Russia-Ucraina: cosa succede nel 2024? pt.2 – Ritornando alle capacità occidentali di sostegno a Kiev va osservato che, in primo luogo, la disponibilità nei paesi dell’Europa Orientale di stock di armamenti di produzione ex sovietica è essenzialmente già esaurita dalla fine del 2022 e, ovviamente, non si ha in Occidente la capacità di produrre tali sistemi, originando gli stessi dalle industrie sovietiche, ora russe.
Allo scorrere del tempo, aumenta perciò l’incidenza dei materiali di origine occidentale (come attestato già nel corso del 2023), laddove tuttavia rilevino anche quest’ultimi di una scarsa capacità di sostituzione.
La produzione bellica europea non è cresciuta in maniera significativa negli ultimi due anni e più che di nuove forniture, sembra essere già difficile per le nazioni europee sostituire gli stock di armamenti inviati a Kiev, l’esempio, già richiamato, del fallimento della UE nella fornitura di munizionamento d’artiglieria è lì a testimonianza di tale circostanza.
Il nodo elezioni USA 2024
Gli occhi sono perciò puntati sugli Stati Uniti i quali, però, vivono il momento di più alta conflittualità politica interna dai tempi della guerra civile del XIX secolo, il tutto con una campagna per le elezioni presidenziali di novembre 2024 nella quale un’eccessiva spesa per aiuti militari potrebbe essere un tema di facile propaganda per i repubblicani (soprattutto se condotti da Donald Trump), laddove gran parte dell’opposizione repubblicana lamenta come non sia possibile continuare a fornire aiuti ad un paese distante migliaia di chilometri mentre il confine con il Messico è divenuto essenzialmente una frontiera aperta e priva di ogni presidio.
Anche le forniture americane nel secondo semestre del 2023 si sono drasticamente ridotte, limitandosi a forniture di munizionamento, forniture di “mantenimento dell’esistente” verrebbe da dire.
Lo scoppio del conflitto di Gaza in Palestina mette inoltre ulteriormente sotto stress anche le capacità americane. A inizio 2023 gli Stati Uniti, col consenso di Israele, avevano trasferito a Kiev ca. 300.000 granate da 155mm che tenevano depositate in Israele come riserva strategica.
È assolutamente verosimile ritenere che, in questo momento, Israele pretenda (ed ottenga) la reintegrazione di quelle riserve (considerando che la produzione americana è passata dalla ca. 14.000 granate per mese a ca. 28.000 una reintegrazione di quella riserva significherebbe l’assorbimento pressoché completo di un anno di produzione americana).
La guerra grande sullo sfondo
Significativo che, nel corso dell’estate, la decisione di Biden di approvare l’invio di munizioni a grappolo sia stato giustificato alla stampa con un candido “we run out of ammunition”.
Restano poi aperti numerosi fronti e focolai di conflitto che gli Stati Uniti non possono ignorare, vedi in primis Taiwan, il conflitto permanente in Siria e nell’Iraq settentrionale (dove gli USA sono impegnati per procura tramite sostegno ai curdi e ad altre forze locali), la situazione nel Mar Rosso e in Yemen dove i ribelli filoiraniani Houti hanno interrotto il traffico marittimo commerciale verso il Canale di Suez, le rivendicazioni del Venezuela su parte dalla Guayana, l’attività, propriamente militare, dei cartelli dei narcos all’interno del Messico, a un passo dai confini americani etc….
Un segno importante per un possibile cambio di passo della politica americana è stata l’elezione al Congresso a speaker della Camera dei Rappresentanti (che, per l’ordinamento americano, tiene i cordoni della borsa del bilancio federale) di Mike Johnson, vicino al campo trumpiano interno al partito repubblicano, già espressosi in maniera molto scettica sulla politica dell’amministrazione dem tenuta verso Kiev.
Freddezza USA, Zelensky è solo?
