In queste ore i canali d’informazione registrano spostamenti senza sosta di velivoli e navi delle forze armate americane, che su ordine dei vertici militari statunitensi stanno convergendo nelle zone limitrofe o limitanee all’area d’interesse: il Medio Oriente: l’Iran. E questo movimento di mezzi e uomini sia dalla sponda orientale dell’Atlantico che dall’area del Pacifico avviene sotto gli occhi delle istituzioni europee, impotenti di agire ma ancora di esprimere “opinioni” al guinzaglio a riguardo.
Come il primo ministro italiano Giorgia Meloni, che ha rimarcato la necessità di riaprire i negoziati con l’Iran e di cessare il fuoco. Diversa, invece, la posizione del presidente francese Emmanuel Macron come ha riportato France24, che è stato sbeffeggiato dal presidente americano Donald Trump, il quale ha affermato che “Emmanuel always gets it wrong”.
Non è una novità che siano gli Stati Uniti a dettare legge nel cortile di casa europeo, una pratica consolidata oramai da decenni, da quando l’ultimo conflitto mondiale ha trasformato il continente in un suddito del gendarme planetario, per l’appunto gli Stati Uniti.
Nello scacchiere geopolitico mediorientale la situazione potrebbe diventare più seria di quanto appaia, Teheran rappresenta l’ennesimo bivio di fronte al quale i vertici europei, a scanso di colpi di scena, non potranno che scegliere la via dettata dalla presidenza americana, e osservare ancora una volta una nuova crepa nel vaso di coccio qual è il Medio Oriente, reso già instabile dai conflitti susseguitisi nei decenni passati, passando dall’Iraq per l’Afghanistan e la Libia; una crepa che avrebbe come conseguenza la caduta del regime iraniano degli Ayatollah secondo la dottrina del ‘regime change’ e l’instaurazione di un regime fantoccio o comunque in linea con le direttrici politiche dettate da oltreoceano.
La dichiarazione del presidente americano Donald Trump in merito alla necessità di porre fine al conflitto israelo-iraniano e di escludere l’opzione del ‘cessare il fuoco’ è l’opzione più preoccupante, poiché per Teheran costituisce un aut aut esistenziale: decidere per la fine dello scontro armato con Israele – e Stati Uniti – e di conseguenza rinunciare all’indipendenza sull’energia nucleare, oppure, dovesse rifiutare, entrare in un conflitto aperto contro Israele e la prima potenza al mondo. E a giudicare dagli obbiettivi che i missili israeliani colpiscono in queste ore – centri radiofonici e di telecomunicazioni, senza dimenticare le infrastrutture come gli aeroporti civili colpiti nei giorni passati – il bivio di fronte al quale viene messa Teheran rende lo scenario di un conflitto ancora più concreto.
E gli europei? Gli europei guardano e aspettano, tra una notizia e una scrollatina di contenuti su Instagram o, al più, di spalle di fronte all’ennesima prova di forza di Israele e Stati Uniti da una parte e di impotenza del continente dall’altra parte, che subirà i danni di una guerra che sembra imminente.
È probabile che un altro stato indipendente dovrà cadere sotto la prepotenza di potenze che non hanno mai dimenticato il principio di natura della legge del più forte, che l’Europa ha voluto invece dimenticare illudendosi che così facendo gli altri attori politici globali si sarebbero adeguati alla sua illusoria visione; percezione errata che forse lascerà l’Europa fuori dalla porta degli eventi che scardinano e rivoluzionano i meccanismi della Storia.
Di Riccardo Giovannetti
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