La Sagra di San Fermo, in Brianza, è il nuovo fronte della cancel culture! Sì, avete capito bene. Non bastavano le statue cadute, i libri “sensibili” riscritti, o le fiabe depurate dal patriarcato. Ora, la battaglia per un mondo più puro e salutare si combatte a colpi di salamelle vietate.
L’amministrazione di centrosinistra, guidata dalla sindaca Veronica Gallo, evidentemente stufa di vedere il popolo bue ingozzarsi di grassi saturi e tradizioni anacronistiche, ha deciso di dare un taglio netto. Via le salamelle, troppo “unhealthy”. Addio alla sfilata dei trattori, quella “busecada” che tanto sapeva di nafta e retrogusto rurale. E che dire della mostra zootecnica? Roba vecchia, meglio una “fattoria didattica” dove i bambini, invece di vedere animali chiusi in un recinto (orrore!), potranno finalmente “interagire” con loro. Probabilmente insegnandogli le basi del compostaggio e l’importanza della parità di genere.
La sindaca, con la disinvoltura di chi sta compiendo un’opera di civilizzazione, bolla le proteste come “strumentalizzazioni”. Certo, perché voler mangiare una salamella alla sagra del proprio paese è un atto politico eversivo, non un semplice desiderio gastronomico. E poi, diciamocelo, la salute è “trasversale”, mica si può scherzare con la “Rete delle città sane”! Un concetto talmente innovativo da far impallidire i visionari del Green Deal.
La Lega, ovviamente, è insorta. Alessandro Corbetta, capogruppo in Consiglio regionale, si straccia le vesti sui social (rigorosamente bio e sostenibili, immagino): “Cancellati i simboli identitari della nostra tradizione contadina!”. Immaginate il dramma: generazioni cresciute tra salamelle e trattori, ora private dei loro riferimenti culturali. È come togliere la Tour Eiffel ai parigini o la pizza ai napoletani. Un colpo al cuore dell’identità brianzola.
E l’associazione “Amici di San Fermo”? Hanno deciso di fare un passo indietro. Scandalizzati, probabilmente, dall’idea di dover condividere l’organizzazione con “altre associazioni”. Perché si sa, la salute è importante, ma la condivisione? Quella è roba da hippy, non da sagra tradizionale.
Insomma, il messaggio è chiaro: svegliatevi, popolo di consumatori inconsapevoli! La classe politica illuminata, con la sua penna rossa e le sue idee avanguardistiche, è qui per salvarvi da voi stessi. Che si tratti di riscaldare le case col pannello solare anche a gennaio o di spiegare ai bambini che il genere è un costrutto sociale, poco importa. L’importante è che la visione manichea dei “maestrini” venga imposta, con la scusa più ridicola e fantasiosa che il politicamente corretto possa partorire.
D’altronde, chi ha bisogno di salamelle e tradizioni quando si può avere un “approccio più olistico” alla sagra? Magari il prossimo anno ci sarà un corso di yoga al posto della busecada e un seminario sulla sostenibilità delle farine integrali al posto della mostra zootecnica. E se qualcuno oserà protestare, sarà etichettato come “terrapiattista” o, peggio ancora, “amico della salamella”.
La Brianza, un tempo terra di laboriosità e buone forchette, si avvia a diventare un faro di wokismo salutista. Preparatevi, perché la prossima battaglia potrebbe essere contro il cotechino a Capodanno. Perché, diciamocelo, la tradizione è bella, ma la coerenza ideologica è meglio. E l’idiozia, beh, quella è davvero incancellabile.
Redazione
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