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Tragicommedie in (N)eurolandia

de Felip Antonio di de Felip Antonio
29/04/2025
in Politica
0
Tragicommedie in (N)eurolandia
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Premessa doverosa: non crediamo affatto che l’Unione Europea sia l’Europa: questa è una sciagurata menzogna esemplificata dal ricattatorio “ce lo chiede l’Europa”. L’Europa vera è ben altro: è quella delle sue radici greche, romane e cristiane, del “bianco mantello” di chiese che nel “buio” Medioevo la ricoprirono. L’Europa vera è quella di Poitier, di Carlomagno, di Federico II, delle Crociate, di Carlo V, di Filippo II, di San Pio V, di Lepanto, dei difensori di Vienna (e anche, secoli dopo, di Berlino…). Della civilizzazione portata in Africa e nelle Americhe, checché ne dicano i falsificatori anticolonialisti della cancel culture.

UE un astrazione

Questa è l’Europa vera. Non quella della curvatura delle zucchine, dello standard degli sciacquoni, delle dimensioni dei preservativi, delle tipologie di peperoni, della lunghezza dei pomodorini, del calibro dei piselli. O peggio, quella dell’ignobile Green Deal, dei vincoli di bilancio o delle mozioni trans-omosessualiste. L’Unione Europea, che usurpa il nobile nome di “Europa”, non ha, né può avere, un ubi consistam statuale. E’ un sistema di trattati, coperti da silenzio e mai approvati da nessun referendum in nessun Paese europeo, attraverso i quali ci sono stati sottratti surrettiziamente pezzi di sovranità, è un’oligarchia di tecnocrati ultra-progressisti, mondialisti, immigrazionisti e russofobi che governa senza alcun mandato popolare (il cosiddetto Parlamento Europeo ha pochissimi poteri e non ha, contrariamente a tutti i Parlamenti del mondo, alcuna potestà di proposta legislativa). Il sempreverde Giulio Tremonti ha definito l’Unione Europea “un’astrazione materializzata da un nome”.

Preconizzato da Altiero Spinelli, poi eletto nelle file del PCI, e altri mestatori antifascisti “condannati” al soggiorno marino sull’isola di Ventotene, nel famigerato manifesto omonimo secondo il quale la rivoluzione europea doveva essere socialista, la proprietà privata abolita, il popolo guidato da élite di esperti (il programma è in corso di attuazione) e poi iniziato da personaggi della sinistra presunta cattolica come Alcide De Gasperi, Jean Monnet e Robert Schuman, il processo di “integrazione europea”, come lo chiamano loro, consistente nell’abolizione degli stati nazionali e della sovranità popolare, ha conosciuto una vampata di sfacciata auto-propaganda a partire dalla recente fase di conflitto ucraino che ha visto l’avvicinarsi della sempre più probabile sconfitta dell’Ucraina e la liberazione delle regioni russe dall’oppressione di Kiev.

La caccia ai putiniani

Così istituzioni europee, governi nazionali in mano alle forze democristiano-socialiste, media mainstream, intellettuali di regime hanno concordato e scatenato una serie di iniziative caratterizzate dal bellicismo più spinto e grottesco, dalla caccia ai “putiniani”, da censure di media non allineati, da campagne di menzogne (Putin sta morendo, i russi combattono con le pale, rubano i chip alle lavatrici dei civili, gli ucraini avanzano quasi fino a Mosca), da allarmismi continui riguardo a una sicura (e perché?) aggressione russa entro il 2030 e così via.

Una campagna di pressione e di terrorismo psicologico nei confronti degli europei come non si era mai vista prima. Un isterismo ben rappresentato dalla russofobia antistorica, becera e fanatica come quella dei paesi-bonsai baltici (ma non solo), che, presi singolarmente, hanno meno abitanti della città metropolitana di Milano, ridicoli botoli che latrano rabbiosi all’orso russo e al contempo lo provocano vessando, opprimendo e privando dei diritti civili le consistenti minoranze russe presenti entro i loro confini e perseguitando con ferocia la Chiesa Ortodossa. Vogliono provocare una reazione russa e così, protetti dallo scudo della Nato, scatenare una guerra. D’altronde è quello che vuole l’estone Kaja Kallas, improbabile “alto rappresentante per la politica estera UE”, che in ogni occasione incita a “prepararci alla guerra”, naturalmente contro la Russia. 

