Il fatto non sussiste.
Incomprensibile come la Suprema Corte abbia concesso ad uno dei migranti, che fu a bordo dell’imbarcazione della Guardia costiera fermata nell’estate del 2018, un indennizzo per essere stato trattenuto per giorni sull’ormai famosa nave Diciotti.
Se l’allora Ministro dell’Interno, Matteo Salvini, è stato assolto per non aver commesso il fatto, significa che il fatto in sé, quindi il sequestro non sussiste.
La causa intentata da 40 migranti, respinta in primo ed in secondo grado, ha trovato l’assurdo consenso al terzo grado di giudizio, per uno soltanto dei denuncianti, il solo che ha proseguito nell’azione legale.
La trappola giudiziaria
Si tratta di follia pura, di un pericoloso precedente, di cui non ci stupiamo.
Ormai è chiaro a tutti. Coloro dotati di intelletto e senza fette di salame sugli occhi sanno che l’Italia non è più una Nazione sovrana ma un semplice approdo, utile allo sbarco di etnie non europee allo scopo di saturare l’Europa.
Uno o quaranta non cambia la gravità della questione.
Sequestro di persona
Assodato che sette anni or sono non ci fu alcun sequestro di persona, nei panni del Ministero dell’Interno, nella persona di Matteo Piantedosi, non dormiremmo sonni tranquilli. Nascondere la testa nella sabbia non è mai saggia decisione per la propria salute.
Dormendo sulla questione, dicendosi seraficamente tranquillo che nulla di quanto lo stesso Ministero fu additato e accusato è accaduto, non mette al riparo gli italiani da una punizione economica e morale severissima.
Il risarcimento in denaro deve essere dunque pagato e lo pagheranno – come sempre – gli italiani.
Dalla parte dei clandestini
Il rischio è che altri migranti colgano la palla al balzo e si avvalgano di sporgere denuncia con conseguenze gravissime sul portafogli e sulla tranquillità del popolo, ma soprattutto di prestigio dello Stato, poiché uno Stato che non è in grado di gestire l’afflusso nel suo territorio, che vessa i suoi cittadini a favore di chi approda illegalmente o meno sulle coste nazionali, non è uno Stato, ma una pedina muta e servente.
Ripertelo è ormai una noiosa reiterazione.
Il punto è che “vincere è un’abitudine, ma sfortunamente lo è anche perdere”.
Non vogliamo essere disfattisti a tutti i costi, ma visto ciò che accade quotidianamente lungo tutte le nostre coste, sta costando caro, anzi carissimo.
Il gioco di parole può far sorridere, ma ahi noi, l’italiano continua a piangere…
Cristian Borghetti
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