Rivolte contadine contro la follia UE – Morte dei contadini significa morte del popolo. Se non le riesce di mantenere in un contadinato fiorente la sorgente di vita del popolo, la Germania è condannata senza speranza ad una lenta estinzione. Queste parole, decisamente auliche, non sono state pronunciate da qualche commentatore schierato con le attuali proteste dei contadini e degli allevatori tedeschi.
Sono di Whalter Darrè, Ministro dell’Agricoltura tedesco dal 1933 al 1942, ideologo del Blut un Boden e intellettuale “ruralista” del Terzo Reich.
Tuttavia, dimostrano quanto in Germania il ceto contadino, fin dalle rivolte del XVI secolo sanguinosamente represse da Lutero, abbia non solo un peso politico, ma incarni anche un valore civile e metapolitico riconducibile al legame atavico con la terra, valore civile che, se pur assai indebolito, non è venuto del tutto meno neppure in tempi di laicizzazione del pensiero politico, di disincanto, di caduta dei miti e delle credenze forti.
La protesta degli agricoltori tedeschi
È ormai da mesi che gli agricoltori tedeschi manifestano, bloccando le strade con i trattori, spargendo letame davanti alle sedi delle istituzioni, portando le loro proteste davanti alle aule sorde e grigie di Bruxelles, lasciando gli scafali dei negozi vuoti di prodotti agricoli (alcuni negozianti hanno messo cartelli: “Ringraziate Zelensky e l’Unione Europea”).
A un vicecancelliere dei Verdi hanno impedito di scendere da un traghetto. L’ultima marcia a Berlino, il 15 gennaio, ha visto la partecipazione di migliaia di trattori e di decine e decine di migliaia di manifestanti, non solo agricoltori, ma anche autotrasportatori, cacciatori, altre categorie e migliaia di comuni cittadini, considerato che una larga maggioranza dell’opinione pubblica simpatizza con i contadini: il 68% dei tedeschi condivide le loro ragioni.
Il Ministro delle Finanze Christian Lindner che aveva chiesto di poter parlare alla folla, è stato sonoramente zittito con urla, fischi e clacson.
Ovviamente il regime giallo-rosso-verde (ma il peso dei Verdi nel governo è assai forte) ha accusato i manifestanti di essere infiltrati da nazionalisti ed estremisti di destra.
Certo, la presenza nelle manifestazioni di vari esponenti dei movimenti di destra, che per il regime sono tutti da considerare estremisti anche quando non lo sono, è un segnale che spaventa il regime semaforo e non solo: anche la CDU e la CSU, a cui le varie associazioni di agricoltori guardavano come partiti come di riferimento, rischiano un salasso di voti, considerato il fanatismo pro-EU che li caratterizza.
AfD all’incasso?
La rabbia degli agricoltori spingerà molti di loro a votare per l’astro nascente della politica tedesca, l’AfD, Alternative für Deutschland.
Lo prevede Agrarheute, un importante sito di notizie dal mondo agrario: “Nel 2024 si terranno le elezioni in tre Lander della Germania orientale. Nessuno dovrebbe sorprendersi se l’AfD festeggiasse grandi successi”.
E, aggiungiamo noi, nel 2024 si terranno anche le elezioni per il Parlamento europeo.
La rivolta agricola è stata scatenata dalla decisione del governo di sinistra di recuperare fondi di bilancio aumentando a dismisura la pressione fiscale sui carburanti agricoli, che si tradurrà in un aggravio medio di 4.500 euri per ogni azienda, e con la drastica riduzione dei tradizionali e storici sussidi alle attività di coltivazione e allevamento istituiti, in Germania così come in altri paesi europei, anche per compensare i costi dei vincoli crescenti imposti negli anni dall’Unione Europea, sempre più intrusiva e oppressiva rispetto a tutte le attività economiche, non solo quelle della terra, dei singoli paesi.
Lo dimostra il caso eclatante della vigliacca aggressione dell’UE alle piccole aziende artigiane, ai balneari, ai tassisti, agli ambulanti. In nome di un liberismo feroce e di una presunta della difesa della concorrenza, si vuole distruggere il ceto libero dei piccoli imprenditori e dei lavoratori indipendenti.
