A fronte del dibattito in corso sull’aumento delle spese militari abbiamo chiesto al Ten. Col. Fabio Filomeni un parere sulle decisioni prese dai paesi membri della NATO.
Per quasi quarant’anni sono stato un soldato ben addestrato dell’Esercito italiano. Ho servito la Nazione in molti teatri operativi tra Africa, Balcani e Medioriente. Ho partecipato con il mio reparto ad esercitazioni e addestramenti in ambito NATO, in zone torride come al circolo polare artico.
Al mercatino di Livorno
I nostri materiali ed equipaggiamenti erano quanto di meglio potesse offrire la Forza Armata dovendo fare i conti con un budget risicato che per anni è oscillato tra l’1 e l’1,2 del PIL nazionale. Spesso ci recavamo al mercatino americano di P.zza XX Settembre a Livorno per fare acquisti – a spese nostre –di materiali che ci sarebbero serviti negli addestramenti in Patria o in missione all’estero.
Dal semplice poncho americano per ripararsi dalla pioggia in bivacco, allo zaino “Alice”, agli anfibi, bussole, binocoli e buffetterie varie con tascapane e porta caricatori annessi. Alcuni di noi si compravano anche le uniformi da combattimento americane perché erano più resistenti e più comode di quelle italiane e quando si bagnavano sotto la pioggia asciugavano prima.
Quando inventarono il gore-tex®, altra spesa prioritaria divenne la giacca mimetica – anch’essa di fabbricazione americana – al posto del “plasticone” in dotazione all’esercito italiano. Insomma, ci arrangiavamo alla meglio per cercare di migliorare la nostra operatività e, diciamolo pure, il nostro comfort (ma le due cose poi erano connesse). A tutto vantaggio dell’industria militare e civile a stelle e strisce.
Due domande
Adesso che sono ormai transitato nel ruolo della riserva (tradotto: pensionato) apprendo che il Governo italiano si è impegnato in ambito NATO a innalzare le spese per la Difesa fino al 5% del PIL in un lasso di tempo di 10 anni. Quindi dovrei rallegrarmi ed essere contento per i miei colleghi in servizio che finalmente potranno avere quello che gli spetta o, come si dice in gergo, il necessario per «muovere e combattere».
E invece, senza entrare nei tecnicismi di quanto effettivamente risulterebbe l’aggravio di spesa pubblica per le casse del nostro Stato, mi limito a fare due semplici domande socratiche.
La prima è la seguente: a chi è venuta la brillante idea di armare l’Europa?
Se la risposta fosse “all’Europa stessa” la cosa potrebbe anche avere un senso. Ma la realtà sappiamo tutti che è un’altra. La volontà di armare l’Europa è del Governo degli Stati Uniti d’America, espressa per voce del suo presidente. Quindi, l’Europa geopoliticamente ininfluente – oltre che politicamente inesistente – accetta di buon grado di armarsi fino ai denti perché lo ha richiesto una superpotenza straniera ed estranea perfino al continente euro-asiatico. Già questo dovrebbe far riflettere.
Seconda domanda socratica: chi sarebbe il nemico?
Questa è sicuramente più insidiosa della prima. A meno che non si voglia banalizzare individuando nella Russia l’avversario da battere. Tra l’altro con un particolare per nulla rassicurante relativo al possesso di 6200 testate atomiche… Sarà mica la Cina? O magari l’Iran o la Corea del Nord? Oppure un’intera Civiltà come prefigura Samuel Huntington?
O forse più semplicemente non c’è, ma è sempre bene armarsi perché uno Stato è realmente sovrano se è capace di difendere militarmente la sua indipendenza, a prescindere. Datemi pure del pazzo, ma io credo che il nemico dell’Europa, quello autentico, non sia né la Russia, né la Cina, né qualsiasi altra Civiltà.
Il nemico è in casa
Il nemico dell’Europa è l’Europa stessa. Nei suoi leader politici i quali sanno benissimo che il 60% di quelle spese europee in armamenti andranno a beneficio delle industrie belliche statunitensi.
Il nemico va anche ricercato in quei burocrati che in queste ore stanno pensando di acquistare, con i nostri soldi, i sistemi missilistici «Patriot» americani da destinare in Ucraina.
Complice del nemico è chi sostiene di fare gli interessi nazionali ma poi mette in mano la sicurezza informatica ad aziende israeliane (il sistema spyware PARAGON ne è un esempio).
Un continente bellicoso
Il nemico è chi per tornaconto politico personale continua ad ignorare che a distanza di 36 anni dall’implosione dell’URSS e 34 dallo scioglimento del Patto di Varsavia, in Europa stanzino ancora 100 mila soldati statunitensi pronti al combattimento.
Infine, reputo necessaria una banale semplice constatazione: un riarmo effettivo dell’Europa comporta dei seri rischi, perché, non dimentichiamolo, il nostro continente è il più bellicoso della storia del mondo. E allora, se proprio questi rischi hanno deciso di assumerseli, abbiano anche il coraggio di fare il passo successivo verso una vera unione politica dell’Europa.
Europa Nazione
Sì, avete capito bene, non l’attuale Europa di Bruxelles, un gigante dai piedi di argilla privo di un centro e di una direzione. Intendo un’Europa Nazione, una comunità di destino che includa anche la Russia, che a quel punto non sarebbe più percepita come nemico. Che siano maturi i tempi della Giovane Europa del cavaliere eurasiatico Jean Thiriart?
Sullo stato delle nostre Forze Armate c’è poco da aggiungere rispetto a quello già noto, comunicato anche dai nostri vertici della Difesa. Il nostro strumento militare va sicuramente ammodernato.
Ma sulle modalità ho delle riserve. Magari, se Codesta redazione me ne vorrà chieder conto, sarò ben lieto di esternare il mio modesto parere in un prossimo articolo.
Ten. Col. (Ris.) Fabio Filomeni
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