Ci avviciniamo a grandi passi a un punto di deflagrazione in cui nulla sarà più garantito: il lavoro, il denaro (sarà razionato in maniera da permettere la sopravvivenza alimentare), il giorno di riposo e il «wel-fare» in generale, la sicurezza, la salute, perfino l’auto sarà un lusso, le case frutto dei risparmi dei nostri padri saranno passate ad altri, e quelle a disposizione saranno un lusso che pochissimi potranno permettersi.
Chi ci sta portando verso questa catastrofe?
Una élite internazionale di lucratori materialisti a cui fa capo un establishment di idioti nazionali che riescono a vedere solo fino al loro « 27 del mese ». L’elenco di questi è presto fatto:
- magistratura
- mandarinato burocratico (gli alti dirigenti della burocrazia e la manodopera sindacalizzata)
- partiti (specie quelli di centrosinistra e centrodestra)
- sindacati
- editoria (e i suoi referenti finanziari i quali sono connessi con quella élite di cui sopra)
Alla citata élite non importa nulla del futuro: «dopo di me il diluvio», questo il suo orizzonte. Ed è al diluvio che essa punta.
L’establishment è formato da idioti ideologizzati ai quali è assicurato un cospicuo «fine mese» che li fa marciare sicuri verso un avvenire radioso, frusto rimasuglio di quella che avrebbe dovuto essere la rossa primavera.
Servi giulivi?
Più in basso, noi, genìa caratterizzata da buon senso, buona fede e buona volontà; genìa che élite ed establishment non mancano di calpestare nell’intento di cambiarci i connotati e trasformarci in quello che noi non vogliamo essere: servi giulivi della peggiore tirannia, quella del lucro selvaggio e che costringe a vivere in un mondo al contrario, dove, insieme al buon senso, le verità più evidenti vengono calpestate, derise e vilipese.
Stiamo vivendo un momento storico in cui, quella genìa di gente dabbene, si è, però, stufata del «tasi e tira» e ha cominciato a farsi sentire. Prima con le urne, decidendo di andare a votare e riducendo drasticamente le preferenze a quei partiti di fatto affiliati all’establishment, poi coagulandosi attorno a una persona, un valoroso soldato, che ha avuto il coraggio di lanciare il primo sonoro NO all’establishment che aveva scherzato con la pelle dei suoi soldati.
L’arditismo
Il momento è storico e, mutatis mutandis, sembra ricalchi il fenomeno dell’arditismo, quel movimento di ex combattenti della Prima Guerra Mondiale (1914-1918) al quale avevano aderito sindacalisti rivoluzionari, repubblicani, ex socialisti, anti-liberali, cattolici … una sorta di «spremuta» di quell’Italia riunitasi solo mezzo secolo prima e che stentava ad essere veramente unita, lacerata com’era tra l’ingerenza della massoneria e l’azione dell’internazionale comunista.
Ebbene, quel movimento ha tratto l’Italia d’impaccio e, poscia poi gli errori del basso fascismo (’39-’40) che hanno portato l’Italia in guerra, quel movimento ha permesso all’Italia di rinascere affermandosi con espressioni d’avanguardia artistica, tecnica e sociale che hanno riscosso la curiosità e il plauso un po’ in tutto il mondo.
L’Italia dabbene
Un rinnovato arditismo è ciò di cui necessita l’Italia. Non si abbia timore, dunque, delle reazioni isteriche che un simile richiamo può suscitare tra i curatori fallimentari della Patria. Siamo italiani dabbene, ne abbiamo la consapevolezza e siamo consci che a rendere liberi è la verità, non la paura di affermarla. La storia, è vero, non si ripete tale e quale, ma è maestra di vita e noi abbiamo fatto tesoro delle sue lezioni. Per cui sappiamo bene cosa occorre alla nostra Italia per ridestarsi e liberarsi dai vincoli posti dalla élite antinazionale e dai suoi lacchè. Recuperiamo e riproponiamo con forza vocaboli, principi e valori invisi ai fautori del mondo al contrario:
- la Patria (quella «certezza d’are, di campo, di tetto, di sepoltura»)
- il coraggio e il valore (delle armi e del lavoro);
- la forza (perfettamente rappresentata dal Fascio Littorio);
- la sovranità nazionale e monetaria
- la difesa dei confini considerati sacri
Insomma, difendiamo e promuoviamo la nostra migliore tradizione nazionale.
Affinché l’Italia non sia abrogata e gli italiani cancellati, alziamoci e mostriamoci. Facciamo in modo che ci vedano e, «festina lentae» con la prudenza delle legioni che furono di Roma, entriamo in lizza: ne abbiamo il diritto e il dovere.
Come gli Arditi di un tempo, i quali sulla loro pelle hanno sperimentato il sacrificio e la delusione del tradimento, siamo chiamati a risollevare le sorti dell’Italia.
Corrado Corradi
Il 2diPicche lo puoi raggiungere
Attraverso la Community WhatsApp per commentare le notizie del giorno:
Unendoti al canale WhatsApp per non perdere neanche un articolo:
Preferisci Telegram? Nessun problema: