A fronte del dibattito in corso sull’aumento delle spese militari abbiamo chiesto al Generale Cesare Dorliguzzo un parere sulle decisioni prese dai paesi membri della NATO, nonché un sintetico punto della situazione relativo allo stato delle nostre Forze Armate anche a fronte delle necessità imposte dalla posizione geostrategica dell’Italia.
Al vertice NATO tenutosi in Olanda il 24 e 25 giugno scorsi è stato confermato, fuori da ogni dubbio, il “Signorsì”, agli ordini impartiti da Washington e da Bruxelles: i Capi di Governo hanno deciso definitivamente lo stanziamento del 5% del PIL per la guerra. Un “Signorsì” che raddoppierà la spesa bellica, entro 10 anni, rispetto all’attuale. Stando al progetto, il 3,5% del PIL sarà destinato alle esigenze di difesa cosiddette “classiche”, mentre un altro 1,5% alla “lotta al terrorismo” e allo sviluppo di infrastrutture utilizzabili a fini militari: rafforzamento di ponti, ferrovie, porti, ecc. Va da sé che tale “accordo” rientra nei piani per il trasferimento di una parte significativa dei costi della NATO sulle spalle dei partner europei (uno degli obiettivi strategici dell’amministrazione Trump).
Tra 5 anni
E, ligi agli ammonimenti che vengono dai sotterranei demoniaci della NATO, secondo cui la Russia attaccherà l’Europa tra 5 anni, o forse anche prima, UE- NATO si sono impegnate in un programma di rimilitarizzazione su larga scala per poter affrontare la Russia entro 3- 5 anni.
Con la guerra in corso, l’obiettivo principale è quello di concedere agli europei proprio quei 3- 5 anni, dirottando il potenziale militare di Mosca verso se stessa durante questo periodo: il tempo, appunto, di riempire gli arsenali e muovere guerra alle “autocrazie” euroasiatiche.
Entro fine anno, ha detto Rutte, tutti gli Stati della NATO raggiungeranno la precedente cifra di spesa per la difesa del 2% del PIL, che però “ora non è sufficiente, l’Alleanza deve armarsi di più”, in particolare rafforzando di “5 volte le capacità di difesa aerea, migliaia di carri armati e veicoli blindati, anche milioni di proietti di artiglieria. Con queste riserve, saremo in grado di dissuadere le aggressioni da qualsiasi fonte di minaccia” ha detto Rutte pensando, ovviamente, alla Russia.
Rinnovo arsenale USA
E non solo spese di guerra: secondo Rutte, è fondamentale che l’Alleanza produca anche di più, preoccupandosi di fornire ulteriori fonti di profitti al complesso militare/industriale americano in merito al costoso ammodernamento del loro arsenale nucleare obsoleto (testate W80 e W87 che armano i missili Minuteman III e Trident II e bombe d’aereo B62) verso cui devono dirigersi le voci di spesa dei “partner” europei.
Rutte ha accennato anche all’Ucraina, dicendo che “i nostri alleati approveranno nuovamente gli aiuti militari all’Ucraina. La nostra assistenza aumenterà e non si fermerà”, arrivando a 35 mld euro per il 2025 tra stanziamenti di UE e Canada, rispetto ai 20 mld euro in precedenza previsti.
Ma, di fronte ai mastodontici piani di riarmo NATO- UE e nonostante questi proseguano sulla strada dell’egemonia mondiale, la Russia non ha intenzione di farsi trascinare in una nuova corsa gli armamenti. I piani, pur se destinati a fallire, formeranno comunque una nuova realtà geopolitica.
Spese militari vs sviluppo sociale
Infatti, l’ammontare totale dei bilanci militari dei Paesi NATO supera la metà della spesa globale mondiale. Si tratta di una cifra enorme che viene di fatto sottratta allo sviluppo sociale e gettata al vento.
È proprio in questo modo che cresce la dipendenza dell’Europa dagli USA: Washington esige infatti apertamente che le maggiori spese siano destinate all’acquisto di armi e attrezzature americane. Si tratta di un nesso tecnologico comprensibile: se si acquista, ad esempio, un F- 35 con un ciclo di vita di 30- 40 anni, si diventa dipendenti dal produttore, cioè dagli Stati Uniti, per tutto quel tempo.
In generale, comunque, la Russia la quale non permetterà che la propria capacità difensiva si indebolisca, in quanto non si lascerà coinvolgere in una costosa corsa agli armamenti, essendo riuscita a raggiungere un livello che consente di rispondere a qualsiasi minaccia militare tenendo conto degli interessi del suo sviluppo economico e prevenendo danni ai suoi tassi di crescita e all’attuazione dei programmi sociali”.
Sconfiggere la Russia?
A tal proposito la NATO continua a sperare di sconfiggere la Russia nella guerra in Ucraina: per Rutte la “Russia è diventata la principale minaccia per la NATO perché Bruxelles ha deciso che la NATO non può esistere senza un avversario importante. In generale, la storia della NATO è una storia di dimostrazione della propria stessa necessità. Pertanto, il processo di espansione dell’Alleanza è stato avviato per confermare l’esistenza della NATO. Questo processo consiste nella formazione di nuove linee di demarcazione e nella ricerca di un avversario”.