L’eliminazione dei nemici

E poi l’eliminazione per via giudiziaria, ma anche violenta, di veri o presunti “nemici” della cosca europoide, magari vittoriosi alle elezioni o nei sondaggi. Così, ecco l’attentato al premier slovacco Fico, l’interdizione elettorale al vincitore delle elezioni in Romania Georgescu e il suo arresto arbitrario, il processo al presidente della Repubblica Serba Milorad Dodik in quella costruzione fasulla che è la Bosnia Erzegovina, un vero protettorato Nato con un Gauleiter (non a caso tedesco) nominato dall’Unione Europea. Ancora: l’arresto della governatrice della regione autonoma della Gagauzia Evgenia Hutsul in Moldavia accusata di essere filorussa; senza dimenticare che, nella stessa Moldavia, i partiti filo-UE hanno vinto le elezioni solo grazie ai brogli e ai voti fasulli degli espatriati nel cosiddetto Occidente. E i tentativi di regime change, in Georgia e in Serbia con “manifestazioni popolari” istigate da ONG à laSoros.

E, ultimo ma non ultimo, lo scandalo della condanna, con accuse ridicole e pretestuose, di Marine Le Pen in Francia per impedirle di partecipare alle prossime presidenziali. Non è bastato il tentativo di dédiabolisation di Marine, che ha epurato il Rassemblement National da esponenti di destra/destra, il tradimento delle idee di quel gigante delle destre europee che fu Jean-Marie Le Pen, la svolta abortista, la messa in sordina delle campagne antimmigrazioniste. Con una sfrontatezza inimmaginabile, la magistratura francese ha processato e condannato la più che probabile vincitrice delle prossime presidenziali. In Italia abbiamo il precedente assalto giudiziario a Salvini, fallito, e quello riuscito ad Alemanno, da mesi in carcere con accuse ridicole.

Tragicomico

Tutto ciò è ovviamente ricade in una categoria di fatti che possiamo tranquillamente definire tragica. Ma ci sono una serie di altri fatterelli e notiziole, dichiarazioni ed esternazioni che, pur mantenendo caratteristiche tragiche, per il contesto e il contenuto, non sono tuttavia prive di aspetti comici, spesso grotteschi. 

Dobbiamo quindi includere questi fatti nella nobile categoria della narrazione tragicomica, così presente nella nostra letteratura. L’inedito spirito guerrafondaio che sprizza da tutti i pori dei tecnocrati della dittatura di Bruxelles può essere descritto parafrasando Emmanuel Todd nel suo La sconfitta dell’Occidente: “il bellicismo dell’Unione Europea è triste e comico allo stesso tempo” (la citazione originaria parlava di “bellicismo britannico”). Anche Marcello Veneziani denuncia che l’Unione “sta affondando nel tragico e nel grottesco”, ed è “la dimostrazione che non ci sono più confini tra la verità e la comicità”.

Proviamo allora ad enucleare dalla cronaca qualche fatto, qualche notizia per illustrare meglio non solo la totale perdita di razionalità, di semplice buon senso, ma soprattutto del senso del ridicolo manifestato dagli attori azzurrostellati che si agitano sulla scena del teatrino dell’assurdo europoide. Partiamo dalle “oceaniche” manifestazioni di Roma e Bologna a favore dell’Europa. Innanzi tutto, vorremmo sapere chi le ha pagate (solo a Roma il costo è stato di circa 350.000). Se, come sembra almeno per Roma, le abbiamo pagate noi, la magistratura, così pronta a perseguire i non conformisti, dovrebbe intervenire pesantemente.

