Il dott. Riccardo Pennisi, giovane analista geopolitico, sottopone alcune riflessioni interessanti, sul n.1/2025 della rivista Aspenia.
Ci siamo lamentati negli ultimi anni perché gli Stati Uniti ci hanno messo sull’attenti di fronte alle loro posizioni e convenienze internazionali.
Il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca ha trasformato completamente lo scenario. Ora l’UE viene considerata da Washington come fosse stata una terra di rapina, da cui sottrarre territori o risorse, popolata da “parassiti” e verso cui rivolgersi con disprezzo. Insomma, questa UE è così bella che non riesce a fare gli interessi del suo storico e maggiore alleato. In parole povere, oggi l’UE è sola coi suoi debiti, con l’arroganza di alcuni suoi Capi di Stato, con la sua allucinante burocrazia, con la miopia ed inettitudine di una classe politica che sembra vivere sulla luna e che non ha mai fatto gli interessi dei cittadini europei, coi muscoli di cartone mostrati a reti unificate dalla Presidente della Commissione Europea.
La nuova relazione con Washington
L’Ultima Thule esce così dalle nebbie del mito per entrare nel territorio della cruda realrà: dal suo fianco nord-ovest dovrebbe cominciare l’Europa a enumerare i suoi punti deboli.
Pituffik è gestita dagli Stati Uniti nel contesto della NATO e in cooperazione con la Danimarca. Ospita i sistemi che si occupano di sorvegliare i missili nucleari russi puntati verso il Nord Atlantico e l’Europa, piazzati sulla penisola di Kola. “Se gli Stati Uniti annettessero la Groenlandia – si chiede Pennisi – condividerebbero le informazioni di sicurezza nucleare con i “parassiti” che tanto detestano”?
Trump, Putin, Netanyahu
Sotto i riflettori, come sappiamo bene, prima dell’Artico c’è l’Est. Resta più che legittimo pensare che la Russia sia stata trascinata dall’Occidente nell’invasione dell’Ucraina – sostiene l’analista – aggiungendo che sulla base dell’esperienza storica la Russia tende a trattare i piccoli Stati e i popoli vicini come pedine da spendere in un gioco diplomatico, in cui Mosca si ritiene alla pari soltanto con le “grandi potenze”. I casi sono innumerevoli, ma basti osservare le trattative sul futuro dell’Ucraina, che vengono effettuate senza la presenza dell’Ucraina.
Oramai è un fatto evidente che esista reciproca convenienza esservi tra Donald Trump e Vladimir Putin nel ridurre l’Europa a un bottino da spartire.
“Nel chiedersi perché Trump ceda a tutte le richieste negoziali di Putin (l’annessione delle quattro province parzialmente occupate, la garanzia che l’Ucraina non entrerà nella UE e nella NATO, che sarà senza difesa, senza flotta, senza industria, senza energia, che il prossimo presidente sarà gradito al Cremlino, che la Russia avrà libertà di manovra fino a Odessa e alla Transnistria…) una delle risposte potrebbe senz’altro essere che in cambio, in futuro, la Russia coadiuverà eventuali manovre americane per ricattare, dividere, piegare al proprio volere l’Europa. Come con le figurine: “Ucraina a me, Groenlandia a te…” “– osserva acutamente il dott. Pennisi.
Europa debole
Perché ciò accada, l’Europa dev’essere debole, quale è, sotto ogni punto di vista. Il modello europeo di pluralismo politico e inclusione sociale non ha funzionato perché basato su forme ideologiche socialiste di due secoli fa, in una globalizzazione ed un mondialismo che sono solamente l’arricchimento di pochi a scapito di altri, all’interno di una società asfitica, che non ragiona più, che si crogiola nella decadenza e nel più volgare trash in ogni ambito.
