione “antisemita”…
Raffaele Amato
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