Non reggono il confronto

Poi, a proposito della dimensione “oceanica” delle manifestazioni, invito a confrontare le foto di Piazza del Popolo a Roma del raduno pro-UE con quelle storiche delle chiusure delle campagne elettorali di Giorgio Almirante, che tradizionalmente si tenevano in quella piazza. Quei comizi sì che erano “oceanici”. Altro che i 30.000 (in realtà molti meno) euro-trinariciuti sperduti in quella grande piazza semideserta. Poi gli organizzatori (cosiddetti intellettuali, vecchi cantanti, guitti di vario genere, cattoprogressisti della Sant’Egidio, sindacalisti, VIP, semi-VIP, mini-VIP, membri delle élite e abitanti delle ZTL), si sono gloriati: i partecipanti erano uniti e concordi sotto i vessilli azzurrostellati. In realtà, soltanto riguardo al tema della guerra alla Russia (il sottotesto implicito delle manifestazioni), esistevano decine di posizioni diverse e tra loro contraddittorie tra i presenti. Proviamo a raggrupparle e categorizzarle: “ultra-guerrafondai”, “guerrafondai moderati”, “riarmisti”, “mezzi riarmisti”, “riarmo? Boh”, “pacifisti condizionati”, “ultra-pacifisti”. Ma per gli organizzatori, quelle manifestazioni erano “unitarie”.

Comunque l’Unione Europea ha evidenziato una particolare abilità almeno in un campo: quello dell’uso delle parole. Il famigerato, mostruoso piano di riarmo dei paesi europei da ottocento miliardi di euri, originariamente denominato crudamente “Rearm Europe”, è stato pudicamente ridefinito “Readiness 2030”, così come il corpo di spedizione anglo-francese a difesa delle retrovie ucraine nel caso di una negoziata “pace armata”, originariamente chiamata “coalizione dei volenterosi”, è stata ribattezzata “coalizione dei rassicuratori”. Giova ricordare che l’ultimo intervento anglo-francese, quella contro l’Egitto a Suez nel 1956, non finì bene: fu bloccato con maniere brusche dagli USA e dalle minacce d’intervento dell’URSS. Certo è che se L’UE difetta di senso del ridicolo, non manca certo di fantasia lessicale.   

Il libro bianco sul futuro della difesa europea

Poi, che ne dite di una lettura che è sì tragica, ma anche esilarante? Allora procuratevi il “Libro bianco sul futuro della difesa europea”, approvato qualche settimana fa dal Parlamento Europeo col voto favorevole di Forza Italia e Fratelli d’Italia, contraria la Lega.

Troviamo affermazioni sorprendenti, apodittiche, indimostrate, allarmistiche se non terroristiche, categorizzabili come pura disinformazione: “L’UE è attualmente sotto attacco” (non sentite le sirene nelle nostre città?), “la guerra di aggressione di Putin contro l’Ucraina è ampiamente riconosciuta come un attacco all’assetto di pace europeo dopo la seconda guerra mondiale” (a parte la discutibilissima espressione “guerra di aggressione”, si sono dimenticati di quando la NATO, Italia compresa, bombardò la Serbia con migliaia di vittime?); “L’Ucraina combatte coraggiosamente per i nostri valori europei” (si vede che rastrellare le strade per il reclutamento forzoso anche di anziani e giovanissimi come carne da cannone, mettere fuorilegge tredici partiti d’opposizione, chiudere giornali e televisioni, perseguitare la Chiesa Ortodossa sono azioni ispirate ai “valori europei”); “la Cina rappresenta un rischio per la sicurezza regionale e globale e per gli interessi economici dell’UE” (però, siamo ancora al “pericolo giallo”).

Sono solo esempi: il testo, che con notevole presunzione, spazia dilettantisticamente su amplissimi temi di geo-politica, è una collezione unica di decine e decine di affermazioni spassose e al contempo preoccupanti. Non dimentichiamo che gli estensori sono i nostri dittatori di Bruxelles. 