Nel corso del 2023 la Casa Bianca ha diffuso messaggi molto allarmistici circa l’esaurimento della propria capacità di spesa, esaurendo i volumi e le disponibilità già approvate in precedenza, e ha chiesto l’approvazione di un maxipacchetto di aiuti (ca. 60 miliardi di dollari per Kiev oltre che ca. 14 miliardi per Tel Aviv, oltre che fondi aggiuntivi per Taiwan). Nonostante gli appelli della Casa Bianca e un tour diplomatico di Zelensky a Washington, a quanto pare accolto a porte chiuse molto freddamente dai senatori americani, il pacchetto non ha nemmeno raggiunto il consenso preliminare necessario per arrivare ad una votazione in aula prima delle pause natalizie, venendo essenzialmente rimandato a metà gennaio.
I senatori Schumer, capogruppo democratico, e McConnell, capogruppo repubblicano, hanno siglato una lettera d’intenti in cui si impegnano, alla ripresa dei lavori, di stabilire una collaborazione bipartisan per il proseguimento degli aiuti a Kiev. Nonostante ciò, come già detto, il percorso deliberativo degli aiuti, passato anche lo scoglio del Senato, potrebbe trovare ancora nuovi impedimenti al suo arrivo alla Camera, sotto la gestione del nuovo speaker.
Tempi magri per gli ucraini
Lo scenario più probabile, in definitiva, essendo comunque poco immaginabile un disimpegno americano totale ed ex abrupto, che comporterebbe il crollo, nell’arco di un paio di mesi, di tutta la linea del fronte, è che si arrivi ad una soluzione di compromesso per la quale gli Stati Uniti continueranno a sostenere militarmente Kiev (principalmente per il munizionamento) ma senza l’invio di nuovi mezzi (come fatto per imbastire il fallimentare grande tentativo offensivo dell’ultima estate).
In un tale contesto, con una prospettiva di accrescimento delle disponibilità russe e di sempre maggior logoramento di quelle ucraine, si capisce perché Zelensky e il generale di stato maggiore Zaluzhny abbiano indicato chiaramente che per il 2024 l’Ucraina assumerà una postura difensiva.
L’annuncio, ovvio considerando la situazione del campo di battaglia, è politicamente e mediaticamente molto rilevante, se si considera che fino ad oggi la linea ufficiale della autorità ucraine era sempre stata quella di dichiarare ad alta voce la continuazione di operazioni offensive fine alla reintegrazione dei confini del 1991 (quindi con Crimea, Donetsk e Lughansk).
Zaluzhny, in una recente conferenza stampa (e non pochi, nel fatto che il generale di stato maggiore di un paese in guerra, conceda conferenze stampa, vi hanno visto qualcosa di molto irrituale), ha specificato inoltre che l’approccio difensivo avrà come scopo non la difesa del terreno (che fino ad esso gli ucraini hanno cercato di tenere caparbiamente anche nelle circostanze più sfavorevoli come a Severodonestk o Bakhmut) ma il logoramento del nemico.
Chiaramente, se si vuole logorare il nemico la postura difensiva, come quella tenuta dai russi per assorbire l’offensiva ucraina, è la più indicata, resta però poco chiaro come si intenda logorare un nemico con una maggiore e crescente capacità industriale e con una maggior disponibilità di uomini.
Gli uomini: cioè l’altro grande fattore oltre all’industria.
Zelensky ha recentemente annunciato la necessità di mobilitare altri 500.000 uomini per le necessità delle forze armate ucraine (che già attualmente impegnano ca. 1 milione di effettivi), venendo a stretto giro però smentito da Zaluzhny il quale, nel corso della sua conferenza stampa, ha pubblicamente contraddetto il presidente riferendo che le forze armate non hanno espresso una richiesta predefinita in ammontare di uomini.
Al di là di queste schermaglie, che tuttavia sembrano denotare tensioni tra la massima dirigenza politico-militare ucraina, va notato come l’impegno umano ucraino, che fin dall’inizio del conflitto del 2022 ha richiamato alle armi tutto il bacino di 700.000 riservisti disponibili, passando successivamente a ulteriori e successive coscrizioni di cittadini, sia crescente e rischi di indirizzarsi verso un punto di rottura.
