A cura di Matteo Pio Impagnatiello
Nel 2024 nasce Democrazia Sovrana Popolare, forza politica rappresentata da Marco Rizzo, in qualità di Coordinatore nazionale e Francesco Toscano, Presidente del neopartito. Già da subito venne bollato come uno dei tanti tasselli della galassia antisistema. Tuttavia, la crescita e il radicamento di questo vivace gruppo politico, che continua a raccogliere consensi e visibilità mediatica dopo essersi strutturato con il congresso fondativo a Roma, parrebbe smentire tale reductio ad nihilum.
La nuova formazione politica è stata oggetto di pesanti strali, soprattutto riguardo alle proiezioni del partito in politica estera. Per conoscere meglio Democrazia Sovrana Popolare, abbiamo invitato Marco Rizzo a parlarcene.
– Marco Rizzo, chiariamo ora il suo passato impegno politico – parlamentare, per narrare la nuova visione politica.
Io credo che la presenza nelle Istituzioni possa dare solo maggiore forza alla progettualità che uno mette in campo. È come andare più in alto in montagna e urlare maggiormente il progetto. Ci sono partiti, liste, persone che pensano che l’obiettivo sia quello di entrare in Parlamento e basta. La politica è stata anche un privilegio per me. Io ho ricoperto il ruolo di consigliere provinciale, il deputato per tre legislature, l’europarlamentare: il mio problema non è quello di tornare in Parlamento. Ho anche una certa età. Non ho questa pulsione. Credo che la presenza nelle Istituzioni dia maggiore forza ai progetti che uno ha in mente. Certamente, poi, i rapporti di forza non si sviluppano solamente in Parlamento. Anzi. In Parlamento si sviluppano molto poco.
I rapporti di forza si sviluppano nella società, nella capacità di organizzare il ceto medio, nella capacità di organizzare la classe lavoratrice, nella capacità di responsabilizzare dei segmenti che oggi vengono schiacciati: penso ai commercianti, agli artigiani, al ceto medio produttivo, ai dipendenti di certe aziende che vengono messe sul lastrico. È questo il nostro obiettivo. Penso, inoltre, di avere come caratteristica, quella della coerenza. Il mio obiettivo è stato sempre quello di capire cosa stava succedendo nel mondo. Oggi, nel mondo, c’è uno scontro tra la pace e la guerra, lo “Stato profondo” euro-atlantico è in crisi, nello stesso rapporto tra gli Stati Uniti e l’Europa: non accorgersi di ciò equivale a non comprendere il mondo.
Oggi l’opzione destra – sinistra è completamente superata. L’opzione da mettere in campo oggi è il basso contro l’alto, o meglio, il popolo contro le élite. La lotta va fatta contro le élite globaliste, cosmopolite. I gruppi economici e finanziari italiani odiano il popolo italiano. I grandi oligarchi occidentali odiano i loro rispettivi popoli. Far parte di una élite equivale a modellare i popoli. È questo quello che dobbiamo far comprendere. Il ritornare sulla vicenda di 80 anni fa, su cui il giudizio storico da parte mia è netto, il ritornare per rilanciare l’ipotesi antifascista contro il fascismo consente il controllo politico – istituzionale. I poteri forti hanno bisogno di dividere il popolo tra due aree di tifosi. Questa prassi va resa manifesta.
– A proposito di sovranismo popolare, Lei scrive: “Il sovranismo popolare è la titolarità del popolo sul governo, al di fuori di ogni potere economico sovranazionale e di ogni struttura che intercede per noi”. Lo può spiegare meglio all’uomo comune?
Semplicemente basta pensare alle notizie che sono state date in questi ultimi 20-30 anni, quando si diceva “questo progetto economico è stato varato dal Governo italiano – fosse di destra o di sinistra – ma poi dovremmo vedere cosa dirà Bruxelles”. Ecco, questa frase che è risuonata nel tempo “dobbiamo vedere cosa dirà Bruxelles, cosa dirà Francoforte – dove c’è la Banca centrale europea – cosa dirà Strasburgo, cosa dirà Washington”, “cosa dirà”. Queste deleghe negano l’autodeterminazione dei popoli.
Noi vorremmo che quello che si decide a Roma non debba poi passare per altri centri decisionali. Non possiamo sottostare più a nulla. Dobbiamo essere titolari della nostra sovranità.
– Lei propone di uscire dalla NATO. Può indicare il percorso politico – istituzionale per uscirne?
Il tema della pace e della guerra è fondamentale, oggi. Abbiamo una presenza, nel nostro Paese, di decine e decine di basi militari della NATO, alcune con ordigni atomici, che non rispondono al Governo italiano, non rispondono alle Forze armate italiane e non rispondono al Capo dello Stato in quanto capo delle Forze armate. Per cui se ci fosse un conflitto atomico mondiale, noi vedremmo partire dal nostro territorio delle bombe atomiche e probabilmente ne vedremmo anche arrivare, senza che noi abbiamo alcuna titolarità di comando. È una cosa folle.