Mettete tutto a gara! ordinano gli euro-burocrati dalle loro stanze di Bruxelles per consentire alle multinazionali o anche, in Italia – si pensi ai balneari – alle cooperative rosse, magari ricorrendo ai soliti immigrati, di allungare le loro grinfie su questi interstizi residui di libertà economica.
Quanto ci costa la transizione energetica
In realtà la rivolta dei contadini tedeschi, e degli altri in Europa, è proprio contro l’Unione Europea e la guerra da questa scatenata contro l’agricoltura, la salubrità dei cibi e persino contro la buona tavola e la convivialità. Tutto questo in nome di una indimostrata crisi climatica e una ancor più indimostrata causa antropica di questa. Migliaia di scienziati, alcuni anche premi Nobel, autorevoli forum di studiosi, climatologi, fisici, chimici, statistici, fondazioni internazionali come Climate Intelligence (CLINTEL) si stanno opponendo alla menzogna ecologista con libri, articoli, petizioni ai governi.
Tutti gli studiosi contro l’emergenza climatica
L’ultima, inascoltata, è stata sottoscritta da più di 1.800 studiosi di tutti paesi. In Italia si sono opposti a questa interessata follia verde studiosi come Carlo Rubbia, Antonino Zichichi, Franco Prodi, Franco Battaglia (un suo libro si titola significativamente “Non esiste alcuna crisi climatica”) e molti altri. In un recente articolo, sempre Franco Battaglia, docente di Chimica Teorica e di Chimica Fisica con un impressionante curriculum accademico e scientifico a livello internazionale, si è scagliato contro quella “climatologia di chi vuol farci credere che le emissioni antropiche di CO2 influenzano il clima del pianeta: pseudoscienza, infarcita di errori di matematica, fisica, chimica e statistica: colossale falso spacciato per scienza”.
Il green deal
È proprio in nome di questa menzogna, di questa pseudoscienza ispirata dall’ONU, con il braccio armato dell’International Programme for Action on Climate, IPAC, dominato dai politicanti, e fatta propria dal famigerato World Economic Forum che vuole imporci Grande Reset: denatalità, abbassamento della qualità della vita, immigrazione, meticciamento delle popolazioni europee, distruzione del retaggio greco-romano-cristiano, della storia, della tradizione, in sostanza della civiltà così come la conosciamo, che l’Unione Europea, dominata dalle falsarie ma potentissime lobby verdi, ha scatenato una vera e propria guerra distruttiva contro l’agricoltura e il benessere alimentare dei popoli d’Europa.
È il cosiddetto Green Deal, che si articola in numerose diversificate attività, e molteplici direttrici, spesso tenute volutamente sottotraccia dagli oscuri euroburocrati.
L’attacco al settore primario
Una di queste, tra le più letali, è la distruzione degli allevamenti, soprattutto se intensivi, giudicati pericolosissimi dai fanatici gretini (ah, i peti delle vacche) e non solo quelli bovini, ma anche quelli suini e persino quelli avicoli. Vincoli stringenti, occhiuti controlli, punizioni drastiche: ad esempio, con il verdissimo precedente governo in Olanda si minacciavano addirittura espropri delle aziende ribelli e non sottomesse ai progetti eutanasici dell’agricoltura.
Poi l’attacco alle coltivazioni con il piano Ue denominato Farm to Fork, che è il braccio armato del Green Deal, con l’imposizione di rotazione forzata delle colture di cereali, la messa a riposo coatta dei terreni, la chiusura delle stalle, il divieto di pesticidi di cui non è mai stata dimostrata la pericolosità e che vengono utilizzati in tutto il mondo anche per prodotti che, senza i dazi eliminati dall’UE, invadono i nostri mercati.
Particolarmente insidioso, perché accattivante come la mela di Biancaneve, è un altro piano, già approvato, denominato Nature Restoration Law che prevede una sorta di decivilizzazione agricola: una quota importante dei già scarsi terreni coltivati europei dovrebbe ritornare allo stato di incolto, alla foresta; gli argini dei fiumi resi intoccabili con i ben intuibili rischi idrogeologici, inventari di dighe e barriere fluviali per un possibile loro abbattimento (i fiumi devono scorrere dove vogliono), riumidificazione delle torbiere e zone umide in nome di una indefinita, santificata biodiversità.
