Centri Sociali e Sistema Milano
La chiusura del Leoncavallo mi lascia del tutto indifferente. Il suggerimento di Giuli di seguire “vie di legalizzazione” per non chiudere Casa Pound molto meno. Cerchiamo di capire un attimo i termini della questione. Esistono molti modi di concepire la militanza. Chi decide di schierarsi orgogliosamente fuori e contro impara rapidamente tre cose: se entri diventi come gli altri, se segui i sentieri tracciati da chi è dentro, finisci dentro a tua volta e chi è dentro ha a cuore molte cose, ma non il bene della comunità. O i suoi ideali. Come Kipling fa dire a Bagheera:
“Perché chi appartiene al popolo libero dovrebbe obbedire agli ordini di chi non appartiene al popolo libero?”.
Appurato questo, le vie legalitarie servono per lavare la coscienza a tutti, ma funzionano solo con chi si è già venduto. Non con chi lotta ancora. Il Leoncavallo riceverà, presto o tardi, una nuova struttura per la stessa ragione per cui non c’era nessuno l’altro giorno a impedire lo sfratto da quella vecchia: non sono più una comunità in lotta. Sono una succursale del Modello Milano. Sono una derivazione di quel sistema di potere in cui tutto si misura sul suo valore economico e il metro per la misura di tutto è la permuta. Gli architetti scambiavano consulenze per pareri favorevoli (dice la Procura), loro scambiavano seggi per le primarie di centrosinistra in cambio di spazio.
E per quanto forte piangano sullo sfratto eseguito, a breve apriranno la discoteca altrove. Con uno statuto diverso, magari. Forse faranno persino degli scontrini. E magari si apriranno a forme di finanziamento diffuso. Chissà se vedremo mai una Leoncavallo S.P.A. quotata in borsa. In ogni caso, la pianta della contestazione era avvizzita. Ed era avvizzita perché si erano seguiti quegli stessi percorsi di legalità che qualcuno suggerisce per Casa Pound. C’è poi il piccolissimo problema, per gli antisistema di destra del CHI traccia questi percorsi. La Boldrini (sì, esiste ancora) ci spiega, infatti, che no, non sono mica per tutti. Il che significa, in pratica, che uno magari ci si avventura, si vende l’anima e poi viene comunque sbattuto in strada.
Paga seguire il padrone?
Grande scambio, devo dire. Oh, per chi ha le idee giuste e pochi scrupoli paga seguire fedelmente il padrone. Al Lambretta, altra realtà storica, hanno dato qualche centinaio di metri quadri dove fare quello che gli pare. Certo, non li hanno mica dati direttamente a loro, ma al Mutuo Soccorso (che poi sono sempre loro). Ma sono dettagli. E così se ospitano un tizio che stupra per giorni una vittima che nessuno aiuta in locali dove non si potrebbe fare la prima cosa e non dovrebbe accadere la seconda, la politica si gira dall’altra parte. E nessuno mette in discussione la concessione.
Ma qual è il prezzo? Il prezzo è che se vogliono contestare Sala e la svendita di Milano devono farlo a metà agosto, quando in giro non c’è nessuno. Non è carino mordere la mano che ti nutre. Al massimo possono mordicchiarla. Queste sono le vie di legalità. Allora, dico io, molto meglio essere padroni a casa propria. Oppure al limite rischiare con coerenza.
Ma se la via verso il canile è deprimente per bolsi chihuahua abituati ad abbaiare alle ombre, è letale per i lupi. Che senza il Bosco, a cui hanno deciso di fare il passaggio, sono destinati a perire. In spirito, se non altro. Resta poi da capire cosa dovrebbe farsene lo Stato di quel palazzo all’Esquilino. Un giorno ce lo spiegherà Giuli. Sempre che il punto sia quello, naturalmente. E non una operazione egemonica su un mondo che non ha mai accettato certe logiche di cortile…
Brian Curto
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