Kamala, Donald e Rigoletto – «Questa o quella per me pari sono a quant’altre intorno mi vedo» cantava il Duca di Mantova nel primo atto dell’opera verdiana del Rigoletto.
Ed è in quest’ottica che guardo alle imminenti elezioni USA delle quali non me ne è mai fregato più di tanto perché in realtà cambia la locomotiva e il suo conduttore ma non cambia il percorso, non cambiano le fermate e quel che è peggio è che le porte sono tenute chiuse da intransigenti controllori, simili a kapò1, e non c’è modo di scendere a meno di arrivare alle mani col controllore e forzare l’uscita.
Però in questo caso la «quaestio» dei presidenti assume un valore particolare che mi appassiona (che parolona per dire che me ne frega solo un po’ meno): uno è bianco, che più bianco non si può, e l’altra non è nera, ma ha quella giusta sfumatura di colore che non può non piacere ai frequentatori della Capalbio estiva.
Ma non solo, entrambi sono agli antipodi che più antipodi di così non si può sia per quanto attiene alla morale sia per quanto attiene alla visione geostrategica… altro che Carter-Reagan o Bush-Clinton e poi Bush-Obama.
Inoltre, in questo caso, uno è maschio (e che maschio!) l’altra è femmina (ma, pur essendo una bella signora, potrebbe anche ripensarci) … di che far eccitare il gotha degli avventori della Capalbio estiva.
Scherzi a parte:
Se vincesse la Harris ci toccherebbe un periodo di revival delle esecrande scemenze del ’68.
Scemenze che, la Harris, continua a vomitare in un crescendo wagneriano a cui accompagna una politica geostrategica che ci terrebbe sulla corda tra l’Iran, Stato canaglia da colpire (ma potrebbe incanaglirsi qualcun altro), e la Russia da schiacciare sempre più verso oriente. Per la Harris, Putin è un tiranno nazifascista che vuole arrivare a Parigi.
Se invece vincesse Trump, potremmo avere un periodo di relativa tranquillità perché pare di capire che abbia l’intenzione di flemmatizzare quell’attivismo geostrategico (sempre risoltosi in un bel «rebelot») che caratterizza l’amministrazione dei Presidenti statunitensi dem (i più pacifici e giusti per definizione), da sempre applauditi da quelli della Capalbio estiva.
Inoltre, last but not least, a favore di quel presidente che più bianco non si può c’è il ricordo di una più accorta politica statunitense nei confronti del mondo arabo-islamico, avviata con lo smantellamento di quella demenzialità, promossa dal binomio Hillary Clinton – Obama, che rispondeva al roboante nome di “Primavere arabe”.
Iniziativa demenziale che aveva mandato in visibilio i democratici de noantri, sempre pronti a scimmiottare i loro confratelli d’oltreoceano e a praticare la peggiore sicofantia2, quella del kapó in salsa scolaresca che riesce tanto bene alla nostra sinistra, tipo: “signora maestra Ugo è cattivo perché ha fatto il saluto romano e ha risposto presente!”
Corrado Corradi
Note1 I kapò erano i sorveglianti ebrei, dei detenuti ebrei nei lager. Il peggio della sicofantia
Note2 Sicofante, sicofantia: il responsabile di delazioni o di calunnie, il denunciare e calunniare
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