Se intesa alla lettera, la Nature Restoration Law, tra le altre nefandezze, potrebbe imporre all’Italia di restituire i terreni sanificati, colonizzati e coltivati nelle grandi bonifiche degli anni ‘30 alle mortifere paludi e alla malaria. Latina (Littoria) ridotta a una ghost town.
Il filo rosso che collega Pachamama a Davos
Ancora una volta, una sorta di “decivilizzazione”, un ritorno a un passato di scarsità e di povertà, contrabbandata come “sobrietà di vita”, così auspicata dagli oligarchi di Davos, (ma solo per gli altri), dagli ecologisti denatalisti e pauperisti, da Bergoglio e dai suoi seguaci idolatri di Pachamama, terrificante e sanguinaria divinità india della terra e dei sacrifici umani.
Significativo, a questo proposito, che al Forum di Davos, al quale Bergoglio aveva un inviato un benedicente messaggio entusiasticamente elogiativo, sia stata invitata anche una strega sciamana dall’Amazzonia che ha compiuto un rito magico di fronte al presidente della Banca Mondiale, il quale, per evidente sintonia, simpatia e identificazione con la stregona, ha ringraziato per l’influsso magico. Tous se tiens.
L’attacco alle eccellenze italiane
Ogni settore agricolo viene attaccato da Bruxelles: l’olivocoltura, ad esempio, con l’abbattimento anche di olivi sani con l’alibi della Xylella e con la falsificazione legalizzata compiuta con obbligo di definire di origine europea l’olio tunisino o la risicoltura, con l’importazione di riso dall’Estremo oriente con prezzi che uccidono i nostri produttori. I paesi centroeuropei, sempre dietro ordini perentori della dirigenza europea, schierata con il dittatore Zelensky, sono colpiti dall’importazione selvaggia di prodotti agricoli ucraini, senza alcuna certezza riguardo alla loro sicurezza alimentare.
Le dimostrazioni dei contadini polacchi, così come quelle dei camionisti, vengono ignorate e represse dal nuovo governo ultraeuropeista di Donald Tusk, già presidente del Consiglio europeo che, pur avendo non avendo vinto le elezioni (le ha vinte il nazionalista PiS, Diritto e Giustizia) governa con una coalizione imbarcatutti, dai liberali “moderati” all’estrema sinistra.
Come ignorare poi la battaglia dell’UE contro il vino, così ispirata a una grottesca bigotteria salutistica e a un astio mal celato contro i paesi mediterranei? Contro tutte le evidenze scientifiche, secondo l’Unione anche un solo bicchiere di buon vino sarebbe cancerogeno.
Così l’Irlanda, come noto grande produttrice e consumatrice di birra, è stata autorizzata ad apporre warning terroristici sulle etichette dei vini, prevalentemente importati dall’Italia e dalla Francia. Vedremo cosa succederà quando magari, a causa del presunto riscaldamento climatico, l’Isola Verde tornerà a produrre vino, come nel periodo dell’optimum climatico medioevale (a proposito di crisi climatica di origine antropica).
Ciò che è stato autorizzato in Irlanda è un ballon d’essai per una futura imposizione, da parte dei protezionisti salutisti europoidi, di etichette terroristiche a tutte le bottiglie di vino d’Europa.
Il Nutriscore, ricordate?
Altrettanto criminale, per la salute e il gusto degli europei, potrebbe essere l’obbligo, su tutte le etichette degli alimentari, del famigerato Nutriscore, un sistema di segnalazioni a colori circa la salubrità dei cibi, inventato da pseudo-scienziati nord-europei per premiare le grandi multinazionali. Secondo questo sistema molti cibi-Frankenstein industriali risulterebbero più “sani” dell’olio di oliva o del Parmigiano Reggiano.
Analogo attacco al buon cibo e al buon gusto è rappresentato dalla “carne” sintetica, prodotta in laboratorio, la cui ricerca viene finanziata dall’Unione Europea con soldi che sono anche nostri e che secondo gli ecologisti e gli eurocrati dovrebbe sostituire, sulle nostre tavole, quella vera. D’altronde, il dominus del World Economic Forum Klaus Schwab ha sfrontatamente dichiarato che la proprietà privata e il mangiare carne sono cose insostenibili.
