Ormai non c’è settore economico in Europa che non sia messo in profonda crisi dalle scelte scellerate delle istituzioni di Bruxelles. Lo scorso 6 maggio la Commissione Europea ha varato un programma che prevede l’azzeramento entro il 2027 delle forniture russe su qualunque fonte energetica.
Quindi non solo gas, ma anche petrolio, uranio e gas naturale liquefatto. La motivazione ufficiale di questa manovra è, nemmeno a dirlo, la solidarietà all’Ucraina. Per fortuna non dovrebbe esserci l’unanimità dei 27 paesi della UE, vista la contrarietà al piano dell’Ungheria e, probabilmente, anche della Slovacchia. Ma i burocrati sono già al lavoro per introdurre soluzioni con maggioranze qualificate.
Forniture a basso costo
Le forniture russe hanno garantito sinora qualità dei prodotti a prezzi molto competitivi e il programma della Commissione sta gettando nel panico molti investitori e i vertici delle industrie chimiche europee, che stanno valutando di spostare le loro sedi produttive.
Colossi del settore come Shell, BP, Sabic, Dow, Ineos hanno in programma la chiusura dei loro stabilimenti europei, per via degli incrementi dei costi dell’energia che si prospettano. Questo si tradurrebbe nell’ennesimo disastro economico, con perdite elevatissime di posti di lavoro.
Solo in Italia il settore chimico impiega 113.000 addetti. Insomma, dove non era ancora arrivata l’ideologia green, ci sta pensando la guerra senza quartiere alla Russia. E, sempre più chiaramente, si va delineando in quale direzione potrà trovare occupazione tanta forza lavoro.
Le armi
Nell’industria degli armamenti. Il valore di mercato del gigante tedesco Rheinmetall è in rapidissima crescita, con una capitalizzazione che ha già superato quella del Gruppo Volkswagen. Brillantissimi sono pure i risultati di Thyssenkrupp Marine Systems e di Diehl Defence.
Anche in Italia, con la motivazione di salvare i posti di lavoro che si stanno perdendo nel settore automotive, il governo spinge verso la “diversificazione” industriale, che altro non è che la conversione a favore dell’industria bellica.
In Francia la Fonderie de Bretagne, nei pressi di Lorient, che fornisce principalmente l’industria automobilistica, si avvia ad essere salvata dalla chiusura grazie al fondo di investimento Europlasma proprio in forza della sua riconversione verso il mercato degli armamenti. Si parla di un orizzonte produttivo di un milione di proiettili all’anno.
Il fantasma dell’invasione
È un quadro preoccupante, che parla di un passaggio verso un’economia di guerra, agitando da un lato il fantasma dell’invasione russa e dall’altro la possibilità di recuperare centinaia di migliaia di posti di lavoro.
A questo punto viene da chiedersi se davvero le politiche economiche europee, che stanno facendo precipitare il continente verso la desertificazione industriale, siano state dettate da semplici incompetenza e furore ideologico o non siano, piuttosto, state ispirate da torbidi interessi volti, ancora una volta, a privilegiare la Germania, oltre che le multinazionali delle armi, con il rischio, sempre più concreto, di nuovi apocalittici scenari di guerra.
Mala tempora currunt.
Raffaele Amato
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