La UE ha cercato di distruggere l’Europa e la sua antica Tradizione invertendo i paradigmi del bello e del giusto, procedendo verso una visione economicista della vita basata sul profitto e su un’utopistica forma di uguaglianza, molte volte priva di autentica libertà, che è caricaturale ma presente e persistente. La Ue vuole un’Europa sganciata dalle sue identità, e sfrutta la secolarizzazione per togliere al popolo anche la Religione che rese grande il Sacro Romano Impero continuando a creare idoli e modelli distrattivi, malati di edonismo, riluttanti verso il sacrificio, privi di uno spirito autenticamente legionario e comunitario.
La moneta a debito, prodotta all’interno di banche private, ci ha resi tutti più poveri e poco liberi. Ma ha arricchito le poche famiglie dei soliti noti, coi cognomi dell’alta finanza che ben conosciamo, in un sistema usurocratico di massa, che abbiamo accettato in cambio del mantenimento di un po’ di benessere.
L’Unione Europea non è l’Europa
Si critica, spesso giustamente l’Unione Europea perché “non esiste”, perché è imbelle, incapace di reagire, di costituirsi in soggetto politico influente. Marion Marechal Le Pen, nipote di Marine, con le idee più chiare, nette e cattoliche sull’Europa dei Popoli e delle piccole patrie, fondate sulla Tradizione e sulla valorizzazione delle identità particolari, anche etiche, ha detto che “l’Unione Europea non è l’Europa.
È un’ideologia senza terra, senza popolo, senza radici, senza anima e senza civiltà. L’Unione Europea sta lentamente uccidendo Nazioni millenarie”. E’ l’Europa di Carlo Magno e di San Benedetto da Norcia quella che noi vogliamo difendere e attualizzare, riconoscendo e valorizzando le diversità, non omologando l’umanità al Pensiero Unico nichilista che si annida nei Palazzi del Potere ma detiene orgogliosamente squadra e compasso ben impressi sul grembiulino perché sia chiaro che la loro Europa deve essere sottomessa al Grande Architetto dell’Universo, tramite la fratellanza iniziatica dei figli delle tenebre contro i figli della Luce, spesso poco scaltri e, quindi, facilmente manipolabili o in vendita al miglior offerente.
La guerra grigia
“Si fatica a credere che la Russia, che non è ancora riuscita a sconfiggere, in tre anni, un’Ucraina militarmente nana, svuotata della sua popolazione, e malamente aiutata dall’Occidente, sia capace di condurre un’invasione su larga scala di un altro Paese europeo”, sostiene a ragione il dott. Pennisi.
“Però non si può nemmeno negare che i conflitti tendano ormai alla multiformità. Questa include la “guerra grigia” fatta di operazioni circoscritte e mirate, attacchi informatici, manovre di disturbo, sabotaggi di vario genere, che non hanno bisogno di un grande esercito per essere condotte, né di armamenti classici, né di una vera linea del fronte. Anche da questo punto di vista, l’Europa è del tutto sguarnita: non è un caso che l’idea del rafforzamento militare sia particolarmente popolare nei Paesi baltici e scandinavi che con la Russia confinano (“la Russia non finisce mai”, specificò Putin parlando di geografia con un bambino), e che subiscono da tempo questo tipo di operazioni.
Importante è questa affermazione su una rivista come Aspenia: “Nessuna considerazione sulla sicurezza europea può prescindere dalla situazione in Medio Oriente”.
Il medio oriente
Se è stato semplice notare la convergenza tra la nuova Casa Bianca e il Cremlino, dovrebbe essere altrettanto semplice realizzare il potenziale nefasto dell’altro lato del triangolo politico internazionale che si sta costituendo: quello tra Donald Trump e il premier israeliano Benjamin Netanyahu.
La nuova amministrazione americana è arrivata a legittimare pienamente tutte le mosse e gli obiettivi dell’attuale governo israeliano: la rottura unilaterale del cessate il fuoco a Gaza con la violenta ripresa della strage nella Striscia, l’ulteriore e sempre più sanguinosa offensiva dei coloni in Cisgiordania, l’idea della deportazione di massa dei Palestinesi, e l’isolamento dell’Iran come linea guida nella politica mediorientale, rafforzata dall’attacco congiunto agli Houthi in Yemen.
