È ormai palese (almeno nelle realtà produttive serie e consapevoli del paese) come le follie europee rischino di tagliare 1/3 della produzione di cibo Made in Italy, tra normative ideologiche e senza freni che potrebbero stravolgere per sempre e in modo irreparabile lo stile alimentare degli italiani favorendo le importazioni dall’estero.
Il cd “Green Deal” delle politiche agricole si appresta a devastare il vecchio continente, se non vi si porrà in tempo un argine a difesa della terra, delle colture tradizionali e del loro inscindibile legame con la storia e lo sviluppo dei popoli Europei
Come ribadisce la più diffusa delle organizzazioni di categoria, nefaste politiche europee stanno causando gravi danni all’agricoltura italiana (“dal divieto delle insalate in busta e dei cestini di pomodoro all’arrivo nel piatto degli insetti, dall’idea di equiparare alcune tipologie di allevamenti, anche di piccole/medie dimensioni, alle attività industriali al “nutriscore“ che boccia le eccellenze Made in Italy, dal via libera alle etichette allarmistiche sulle bottiglie di vino all’eliminazione della pesca a strascico, dal permesso alla vendita del prosek croato e agli altri falsi fino alla possibilità di importare grano dal Canada dove si coltiva con l’uso di glifosato secondo modalità vietate in Italia, ecc..”).
Mentre invasati apocalittici deturpano monumenti e capolavori d’arte del passato in nome del cambiamento climatico, e sedicenti comitati per il “no” si oppongono alla realizzazione di qualsiasi opera ostacolando la crescita del Paese, l’Unione europea si accoda pericolosamente a questa tendenza in particolare assecondando con un approccio dirigista l’applicazione di questo nuovo mantra.
Ma, vittime di una allucinante fede dogmatica, a pagare il conto, salatissimo, di una transizione ecologica priva di realismo, sono e saranno sempre di più le imprese e i cittadini europei, e quelli italiani in particolare.
A monte di questa deriva vi è proprio il processo genetico e costitutivo della UE, che non è ormai azzardato definire democrazia totalitaria priva di qualsivoglia collegamento con le realtà e svincolata da una concreta adesione partecipativa e rappresentativa degli interessi dei suoi popoli.
O ancor più precisamente, sarebbe meglio definirla pseudo democrazia, democrazia apparente, simulacro di democrazia ….
Pochi conoscono i meccanismi alla base della scelta dei soggetti rappresentanti e delegati nella Ue.
Dopo la nomina del Presidente della Commissione europea, da parte dei deputati al Parlamento, la palla passa alla individuazione dei commissari ovvero dei “ministri” con deleghe alla attuazione del programma nelle varie aree di competenza.
La vera stortura democratica è proprio il “sistema della audizioni” con cui le commissioni “esaminano” in prima battuta tutti i membri “semplici” che faranno parte della Commissione guidata dalla Ursula von der Leyen, poi, in secondo passaggio, anche i vicepresidenti esecutivi.
In base a questo aberrante regolamento, ciascun candidato può essere approvato, bocciato oppure rimandato dalle commissioni parlamentari chiamate a valutarlo.
E’ una prassi che, seppure non prevista formalmente nei Trattati fondativi dell’Unione, si è consolidata nel tempo, trasformatasi in una vera e propria cartina di tornasole, non tanto delle capacità e competenze, quanto dell’allineamento acritico ed integrale con i nuovi folli ideologismi europei e mondiali.
Si tratta quindi, in altre parole, non di un vaglio della meritocrazia e affidabilità dei candidati, ma di una censura preventiva, che consente l’ammissione all’élite della cerchia tecnocratica apolide e sovranazionale.
In difetto di appiattimento se non addirittura di una sottoscrizione fideistica dei nuovi mantra, i candidati sono esclusi, in spregio ai principi della democrazia rappresentativa, dal salotto buono del potere azzurro a stelle.
Si parte da una tutto sommato accettabile valutazione dei conflitti di interesse dei futuri commissari, si passa attraverso un vero e proprio esame scritto sulle materie della commissione di futura assegnazione e si arriva al termine ad una grottesca audizione orale nella quale i candidati, pena esclusione, devono soddisfare (di fatto aderendovi supinamente ed incondizionatamente) i requisiti “barriera” imposti dalla Ue e sposarne ideologicamente i “principi”
Con questo metodo in passato candidati sono stati esclusi per presunte “dichiarazioni contro gli omossessuali ”o per non essersi piegati all’elogio della “ideologia LGBT” , altri rigettati solo per la provenienza da uno Stato ritenuto non pienamente allineato e conforme come la Ungheria, un altro ancora rigettato solamente per essersi recato in qualità di giornalista con visto Russo in Crimea, e via così …. In pieno stile “rieducazione culturale e libretto rosso maoista”
Una pura follia sulla pelle dei Popoli Europei ed una pietra tombale su loro diritti, interessi e identità
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