È da considerare, infatti, che, sebbene non vi siano numeri certi circa la demografia ucraina, si stima che nel paese, al netto dei cittadini residenti all’estero ancor prima dell’inizio della guerra, di quelli finiti ad abitare nei territori poi annessi dalla Federazione Russa, e di quelli riversatisi all’estero dallo scoppio delle ostilità, nel paese non vi restino che tra i 20 o al più i 25 milioni di anime.
Considerando la popolazione maschile tra i 18 e i 60 anni, ovvero quella che ha di legge il divieto all’espatrio, già attualmente la popolazione in armi dovrebbe contare circa per il 10% del totale.
Arruolamento forzato
Il richiamo continuo di cittadini al di fuori del bacino dei militari professionisti e dei riservisti, esauritosi fin dal 2022 il flusso di volontari e dei volenterosi disposti a battersi spontaneamente coi russi, porta quindi a pensare che le forze armate ucraine stiano affrontando (e che affronteranno sempre di più allo scorrere del tempo), un processo di degradazione progressivo della qualità del proprio personale militare.
Il ministero della difesa ucraino ha provveduto a ridurre i casi di esenzione da inabilità fisiche e mentali per l’arruolamento e crescono sempre di più i messaggi volti a promuovere il reclutamento di personale femminile (la cui partecipazione alle forze armate, a differenza di quella maschile, resta volontaria). Similmente crescono i tentativi di mobilitare la rete di ambasciate e di consolati ucraini in Europa volti a reclutare gli ucraini residenti all’estero.
Tutto ciò è il segno che, progressivamente, l’esercito ucraino sarà sempre più composto da uomini con una scarsa preparazione militare, un morale sempre più basso (essendo sempre più i richiamati coattivamente), di uomini anziani o di donne, segnando prospetticamente un conseguente grave degradamento della capacità operativa ucraina.
Che il fattore umano sia stato fino ad oggi decisamente rilevante è attestato dal fatto che per tutto il 2022 l’Ucraina ha combattuto, grazie ai richiamati e agli atti di mobilitazione, in superiorità numerica rispetto ai russi, i quali fino all’autunno di quell’anno combattevano solo ingaggiando militari professionisti.
In Russia mobilitazione parziale delle riserve
Anche la Russia, come noto, tra l’autunno e l’inverno del 2022 è entrata in stato di mobilitazione parziale. La mobilitazione russa, però, ha richiamato solo 300.000 dei 2 milioni di potenziali riservisti disponibili per la Federazione Russa.
Per il resto la Russia, ha combattuto, come già detto, facendo ampio affidamento sulle risorse spendibili della Wagner (che è arrivata ad assorbire ca. il 20% del totale delle perdite umane russe da inizio conflitto), oltre che garantendosi un ampio flusso di volontari (si stima tra i 10.000 i 20.000 al mese), reclutati promettendo alti stipendi o, per i cittadini delle repubbliche ex sovietiche quali i paesi dell’Asia Centrale, l’ambita cittadinanza russa.
In aggiunta, la Russia ha un flusso di circa 130.000 giovani che ogni anno sono chiamati alla leva militare e che attualmente, per quanto sembra non siano richiamati in massa al fronte, sommando le classi 2022, 2023 e prospetticamente quella del 2024, potrebbero garantire un bacino di potenziale reclutamento tra i 350.000 e i 400.000 giovani uomini.
Complessivamente la Russia, da forze armate di ca.1.1 milione di uomini da inizio 2022, inglobando le milizie del Donbass, i reclutamenti della Wagner, il richiamo dei riservisti, il flusso di volontari, la ferma della leva, dovrebbe aver già superato la soglia di 1.5milioni di uomini sotto le armi, indirizzandosi a superare la soglia dei 2milioni.