Il kit per la gestione delle crisi

Forse lo spettacolino più esilarante del circo mediatico brussellese è stato quello rappresentato dal commissario UE per la gestione delle crisi, la belga (belga?) Hadja Lahbib, che ha lanciato, in un tutorial che potrebbe aspirare all’Oscar nella sezione, se c’è, documentari comici, il contenuto di un indispensabile kit per la sopravvivenza per 72 ore quando i russi, la cosa è certa, ci attaccheranno. Costei estraeva dalla sua borsettina, magicamente capiente come quella di Mary Poppins, vari oggetti necessari ai futuri partigiani azzurrostellati: accendini, medicine, radio e così via, compreso un coltellino svizzero (quindi, ahinoi, non Made in UE) col quale anche difendersi quando arriveranno i cosacchi (a questo punto speriamo presto).

Tragicomica anche una risoluzione europea che prevede una feroce censura contro le presunte fake news, ma anche un programma di indottrinamento bellicista e bellicoso destinato ai popoli europei per eccitare la russofobia, anche con il coinvolgimento di “organizzazioni giovanili”. Siamo agli eurobalilla o meglio ai Giovani Pionieri sovietici. Solo che queste Giovani Marmotte d’Eurolandia avranno al collo fazzoletti non rossi ma azzurri con le stelline. 

Il drone che non si vede

L’ultima, ma non ultima, farsa messa in scena dai media mainstream è quella che ha come trama il presunto sorvolo (cinque o sei volte), di un presunto drone russo sul Joint Research Centre (JRC) di Ispra, sul Lago Maggiore, l’ex Euratom di quando l’Italia aveva concrete ambizioni nucleari. Oggi il Centro di ricerca, che dipende dalla Commissione europea, svolge ricerche rivolte a temi di salvaguardia ambientale, spazio, salute e protezione dei consumatori, sicurezza e altri campi che peraltro, almeno da ciò che dice il suo sito, non parrebbero degni dell’attenzione di serie spie. Tanto è vero che vengono consentite visite guidate al suo interno. Il presunto drone russo, non avvistato da nessuno e da nessuno fotografato, sarebbe stato rilevato, questa la segnalazione proveniente dallo stesso centro, da un misterioso sistema sperimentale del JRC di rilevamento di velivoli sconosciuti.

Insomma, non ci sono prove concrete né del drone, né della sua nazionalità russa. Però alla notizia si sono mosse le varie polizie, il pool antiterrorismo della Procura di Milano e persino Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir). Poi le docce fredde delle smentite. Con un una nota ufficiale la Commissione Europea, per bocca del suo portavoce Thomas Regnier, smentisce tutto: “non abbiamo osservato alcuna violazione da parte di droni della no-fly zone sopra il sito né siamo a conoscenza di alcuna specifica minaccia alla sicurezza correlata”. 

Imbarazzo e smentite

Non solo, un giornale locale, Varese news ha scovato una mail interna destinata al personale del Centro nella quale si fa specificatamente riferimento al fatto che “non è stata rilevata alcuna violazione della no-fly zone sopra il sito della Commissione a Ispra da parte di droni”. E allora? Smentite “politiche” o imbarazzo per una fake news, quella del sorvolo del drone russo, che ha fatto sghignazzare la “sponda magra” (così viene definita la sponda lombarda del lago). E siccome gli indigeni presunti sorvolati non sono privi di un sano sarcasmo, subito è stato prodotto un meme ormai virale che rappresenta un sottomarino nelle acque del lago con la scritta: “Avvistato un sottomarino russo nel Lago Maggiore”. E, ovviamente, sul presunto drone russo è calata una coltre di silenzio. Ma intanto un po’ di allarme è stato diffuso.

Qualcuno ha detto che l’incapacità di percepire la comicità delle cose, delle parole e delle situazioni è il primo passo verso alcuni tipi di follia. Ora, noi non sappiamo se i tecno-oligarchi non eletti da nessuno che ci sgovernano da Bruxelles, che ci propinano pericolose menzogne come quelle della crisi climatica di origine antropica, che vogliono, fortissimamente vogliono la guerra alla Russia, che censurano e cancellano notizie e siti sgraditi siano ottusi, folli, arroganti, in mala fede o l’insieme di tutto questo. Sappiamo solo che sono un grave pericolo per l’Europa, quella vera.

Antonio de Felip  

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