Sono passati otto anni da quei giorni infuocati a San Ferdinando di Puglia, quando gli operai agricoli, esperti del settore della coltivazione e raccolta delle pesche e dell’uva, si sollevarono contro lo sfruttamento ed il caporalato.
A guidarli c’era il SINLAI – Sindacato Nazionale Lavoratori Italiani, con in prima fila Mattia Calorio, e con la direzione strategica di Valerio Arenare da Roma.
Un sindacato giovane ma già protagonista in diverse regioni italiane, che riuscì a scrivere una pagina fondamentale del sindacalismo autonomo.
La scintilla della protesta
Le condizioni di lavoro erano diventate insostenibili: turni massacranti, salari da fame e contratti irregolari. Fu allora che il SINLAI prese le redini della rabbia popolare.
Mattia Calorio guidò fin dal primo momento la rivolta in prima fila, affiancato sul campo da suo padre Ruggero Calorio, personaggio fondamentale di quelle giornate, recentemente scomparso ma rimasto nel cuore di chi visse la protesta.
Un sindacato già protagonista altrove
La mobilitazione di San Ferdinando non fu un episodio isolato. Il SINLAI, infatti, aveva già alle spalle lotte importanti in diverse regioni italiane: In Abruzzo, dove Arenare e il giovane avvocato Giustino D’Uva, che affiancò Arenare nella direzione nazionale del Sindacato, guidarono battaglie per i diritti dei lavoratori.
Nel Lazio, con mobilitazioni a difesa di precari e disoccupati. In Campania, dove il sindacato fu tra i protagonisti delle proteste sulla Terra dei Fuochi, denunciando condizioni ambientali e lavorative drammatiche. In Piemonte, con la presenza e la guida dei lavoratori coordinati da Luigi Cortese, che diede forza alle mobilitazioni locali.
In Lombardia, dove il sindacato si impegnò nelle battaglie per i diritti degli operai e dei braccianti. In Puglia, oltre a San Ferdinando, anche a Barletta, Foggia e Brindisi, portando nelle piazze la voce dei lavoratori sfruttati, sempre sotto il coordinamento di Calorio.
Una lotta senza partiti
La rivolta di San Ferdinando fu popolare e spontanea, senza il sostegno dei partiti politici.
L’unico appoggio esterno arrivò da Forza Nuova, all’epoca guidata in zona da Mimmo Carlucci. Questa circostanza valse al SINLAI l’etichetta di “Sindacato nero”, ripresa anche dal Fatto Quotidiano, che definì Valerio Arenare “Il Sindacalista Nero” e dedicò due pagine interne alla cosiddetta “Battaglia del Grano del SINLAI”.
La contrattazione in piazza
Il momento decisivo fu la contrattazione con le aziende agricole: avvenne in piazza, davanti a tutti i lavoratori, alla luce del sole. L’interlocutore diretto era Mattia Calorio, mentre Arenare interveniva telefonicamente da Roma. Un atto di trasparenza che restituì dignità ai braccianti, permettendo di strappare risultati concreti: aumenti salariali, garanzie contrattuali, rispetto dei turni e impegni sulla sicurezza.
La percezione immediata dei braccianti
I braccianti che scesero in sciopero riconobbero merito diretto al SINLAI e a Valerio Arenare e Mattia Calorio per aver organizzato e guidato la protesta, perché: lo sciopero nacque da quel fronte, non dai tavoli sindacali tradizionali; l’aumento salariale fu ottenuto subito dopo la mobilitazione, quindi vi fu un legame causa-effetto evidente; Calorio seppe comunicare questo risultato in modo forte e diretto, mettendosi in prima linea con i lavoratori.
Le polemiche con la CGIL
La vittoria del SINLAI non fu accolta positivamente dalla CGIL, che, rimasta esclusa dalla trattativa – anche perché fino ad allora era rimasta in silenzio, limitandosi a inutili contatti e tentativi di convocare tavoli tecnici – si affrettò a organizzare un incontro parallelo con aziende e Comune, siglando un accordo peggiorativo per i lavoratori rispetto a quello ottenuto dal SINLAI.
Quell’accordo, tuttavia, divenne l’accordo ufficiale, per la gioia delle aziende, in quanto la CGIL era firmataria di CCNL e il SINLAI no.
La CGIL rivendicò la paternità della vittoria. Ma a riconoscere la verità furono i braccianti, il popolo di San Ferdinando e i giornali, che continuarono a dare spazio al ruolo del SINLAI, considerandolo il vero sindacato vittorioso.
Fu infatti il SINLAI a iniziare la lotta e a far capire alle aziende che avrebbero dovuto cedere, altrimenti i lavoratori erano pronti a fermarsi nuovamente e a riprendere blocchi stradali, scioperi e lotte di piazza.
Le critiche dalla sinistra e da Soumahoro
Non mancarono le critiche anche da posizioni politiche tradizionalmente vicine alla sinistra: fu accusato il SINLAI e Calorio di aver utilizzato metodi squadristi, nonostante si trattasse di scioperi regolarmente autorizzati.
Tra i più duri fu Aboubakar Soumahoro, che attaccò il sindacato proprio a San Ferdinando di Puglia, una settimana prima dello scandalo che lo avrebbe travolto: l’accusa di aver lucrato, insieme alla sua famiglia, sulla gestione di alcune cooperative di accoglienza per migranti, vicenda che fece scalpore in tutta Italia.
Soumahoro intervenne durante la Fiera Nazionale del Carciofo di San Ferdinando, dove fu premiato come eroe della lotta al caporalato.
In quell’occasione, gli organizzatori evitarono volutamente di citare la ricolta più importante di San Ferdinando di Puglia organjzzata dal SINLAI, di Mattia Calorio e di Valerio Arenare, nel tentativo di oscurare una vittoria ottenuta da un sindacato non gradito alla sinistra tradizionale, sperando che quella pagina di lotta venisse presto dimenticata.
L’eco mediatica
Oltre alle televisioni locali, regionali ed alcune testate nazionali che intervistarono più volte Mattia Calorio, anche durante i blocchi stradali notturni, si interessarono anche il Fatto Quotidiano, che dedicò due intere pagine alla vicenda, e Valerio Arenare fu ospite in diretta a Radio Rai insieme a un economista di fama internazionale, un docente della Bocconi di Milano e Emma Bonino.
Un’eredità storica per il sindacalismo autonomo
Oggi il SINLAI non esiste più come sindacato, ma quelle giornate rimangono storiche per l’intero sindacalismo autonomo italiano, che continua a battersi non solo contro lo sfruttamento padronale ma anche contro la prepotenza dei sindacati maggiormente rappresentativi.
A otto anni di distanza, la “Battaglia del Grano” resta la prima grande rivolta contro caporalato e agromafia nella zona, condotta da un sindacato semisconosciuto e da oltre un migliaio di lavoratori pronti a tutto per difendere i propri diritti.
E insieme a quel ricordo resta indelebile la figura del giovanissimo sindacalista Mattia Calorio, del sindacalista Valerio Arenare, di Giustino D’Uva e Luigi Cortese, di un sindacato nato dall’idea di un pugno di sindacalisti militanti che si ispirarono al sindacalismo rivoluzionario di Filippo Corridoni e, sicuramente, di Ruggero Calorio, simbolo silenzioso ma potente di quella lotta che continua a vivere nei cuori di chi partecipò.
Valerio Arenare
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