L’introduzione dell’euro è stata presentata come un’opportunità storica.
Oggi, dopo oltre vent’anni, possiamo dire che è stata una delle più grandi illusioni collettive della nostra storia repubblicana.
Dietro slogan ottimistici e promesse di prosperità, si è celata una trasformazione radicale: l’Italia ha abbandonato la propria sovranità monetaria e fiscale, entrando in un sistema pensato su misura per economie diverse dalla nostra, con effetti devastanti sul piano sociale, industriale e occupazionale.
I numeri del fallimento • PIL: crescita media annua Italia 2001–2023: +0,2% (contro +1,3% in Germania) • Salari reali: -1% in Italia (1990–2020), +33% in Germania • Disoccupazione giovanile: 22% in Italia, 5,8% in Germania • Debito pubblico: da 1.300 miliardi (2000) a quasi 2.900 miliardi (2024) • Industria manifatturiera: oltre 32.000 imprese perse tra 2001 e 2019 La moneta unica ha favorito pochi, penalizzando molti L’euro ha premiato chi era già forte: economie esportatrici come la Germania, che ha goduto di un cambio sottovalutato rispetto al vecchio marco.
Il vincolo esterno
L’Italia, invece, ha perso competitività, margini e strumenti di difesa. La retorica del “vincolo esterno” ha portato solo tagli e riforme punitive: sanità, scuola, pensioni e salari pubblici sotto torchio per soddisfare parametri imposti da Bruxelles, spesso contro ogni logica economica. Scelte politiche mai sottoposte al giudizio popolare.
L’adesione all’euro non è mai stata votata dai cittadini. È stata una decisione strategica calata dall’alto, giustificata con promesse mai mantenute. Le sue conseguenze si sono rivelate socialmente esplosive.
Nel 2012, con la crisi dello spread, l’Italia fu sottoposta a un commissariamento di fatto da parte dei mercati e della BCE, con un governo tecnico e manovre lacrime e sangue che hanno colpito le fasce più deboli. La politica economica è stata sottratta al controllo democratico.
E ora Bruxelles finanzia la nuova industria tedesca sotto il nome di “difesa europea” Nel marzo 2024, la presidente della Commissione UE Ursula von der Leyen ha annunciato ufficialmente un “European Defence Industrial Strategy”, il primo vero progetto di riarmo continentale, con una proposta di finanziamento da centinaia di miliardi di euro (fonte: comunicato UE, COM(2024) 136 final).
Il piano Marshall pro Germania
Obiettivo dichiarato: “rafforzare la base industriale di difesa dell’Unione”. Obiettivo reale: sostenere la riconversione dell’apparato industriale tedesco — in crisi per la transizione green, l’elettrificazione forzata dell’automotive e il crollo delle esportazioni verso la Cina — verso un nuovo asse strategico: il comparto militare.
Il modello è già chiaro: Rheinmetall, Krauss-Maffei Wegmann, Diehl Defence — colossi bellici tedeschi che ricevono massicci ordini pubblici e si candidano a diventare la nuova locomotiva industriale del continente.
E chi pagherà questo “piano Marshall per l’industria bellica tedesca”? Sempre noi: ancora una volta, l’Italia contribuirà più di quanto riceverà, come già avviene da anni.
Senza che nessuno a Roma abbia voce in capitolo reale sulla direzione strategica della cosiddetta “difesa europea”. Un bilancio che impone una riflessione seria L’euro non ha unificato l’Europa: l’ha divisa.
Italia subordinata
Ha creato squilibri permanenti e una gerarchia economica in cui l’Italia è diventata un Paese periferico, dipendente dalle scelte dei Paesi centrali.
Ora, sotto la copertura della “sicurezza europea”, si tenta un nuovo colpo di mano industriale: si rilancia la produzione bellica come volano economico e si socializzano i costi a livello europeo. Una logica che non nasce dalla solidarietà, ma dalla sopravvivenza del sistema tedesco. Conclusione Non è antieuropeismo dire la verità.
È onestà intellettuale riconoscere che l’Italia, in questo assetto, paga per una costruzione che non controlla, non guida e da cui ricava sempre meno.
L’euro ci ha impoveriti. Ora il riarmo europeo rischia di caricare sul nostro debito anche l’industria bellica altrui. La storia chiederà conto di chi ha accettato tutto questo in silenzio.
E, almeno stavolta, non potrà fingere di non sapere.
Gianluca Mingardi
Il 2diPicche lo puoi raggiungere
Attraverso la Community WhatsApp per commentare le notizie del giorno:
Unendoti al canale WhatsApp per non perdere neanche un articolo:
Preferisci Telegram? Nessun problema:
Complimenti vivissimi a Gianluca Mingardi per questa “fotografia” lucida e spietata.
Povera Patria nostra. Non trovo altre parole se non quelle del ciri dal Nabucco.
Oh mia Patria si bella e perduta!