Grossomodo, l’Ucraina, dopo aver combattuto il 2022 in superiorità di uomini e il 2023 in una situazione di sostanziale parità, si accinge ad affrontare il 2024 per la prima in inferiorità numerica, da qui i richiamati sforzi per aumentare il volume della propria mobilitazione anche a scapito della qualità delle truppe disponibili.
Il conto delle perdite
In termini di perdite umane subite – che resta uno dei grandi punti interrogativi di questa guerra visto che entrambe le parti tengono secretati i propri numeri – gran parte della propaganda occidentale che vuole le perdite ucraine significativamente inferiori a quelle russe sembra essere infondata.
Da ricerche svolti da operatori indipendenti su dati open source, che hanno scandagliato sia in Ucraina che in Russia, necrologi o annunci sui social di morti, condoglianze etc… risulterebbe che russi e ucraini avrebbero perso un numero all’incirca eguale di ufficiali (almeno ca. 3.000 ufficiali la cui morte sarebbe confermata per parte). Partendo da questo dato si dovrebbero ipotizzare perdite umane complessive ucraine sostanzialmente equivalenti a quelle russe. Tuttavia, come già detto, gli ucraini sono entrati in mobilitazione prima dei russi, la loro mobilitazione è totale piuttosto che parziale e considerando che coscrivono costantemente aliquote ulteriori di popolazione, sembra legittimo pensare che la percentuale di ufficiali sul totale della truppa sia più bassa tra gli ucraini che tra i russi, significando che un eguale numero di caduti tra gli ufficiali dovrebbe tradursi in un multiplo di caduti totali a sfavore degli ucraini.
Ucraina due anni di guerra in svantaggio
La cosa sembra d’altra parte logica se si considera che gli ucraini combattono da due anni con una significativa inferiorità in termini di volume di fuoco e di supporto aereo e avendo condotto per lo più operazioni offensive (o difensive volte però a tenere fino all’ultimo terreni e posizioni svantaggiose).
In questo contesto, l’approccio russo, sembra quasi volto a voler minimizzare il proprio sforzo in termini di volumi di mobilitazione (anche per evidenti tematiche di tenuta del fronte interno, che pure per ora non mostra segni significativi di cedimento), che potrebbe spiegare ancora maggiormente l’approccio lento che si è voluto imprimere al conflitto. Ciò, in ogni caso, non resta senza potenziali conseguenze negative sotto il punto di vista militare anche per i russi.
Non mettere pienamente mano alle proprie riserve umane, riduce chiaramente la possibilità di creare nuove unità di combattimento, obbligando l’esercito russo a prolungare la permanenza al fronte delle stesse unità, limitandone la capacità di roteazione e limitando la capacità di predisporre una riserva di combattimento, capace, potenzialmente, di aprire nuovi fronti (riaprendo per esempio il fronte nord dalla Bielorussia fino a Kharkov).
Sul filo del rasoio
Il problema, pur presente, resta comunque di una magnitudine diversa rispetto a quanto esperiscono le forze armate ucraine.
Se infatti per i russi la scarsità relativa di uomini si traduce, verosimilmente, nell’impossibilità di condurre vaste campagne offensive (che probabilmente non si ha nemmeno l’interesse di condurre) o in un certo sovraccarico delle unità già impegnate in combattimento, per gli ucraini, come visto, la scarsità di uomini potrebbe tradursi in un degradamento generale e complessivo delle proprie capacità operative, rischiando un tracollo capace di mettere a repentaglio gli esiti finali della guerra.
L’assenza combinata di volontà e di capacità russe per condurre grandi operazioni offensive, tuttavia, non dovrebbe farci pensare che il 2024, pur prospettandosi come un altro anno di guerra statica, sia senza sviluppi da parte russa.
Ora sono gli Ucraini a difendere
Come già detto gli ucraini, apertis verbis, stanno adottando un approccio difensivo, il che, naturalmente, corrisponde ad un accresciuto approccio offensivo russo (sostenuto dalle già richiamate crescenti possibilità industriali).
