Rimango basito di fronte a un esercito (è proprio il caso di definirlo così) di europeisti e pacifisti che reclamano la necessità di avviare il riarmo senza nemmeno avere la delicatezza di chiamarlo in modo più sfumato e meno guerriero: necessità di incrementare la difesa.
Questi europeisti e pure pacifisti che allignano indifferentemente a destra e sinistra reclamano a gran voce la creazione di un esercito europeo perché, e qui mutuo una dichiarazione di un’idiozia che solo un esperto idiota poteva esprimere, «Putin vuol conquistare il mondo» (Italo Bocchino dixit nel talk-show «Accordi e disaccordi»).
Ebbene Parliamone
Parliamo di quello strumento di cui cianciano coloro i quali per mestiere non fanno il soldato – anzi spesso lo hanno in uggia – e poniamoci alcune domande. La prima domanda che passa per la mente è questa: chi lo comanderà?
La seconda, non meno importante è quest’altra: in quale lingua si esprimeranno i soldati (forse in esperanto)?
La terza, invece, è la seguente: quale sarà la sua struttura operativa?
Ma queste domande che alimentano la peggiori perplessità perdono smalto di fronte alla madre di tutte le domande che i sostenitori dell’esercito europeo si guardano bene dal porsi: quanto tempo ci vorrà per realizzare la «reductio ad unum» di 27 Eserciti diversi?
E non solo, una volta amalgamati, quanto tempo ci vorrà per maturare l’adeguata esperienza operativa comune?
Appare evidente che l’esercito europeo di cui vanno cianciando i Prodi, i Calenda, i Bocchino e compagnia giuliva starnazzante è uno strumento militare senza senso: utopico, e sgangherato per prefazione.
Ma, tralasciando l’aspetto tecnico-tattico relativo a uno strumento militare utopico e già sgangherato, l’esercito europeo è una cosa che non puo’ esistere o, piuttosto, non deve esistere altrimenti cesseranno di esistere le nazioni, ossia quel complesso di persone aventi in comune origine, storia, lingua e civiltà.
E siccome noi italiani con gli europei (chi? quali?) non abbiamo nulla in comune di ciò, è evidente che la nostra nazione, più di tutte le altre avrà da perdere in termini di storia e civiltà.
L’esercito europeo è un falso scopo
E’ evidente che la creazione dell’esercito europeo prima di essere una necessità difensiva, è il passo successivo che i peggiori malandrini asserviti alla finanza anarchica si apprestano a fare dopo averci sottratto l’autorità di coniare moneta: sottrarci quel fattore supremo di identità e sovranità che è la l’autodifesa: dovremmo ricordarcene ogni 2 giugno, quando la Patria autocelebra sé stessa facendo sfilare in parata i nostri reparti militari.
Ci vogliono ciechi e sordi
Il passo ulteriore alla creazione di quell’esercito senza senso e già sgangherato sarà quello di sottrarci l’Intelligence, ossia la capacità di vedere per capire e prevenire le minacce. In pratica ci avranno resi sordi e ciechi (poco male, ci diranno quegli starnazzanti babbei di cui sopra, l’UE fornirà apparecchio acustico e bastone per non vedenti); questa ulteriore sottrazione di sovranità, dopo la sottrazione di moneta e armi, sarà uno step che filerà liscio come l’olio perché è facile far sparire il portafoglio a chi il portafoglio lo abbandona in ogni dove.
E ci imporranno anche un nuovo inno
Coronerà il progetto di annullamento dei popoli che compongono il continente europeo il trionfo del piattume spirituale, magari con l’assunzione della canzone «Imagine» di quello spinellato di Jhon Lennon a inno di una congerie di popoli privi di identità. Ho usato apposta la parola congerie per descrivere un mucchio, confuso di cose, anche non materiali, perché allora avremo definitivamente cessato di essere quello che siamo, ossia italiani, e saremo diventati qualcos’altro di indefinito: un pateracchio europoide.
Processo avviato da tempo
La spersonalizzazione dei popoli europei ha iniziato con la creazione di generazioni di frankensteiniani compratori compulsivi incerti tra l’essere maschio o femmina; adesso rimane solo da azzerare quel poco di coscienza umana che ancora alberga in uno spirito ridotto al lumicino (quell’avita spiritualità cattolica) e il gioco è fatto, non ci sarà nemmeno più bisogno di nome, cognome, sesso (tutto inutile perché avrà trionfato il piattume del «no religions too»).
Il tutto si gioca sulla differenza tra persona e individuo: cesseremo di essere persona e saremo degli individui indifferenziati perfettamente integrabili in una massa; una sorta di comunità universale analoga a quella che per i musulmani è la «Umma» (1) dove il buon musulmano dà senso a se stesso venerando Dio, solo che noi, tapini, già così spersonalizzati, al posto di Dio venereremo convintamente, come stiamo già venerando oraa, Sauron (2).
di Corrado Corradi
(1) La comunità dei credenti
(2) Personaggio de «il Signore degli anelli»; materializza la volontà di conoscenza e ordine piegata a una visione del mondo personale, in contrasto con la realtà del creato.