Scusate tutti, amici e simpatizzanti della Destra italiana: dov’è lo scandalo? Fratelli d’Italia cancella la fiamma tricolore dal suo stemmino? Finalmente! Era ora, altro che sacrilegio! Anche perché, per una volta, ha ragione Guido Crosetto: quando fu fondato, il partito al governo, la fiamma mica c’era.
Fu aggiunta dopo, come ricorda Fabio Rampelli, per furbatina elettorale, perché, nei tempi di magra, la fiamma è pur sempre la fiamma.
D’altro canto, bando ai nostalgismi! Intorno a quel simbolo, si combatte una ben strana guerra ideologica. In questo momento, è in uso – non in possesso: quello dovrebbe essere appannaggio della Fondazione An – a un partito che non lo vuole più.
La Fiamma fa gola?
Appresa la possibile dismissione, fa gola a chi, quando il Msi era in vita e godeva di ottima salute, a quella fiamma preferiva altri simboli, in primis la croce celtica, ricordandosi della sua esistenza semmai solo in campagna elettorale, poiché è su quella che andava tracciata la croce.
Tribolazioni di e su un simbolo grafico di rara bellezza e potenza evocativa: amato e odiato come poche cose, in questo Paese.
E, invero, quella fiamma potrebbe raccontare tante cose, a partire dalle splendide vite dei ragazzi, degli uomini e delle donne che, orgogliosamente, hanno sudato, sputato sangue e finanche offerta la vita, perché continuasse a bruciare e illuminare le strade della politica italiana.
Tornando alla “vexata quaestio” alimentata da Luca Ciriani, non è meglio che Fratelli d’Italia assuma e mostri, anche nella veste, la sua vera natura?
In fondo, quel partito è stato degli ex-An e della parte più consistente degli ex-missini solo fino al 2019-2020.
La fiamma della coerenza perduta
Da allora, piaccia o meno, è stato sempre più e sempre solo il partito di Giorgia Meloni, dei fratelli di Giorgia, dei parenti di Giorgia, degli amici di Giorgia, dei burattinai internazionali di Giorgia.
Ed è una formazione sempre più Giorgia-centrica: se la ragazza “tira”, le urne sono ricolme di consensi; se la leader stenta – vedi l’Emilia, vedi l’Umbria, ma anche in parte la Liguria -, buonanotte ai suonatori.
Poi, è chiaro, i sistemi elettorali premiano ancora – in termini di seggi – certi partiti, sopra a tutto Fratelli d’Italia, a dispetto dei trend.
Si tratta di una delle novità notevoli della nuova politica: si è piccoli; si diventa enormi; ci si sgonfia un po’ e, alla fine, si sparisce. Chiedete a Matteo Renzi, a Matteo Salvini, a Beppe Grillo.
La fiamma, invece, dal 1946 a oggi, è stata il più delle volte modesta, nelle sue dimensioni, ma coerente e costante nella sua esistenza.
È l’emblema, a volerla dire tutta, non di un partito o di una storia politica ed elettorale, ma di un mondo che non esiste più.
La fiamma non è “social”, non può alimentarsi di gradimenti che oggi esistono e domani no.
Consegnarla alla Storia, quella con la S maiuscola, quindi, tutto sommato è un bene. In attesa che sorga qualcosa di serio e di degno, per riportarla ai fasti del 1993.
Eh, sì, amici tutti, i fasti del dopo Tangentopoli, quando gli italiani, schifati dall’intero apparato e dal sistema istituzionale di un Paese che si scoprì spelonca di ladri, si affidò in primo luogo al fuoco dell’onestà, della passione, dell’impegno disinteressato e inesauribile per la Patria, votando in massa – da Roma a Napoli, dalle Alpi alla Sicilia, dall’Adriatico al Tirreno – Movimento sociale italiano-Destra nazionale.
Massimiliano Mazzanti
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Lo chiedono i MORTI.