Probabilmente la Russia continuerà quindi a mantenere la pressione sul fronte, come sta facendo da questo ottobre, all’esaurirsi dell’offensiva ucraina.
Negli ultimi 3 mesi, infatti, la Russia attacca la linea ucraina per quasi tutta la sua estensione. Nel settore nord i russi premono in direzione di Kupyansk e Lyman, verosimilmente con l’obiettivo ultimo di raggiungere il fiume Oskol da trasformare in linea di assestamento, più a sud, attorno a Bakhmut, i combattimenti non si sono mai fermati e, esaurito lo sforzo ucraino, sono adesso i russi che spingono per avvicinarsi a Chasiv Yar e, probabilmente all’agglomerato fortificato di Slovyansk- Kramatorsk (vero nocciolo della resistenza militare ucraina in Donbass fin dal 2014).
Attorno a Donestk si hanno gli sforzi principali russi, volti a rompere definitivamente la linea di contatto del 2014 e a liberare la città da nove anni di assedio e di bombardamenti ucraini.
La presa di Marynka
Dopo quasi 20 mesi di combattimenti a sud-ovest di Donetsk è stata presa la cittadina di Marynka, da cui i russi possono così minacciare le difese ucraine a Novomykhalivka e Ugledar, a nord di Donetsk infuria invece la battaglia attorno alla semiaccerchiata Adviika, probabilmente la posizione più fortificata di tutto il fronte ucraino.
I russi, dopo aver tentato una fallimentare operazione di accerchiamento in movimento con sfondamento tramite l’immissione di ingenti reparti corazzati (operazione risoltasi in ingenti perdite e scarsi avanzamenti), sono anche qui ripiegati su un approccio posizionale di avanzamento lento e incrementale. In ogni caso, per bocca dello stesso Zaluzhny, salvo eventi straordinari, la città potrebbe cadere nell’arco di 2-3 mesi.
Sul fronte di Zaphoryza i russi mantengono una forte pressione sul saliente di Rabotine, una posizione fortemente esposta, dove gli ucraini sono accerchiati da tre lati dal fuoco russo, risultante dagli scarsi esisti della loro offensiva estiva.
A Kherson i russi mantengono la pressione e un costante volume di fuoco sulla testa di ponte di Krynky, un fazzoletto di terra al di là del Dnieper occupato dai marines ucraini, dove apparentemente gli ucraini sembrano essersi autoinsaccati in una gabbia di fuoco.
Le direttrici russe per il 2024
Verosimilmente i russi, per il 2024 continueranno, conservando l’iniziativa, nella lenta promozione di questi sforzi puntando al raggiungimento dei corrispettivi obiettivi operativi: ridefinizione del fronte nord sulla linea dell’Oskol, sblocco definitivo dell’assedio di Donetsk con liberazione di tutto l’oblast di Donetsk salvo il conglomerato Slovyansk-Kramatrosk dove potrebbero cercare di indurre gli ucraini a replicare una estenuate battaglia posizionale simile a quella di Bakhmut o ancor di più a quella di Severodonestk, rettificazione del fronte di Zaphoryza con assorbimento del saliente di Rabotine, magari con modesto avanzamento fino a Orichiv e Gulaypolie, i due capisaldi ucraini nell’area su cui sviluppare così un certo livello di pressione e, infine, soppressione della testa di ponte di Krynky.
Se questi sono gli obiettivi tattico-operativi, il fine strategico di tali operazioni sembra sempre essere non tanto quello di conseguire una rapida vittoria sull’Ucraina, quanto estenuarne il più a lungo possibile le capacità di resistenza fino al raggiungimento di un punto di rottura totale che, quindi, salvo crolli clamorosi, potrebbe essere raggiunto solo nel 2025.
Filippo Deidda
La prima parte la puoi trovare qui: https://www.2dipicche.news/russia-ucraina-c…succede-nel-2024/
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