L’Italia, come si sa, non è un produttore di materie prime, tanto meno ha mai avuto una significativa industria per l’estrazione di petrolio o altre materie per la produzione di energia.
Questo limite è risultato più evidente con l’industrializzazione del paese quando le aziende hanno avuto maggiore necessità di forza motrice per gli stabilimenti produttivi e poi del carburante necessario per i mezzi di trasporto. Persino la flotta militare ha sempre dovuto combattere con la scarsità di carburante.
IL FASCISMO E IL PETROLIO
Nel 1926, il Fascismo fondò una società, l’Agip (Azienda Generale Italiana Petroli), per tentare di superare questo limite e nel 1934 ci riuscì grazie a degli accordi con il governo iracheno, costituendo una joint venture, la MOF (Mossul Oil Field) dove l’Agip iniziò con un 26% di quote. Era stato trovato molto petrolio nella regione curda di Mossul, ancora ricchissima ai giorni nostri. Poi, in due diverse fasi, l’Agip portò la sua quota fino al 52% nel 1935. L’Agip aveva conquistato la fiducia del governo iracheno e, contemporaneamente, l’Italia aveva conquistato l’indipendenza energetica per la prima volta dopo secoli di storia.
Poteva essere accettata questa circostanza da parte dei paesi capitalisti? Certo che no. Infatti si mosse subito l’Inghilterra e chiese all’Italia di cedere la sua quota nella MOF, altrimenti non avrebbero fatto passare le navi italiane dirette in Etiopia. Grandi riferì le seguenti parole di Mussolini: “… gli inglesi poi mi possono giocare un brutto scherzo e io non posso fermare in Etiopia le truppe con un embargo”. Potevano gli inglesi bloccare le navi da trasporto italiane? Ognuno giudichi da solo, la seguente a la flotta inglese appositamente dislocata nel Mediterraneo:
- Le corazzate Nelson e Rodney.
- Gli incrociatori Orion, Leander, Neptune, Gyge, Wesse, Veroy, Geva, Valorous, Exeter e Ajax.
- I cacciatorpediniere Kempenfelt, Comet, Crescent, Faulknor, Fearless, Fortune, Fame, Forester, Foxhound, Firedrale, Foreight, Froy.
- I sottomarini Titania, Seawolf, Snapper, Sturgeon, Swordfish e Oberon, oltre ad altri 3 sottomarini identificati con le sigle “123”, “126” e “127”.
- Il naviglio di supporto.
- La portaerei Furious.
Abbastanza chiaro così?
Nel 1937, a seguito di questa prepotenza, l’Agip cedette le suo quote alla IPC inglese per la misera somma di 350.000 sterline. E addio indipendenza energetica.
MATTEI FA IL SOVRANISTA E MUORE
Il 6 maggio 1945, finita la guerra, Mattei sfila con i dirigenti del CLNAI con aria vittoriosa per le strade di Milano. E’ in prima fila tra i capi, il secondo da destra nella foto. Dopo gli viene affidato il settore energetico e quindi l’Agip, poi trasformata in Eni.
Da bravo manager e imprenditore cerca di stipulare dei nuovi accordi per l’approvvigionamento energetico, necessario all’Italia che sta ripartendo nel dopo guerra. Il problema era tale e quale a quello che aveva trovato il Fascismo negli anni ’20.
Così stipula dal 1958 vari accordi petroliferi, tranquillo, senza il permesso degli Usa, uno dei quali addirittura con l’Urss. Mattei avrà pensato: “Come partigiani siamo stati alleati degli Usa e ora siamo un paese amico, non mi bloccheranno come successe con Mussolini. Io poi sono della DC, il primo loro alleato in Italia”.
Invece Mattei venne redarguito più volte, ma, poiché ignorava i richiami, nel 1960 ci fu un avvertimento pubblico da parte del New York Times, dove si accusava Mattei letteralmente: “… di non mantenere i patti stipulati nel dopoguerra, di avere rotto gli equilibri del mercato dei prodotti petroliferi, scavalcando e danneggiando con la sua egoistica autonomia non solo gli interessi delle grandi compagnie ma anche di avere compromesso futuri equilibri politici”. Sembrava proprio che gli stessero dicendo: “Stai attento che con noi ti fai male”. Che stile.
La morte di Mattei
Il 27 ottobre 1962 Mattei moriva nel cielo di Bascapè, nel Pavese, cadendo con il suo aereo così come, a suo tempo, caddero il Duca di Kent (25 agosto 1942) e il generale polacco Sikorski (4 luglio 1943), altri due spiriti liberi. Erano passati 28 anni da quando Mussolini aveva tentato l’indipendenza energetica.
La morte di Mattei accese subito grandi sospetti e, non a caso, fu apposto il segreto di Stato. Nonostante ciò, in un libro pubblicato nel 1996, il prof. Giorgio Galli poteva anche affermare con cognizione di causa che, nei tre decenni precedenti, «mezza Italia» aveva «ricattato l’altra metà» con ciò che sapeva della morte di Mattei.
Ancora di più, si sospetta che le morti del giornalista Mauro de Mauro e di Pier Paolo Pasolini siano legate a delle loro indagini sulla morte di Mattei. Più varie altre morti sospette per gli stessi motivi.
Mattei doveva aver percepito il pericolo di un fuoco amico e quindi non appaia strano che, come pilota del suo aereo di servizio, avesse scelto un ex pilota decorato della Rsi, Irnerio Bertuzzi, morto con lui nello scoppio a bordo e poi nello schianto. Si fidava più di un nemico epurato dopo il 1945, che dei suoi amici partigiani.

Il Tenente pilota Irnerio Bertuzzi. Insignito di tre Medaglie d’argento e una di bronzo al valor militare, e della Croce di Ferro di I e II classe tedesche
Probabilmente, questa scelta diede lo spunto per l’ultima infamia nei suoi confronti tramite le parole di Lester Simpson, capo della Cia a Roma. In un rapporto dell’11 agosto 1965, avanzò la tesi che “Mattei fosse un fascista e che si fosse rifatto l’immagine comprando per cinque milioni di lire il titolo di partigiano dai democristiani, e che proprio in queste sue supposte origini politiche fosse da ricercare la ragione per cui si oppose agli interessi statunitensi in Italia”. Insomma, secondo Simpson c’era poco da rammaricarsi, qualcuno aveva solo ammazzato un fascista infiltrato.
In realtà, quella di Mattei è la sorte che tocca a chiunque non voglia inginocchiarsi agli imperi economici.
Carlo Maria Persano
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