Per non parlare poi delle spese: quanto ci costa la NATO? Adesso poi bisognerebbe arrivare al 5 % del PIL. Quanti ospedali, quante scuole, quante pensioni, quanti soldi per la ricerca e lo sviluppo che invece vanno a finire in armamenti? Mi pare una follia. Il nostro obiettivo è rendere il nostro Paese indipendente. La nostra proposta politica è quella di – “non schierarsi con nessun blocco”, sarebbe anacronistico oggi, finita la guerra fredda – avere la neutralità dell’Italia, ottenere la neutralità dell’Italia. Qualcuno potrebbe dire: “Si, ma come si fa?”.
Si fa con un atto del Governo. C’è qualcuno che ci comanda di più? Allora fateci votare per il Presidente degli Stati Uniti. Se noi non abbiamo la titolarità di fare in Italia quello che vuole il Governo italiano, liberamente eletto dagli italiani, chi è che deve intervenire? Ci dicano che siamo una colonia e allora chiediamo di votare per il Presidente degli Stati Uniti.
– Dopo la Seconda Guerra Mondiale, gli americani hanno avuto un ruolo determinante nella vita politica dell’Europa occidentale. Una storia politico – sociale che si intreccia con quella dei Servizi “deviati”, dello stragismo di Stato, delle piovre e dei rapporti tra imprenditori, mafia e politica. Nel proporre la fuoriuscita dalla NATO, ha considerato la reazione americana? Se sì, come intende arginarla?
Io spero che gli Stati Uniti, a guida Trump, spieghino quello che è successo nello “Stato profondo” statunitense. In fin dei conti, hanno attentato alla vita di Trump. Non sono i russi che hanno sparato a Trump, sono i suoi che gli hanno sparato. Confido ancora che la proposta di Trump sia quella di disarticolare questo centro di comando. Se Trump riesce a disarticolare lo “Stato profondo” costruito dall’euro-atlantismo in questi ottant’anni, io ne sono felice. È una vita che attendo questa roba. Se Trump lo fa: evviva!
Bisogna capire se Trump è libero o è condizionato anche lui fortemente. Certamente è condizionato, dato che gli hanno sparato. Bisogna capire lui dove si situa, se continua nella vecchia titolarità dello “Stato profondo”, continua ad essere quello che sono. Lo vedremo in questo rapporto della guerra con la Russia. In fin dei conti il suo ministro degli esteri Rubio ha detto una verità che io dico da anni, e cioè che lo scontro tra Ucraina e Russia in realtà è lo scontro tra Stati Uniti e Russia per interposta persona.
– Su una eventuale reazione americana a questa proposta di fuoriuscita dalla NATO, l’ha presa in considerazione?
Anche qua dipende molto da Trump. Lo stesso Presidente americano ha fatto adombrare il fatto che la NATO potesse essere sciolta. Peraltro, segnalo che la Slovacchia sta facendo un referendum sia per la sua permanenza nella NATO sia nell’Unione Europea.
– Oggi, intanto, sono in atto due conflitti: quello russo – ucraino e quello israelo – palestinese. La conclusione degli eventi bellici determinerà un nuovo assetto geopolitico dove gli americani avranno un ruolo importante. L’Italia potrà affermare la visione di Democrazia Sovrana Popolare, da Lei esplicitata?
L’auspicio è che gli Stati Uniti si rendano conto del fatto che il mondo è multipolare. Non c’è uno schieramento dove da una parte c’è l’euro-atlantismo e dall’altra ci sono i BRICS. Il mondo multipolare è un dato di fatto. La Cina e l’India non saranno mai alleate, però insieme fanno un terzo del PIL mondiale e diventa un dato di fatto che queste due grandi nazioni, due grandi potenze peraltro entrambe atomiche commercino tra di loro senza passare dal dollaro. Quindi la “de-dollarizzazione” nel mondo multipolare non è un auspicio, è un dato di fatto, si sta affermando.
– Le agenzie di comunicazione riportano che Il Governo Meloni sia il quarto più longevo. Quali sono i punti di forza e di debolezza di questo Esecutivo e dell’opposizione parlamentare?
Giorgia Meloni è una brava politica. Questo Governo è esclusivamente tattico, non strategico. Forse questo Governo sta nell’improponibilità dell’opposizione e anche del Segretario PD Schlein, che è un disastro. Dal punto di vista concettuale, questa destra e questa sinistra, sulle questioni fondamentali – esteri, politica economica – seguono la falsariga già definita dal pilota automatico Mario Draghi. Non vedo grosse differenze tra destra e sinistra. Dal punto di vista della nostra storia, della storia dell’Italia non ci sono molte differenze. Se si va a vedere nei rapporti con l’Europa, la prima Von der Layen ha avuto i voti determinanti del Movimento 5 Stelle… Un mese fa il voto sulla Von der Layen ha visto i 25 euro-deputati di Fratelli d’Italia uscire dall’aula e questo è un elemento di debolezza dell’Italia: una volta c’è il soccorso da sinistra, una volta da destra. Il nostro Paese non conta niente.
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