A ogni buon conto, la Russia, Vladimir Putin ha commentato le mosse dell’Occidente contro la Russia e ha parlato dello sviluppo delle Forze Armate. Tra l’altro, Putin ha detto che alcuni politici stanno covando piani per infliggere una “sconfitta strategica” alla Russia: evidentemente, “la storia non insegna loro nulla. I nemici continuano a inviare armi e denaro a Kiev, di fatto, come partecipanti diretti al conflitto”.
E, proprio a proposito dei piani di riarmo NATO, ha detto che oggi è chiaro chi stia “provocando la corsa agli armamenti”: l’Occidente ha inventato lo spauracchio di una presunta possibile “invasione russa” per spaventare la popolazione. Infatti, nel vertice NATO tenutosi è stato previsto l’inizio di un programma su larga scala per accrescere ulteriormente le capacità dell’Alleanza. Per la sua attuazione, i bilanci militari dei Paesi NATO saranno aumentati ancor di più, nonostante i Paesi del blocco stiano già spendendo a scopi militari più di tutti i Paesi del mondo messi insieme.
L’Italia e la voglia di guerra
Spostando l’attenzione sull’Italia e in base ai dati di un sondaggio, privo di fondamento, effettuato di recente, da parte del nostro giornalismo terroristico mediatico (manipolato e corrotto al fine di motivare le scelte scellerate di questo Governo), è stato riportato che un giovane su due è disposto ad indossare l’uniforme e a entrare in guerra. Sarebbe importante conoscere i nomi di questi sondaggisti.
Il nostro Governo, anziché inginocchiarsi al volere della NATO e conseguentemente degli Stati Uniti, avrebbe dovutomaggiormente impegnarsi ad effettuare un ragionamento di cosa potrebbe servire in termini di esigenze/possibilità sulla base di quello che le Forze Armate italiane realmente necessitano.
L’Esercito Italiano ha bisogno di un rinnovamento molto importante. Abbiamo una componente corazzata antiquata e ridotta all’osso (era molto più potente in Passato) e deve assolutamente potenziarsi ora, di fronte alle nuove tensioni internazionali.
Una utile Difesa Strategica
Ci sono altri campi nei quali c’è bisogno sicuramente di innovare. Per esempio si può pensare alla cyber sicurezza che si chiama attività di guerra elettronica. La guerra elettronica non serve solo a impedire agli altri di interferire nei nostri confronti, è anche un’attività offensiva, come abbiamo una artiglieria in grado di colpire dovremmo avere la capacità di guerra elettronica che riduca o annulli le capacità dell’avversario di colpirci.
E poi c’è bisogno di droni, per non parlare della scarsa difesa contraerea con ridotti sistemi missilistici, inefficaci a determinate altezze. Oggi sono uno strumento indispensabile. È una tecnologia che costa. Certo nelle polemiche si tende sempre a collegare l’aumento delle spese per la difesa a quelle che sono le richieste della NATO e dell’Europa.
L’Italia doveva investire nel comparto militare da tempo, ora siamo indietro. Il Paese è al centro del Mediterraneo, in un’area molto contesa. Avere una capacità militare credibile è indispensabile per esercitare un minimo di sovranità.
Esercito di vecchi
L’età media dei Sottufficiali e dei volontari in servizio permanente è di 50 anni e la Nazione non può permettersi un comparto militare di questa età. Uno dei problemi gravi delle nostre Forze Armate, in particolare dell’Esercito, è proprio l’età. Con il passaggio da un Esercito di leva a un Esercito professionale è di molto aumentata l’età media, non abbiamo una riserva da garantire in una eventuale mobilitazione.
I fucilieri, gli uomini che combattono nel Donbass, russi o ucraini, sono ragazzi giovani dai 25 ai 30 anni, forti fisicamente. Per non parlare delle donne che dovrebbero essere tolte dai reparti di fanteria (effetti negativi sulla base delle loro condizioni psico- fisiche al combattimento).
I nostri soldati ora vanno in pensione a 60 o a 70 anni, ma un fuciliere a 35 anni non è più buono. Un cinquantenne può stare in ufficio o a una consolle. Ma non può compiere il gesto atletico del combattimento. Per esercitare una deterrenza reale non basta l’eccellenza. Serve la qualità e la quantità che, purtroppo, non abbiamo.
Il principio dell’arte della guerra non è cambiato molto dal passato, è importante la sorpresa, è importante la qualità, è importantissima la massa. Con la situazione geopolitica in cui ci troviamo è fondamentale investire in una difesa oculata sulla base degli interessi di sicurezza nazionale perché non possiamo permetterci di farci trovare scoperti.
Cesare Dorliguzzo*
*Generale della riserva dell’Esercito Italiano
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