La notte del 21 giugno 2025 ha segnato un’escalation drammatica nel già teso scenario mediorientale. Le forze armate statunitensi hanno sferrato un attacco massiccio contro l’Iran, impiegando bombardieri a lungo raggio in un’operazione che molti interpretano come il “lavoro sporco” che Israele, per ragioni strategiche, non avrebbe potuto completare. Sebbene i dettagli specifici degli obiettivi colpiti rimangano frammentari, la notizia ha immediatamente innescato una spirale di preoccupazione globale, riaccendendo il timore di una Terza Guerra Mondiale.
Le Conseguenze Economiche: Il Fantasma del Golfo di Hormuz
La risposta iraniana non si è fatta attendere: la minaccia di chiudere il Golfo di Hormuz, uno stretto vitale per il transito di circa un quinto del petrolio mondiale, è tornata prepotentemente alla ribalta. Questa mossa, se attuata, avrebbe conseguenze economiche devastanti su scala globale. Il prezzo del petrolio è già schizzato alle stelle nelle prime ore dopo l’attacco, e la prospettiva di un blocco completo del Golfo di Hormuz fa prevedere un’impennata incontrollabile, con ripercussioni catastrofiche per le economie dipendenti dall’energia, in primis quelle europee e, in particolare, l’Italia. Settori industriali, trasporti e il costo della vita subirebbero un colpo durissimo, spingendo verso una recessione profonda e prolungata.

L’Europa e l’Italia: Tra Inesistenza Geopolitica e Necessità di Risveglio
Questa crisi mette brutalmente in luce la scarsa rilevanza dell’Italia e dell’Europa nelle dinamiche geopolitiche globali. Troppo a lungo, il continente si è adagiato in una posizione di deresponsabilizzazione, delegando ad altri attori le decisioni cruciali e mostrando una preoccupante inesistenza sulla scena internazionale. Come sottolineato da alcuni osservatori, la “sveglia è suonata“, e sebbene possa sembrare troppo tardi, è imperativo che l’Europa e l’Italia si risollevino e affrontino le sfide storiche che si presentano.
Questo momento storico impone una riflessione profonda sulla necessità di abbandonare le narrazioni semplicistiche e di riconoscere la complessità delle dinamiche internazionali. Non si tratta di singoli individui che agiscono in isolamento, ma di nazioni con interessi strategici ben definiti. Non è Trump, sono gli USA. Non è Putin, è la Russia. Non è Netanyahu, è Israele. Non è Khamenei, è l’Iran. Non è Erdogan, è la Turchia. La politica estera e le traiettorie strategiche sono dettate da interessi nazionali consolidati, e i capi di stato, seppur influenti, sono spesso espressione di queste forze più grandi.
La società del consumo e della deresponsabilizzazione ha abituato milioni di persone a “tifare” per figure mediatiche, dimenticando le esigenze vitali delle nazioni e dei popoli. Il cittadino europeo, in particolare, sembra aver smarrito la cognizione della realtà storica, piangendo per un’insicurezza che è intrinseca alla natura degli eventi globali, troppo spesso assorto in un individualismo superficiale. Il risveglio, purtroppo, si preannuncia bruscamente tragico.
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