Il mainstream è unito nel non mostrare e non parlare del genocidio in atto in Terra Santa, dei massacri dei cristiani, delle torture a donne e bambini. Si tace su un orrore senza fine, che giunge fino al Libano.
“Sebbene cominci finalmente ad allargarsi in Europa la consapevolezza di doversi opporre a operazioni politico-militari che potrebbero dilagare in ampiezza (sebbene abbiano già tristemente raggiunto i peggiori picchi di intensità), e che ormai non ci si prende nemmeno più il disturbo di giustificare con motivi securitari o strategici, continua a mancare per gli Stati dell’Unione la possibilità di intervenire sul terreno con forze di interposizione adeguate”.
“Se proprio non si vogliono considerare i principi del diritto internazionale come motivo per schierarsi contro la linea Trump-Netanyahu (“…e Palestina a lui”), contino allora le considerazioni sulla stabilità regionale: già la guerra in Siria, con i suoi milioni di rifugiati, costò all’Europa una grave crisi interna con risvolti politici e ideologici che ancora pesano. Figuriamoci cosa accadrebbe con un conflitto esteso a Beirut, Baghdad e Teheran” – incalza sempre l’analista geopolitico di Aspenia.
Il fianco Sud
“Non si sottolinea mai abbastanza quanto la regione a Sud del Sahara sia fondamentale per gli equilibri europei; Sahel significa “costa”: con questo nome metaforico gli antichi viaggiatori del deserto chiamavano il luogo dove il mare di sabbia infine terminava.
A chiudere il cerchio che abbiamo percorso attorno all’Europa, un’Ultima Thule di dune bollenti invece che di pendii glaciali. Non possiamo essere così ingenui da pensare, infatti, che il Cremlino si sia infilato nelle manovre politico-militari locali per dare un qualche impegno a miliziani e funzionari altrimenti annoiati a passeggiare lungo i ponti sulla Neva”.
Se l’Unione Europea vuole perseguire il suo progetto di riarmo, servono però delle condizioni di base. Manca completamente una maturazione rispettosa dei popoli e delle patrie da parte della classe dirigente continentale, perché viziata da decenni di decisioni prese nel segreto dei Consigli Europei. La UE non può permettersi di mettere in piazza, senza rischiare scandali irreparabili, le proprie intenzioni.
Allarmismo UE controproducente?
“E’ poi lecito dubitare che il ricorso all’allarmismo psicologico, insomma l’idea di comunicare al pubblico l’imminenza di un conflitto aperto e generalizzato, non si riveli oltre che ben poco credibile, anche controproducente. E sarebbe infine indegno evitare il confronto nel parlamento europeo per affrettare decisioni su cui non dobbiamo affatto affrettarci, ma discutere il più possibile: i pacchetti di sanzioni (ormai siamo a 16!) adottati dalla UE contro la Russia dovrebbero ricordarci dell’importanza di riflettere prima di fare, o mostrare di fare! Soprattutto perché le sanzioni le stiamo pagando care noi, non i russi.
Un’equazione che non può quadrare: non si può mostrare di aver paura della pace.
L’Europa, insomma, rischia una frammentazione e una divergenza molto profonda – proprio mentre ai suoi Paesi viene consentito di indebitarsi per costruire armamenti.
La ricetta di Giorgia Meloni riguardante la revisione del Patto di Stabilità è importante. Il rischio è “di limitarsi a rimpinguare 27 singoli e inefficienti eserciti di 27 stati, che hanno interessi diversi, guidati da governi che sulla Russia o gli Stati Uniti hanno posizioni persino opposte tra loro: l’Europa ha già commesso questo errore in passato”.
Matteo Castagna
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