Ora noi sappiamo che all’ultimo Forum di Davos, recentemente conclusosi, sono state organizzate cene riservate agli oligarchi omosessuali (ancora una volta, tous se tiens), ma non abbiamo sentito di cene per soli vegani. In questa linea vanno anche lette le ormai seriali autorizzazioni UE alla produzione e commercializzazione, come cibo, di grilli, locuste migratorie, vermi della farina, larve gialle e altri disgustosi animaletti, anche sotto forma di farina poco identificabile dai normali consumatori.
È trasparente il tentativo di creare le premesse per un futuro obbligo alla civilizzata Europa di sostituire la carne, il cui consumo è aborrito dall’ONU, dai guru di Davos, dagli ecologisti, dai vegani e dagli animalisti, con gustosi insetti: già si stanno divulgando istruttive ricette.
L’odio contro il Bello e il Buono
L’astio e la denigrazione degli ecologisti e dei pauperisti contro la buona tavola e il buon cibo dovrebbe essere un segno evidente che quello di questi apologeti della barbarie è, in realtà, un odio profondo, viscerale contro la nostra civiltà, contro il Buono, non solo in senso gastronomico, e il Bello.
Non per nulla gli ecologisti vandalizzano ormai sistematicamente opere d’arte ed edifici storici. Non per nulla il filosofo conservatore Roger Scruton ha lasciato scritto che: “La tavola è una esperienza di bellezza”.
Un altro attacco, spesso ignorato o sottovalutato, è quello della sottrazione alla coltivazione di terreni agricoli, già scarsi, con orribili “campi eolici” le cui enormi pale producono inquinamento acustico e visivo e fanno scempio dei nostri bei paesaggi. Analoghe considerazioni meritano le obbrobriose distese, per ettari e ettari, di pannelli fotovoltaici.
E le proteste degli agricoltori, delle locali associazioni per il turismo, degli albergatori sono ignorate quando non bollate come “anti-ecologiche”. Le associazioni ambientaliste, sempre pronte a strillare contro ogni minimo abuso edilizio, in questi casi tacciono o addirittura applaudono.
Il caso olandese
La rivolta contadina non è esplosa solo in Germania. In Olanda, il precedente governo ecologista aveva imposto, in accordo con l’Unione Europea, drastici provvedimenti contro gli allevamenti (era prevista la chiusura di migliaia di aziende di allevamento bovino e suino) e altre disposizioni contro le coltivazioni. Le decise proteste di migliaia di agricoltori e allevatori (anche in questo caso appoggiate dai cittadini) erano state duramente represse dal regime euro-ecologista di Mark Rutte: manifestanti manganellati, arresti di massa, minacce di espropri di aziende. Ma le elezioni, prima quelle del Senato, poi della Camera hanno visto la vittoria del Partito per la Libertà (PVV) di Geert Wilders, definito di estrema destra (definizione anche in questo caso assai discutibile) e l’affermazione di un nuovo partito, “dei contadini e dei cittadini”, sorto specificatamente in difesa dell’agricoltura.
Sonora la sconfitta di Rutte e dell’ex commissario europeo per il clima Frans Timmermans, a capo di una coalizione verde-rossa. Ora sono in corso trattative, nei Paesi Bassi tradizionalmente assai lunghe, per la formazione di un nuovo governo. Gli analisti danno per possibile un governo di coalizione centrodestra/destra. Almeno in Olanda le distruttive follie ecologiste sono state assai probabilmente fermate.
La Francia rurale in rivolta
Anche in Francia i contadini sono in rivolta contro il Green Deal, il Farm to Fork e le sue demenziali imposizioni (n)euro-ecologiste. Nel Midi, in Occitania, nei Pirenei francesi, in tutta la Francia rurale i contadini bloccano strade e autostrade, manifestano nei centri cittadini e davanti alle Prefetture.
Agli inizi di dicembre, quintali di letame sono stati sparsi sui Champs-Élysées, a Parigi. In Spagna i contadini protestano contro gli obblighi “biologici” dell’Unione Europea e contro l’importazione dall’Africa settentrionale, voluta da Bruxelles, di olio d’oliva e frutta, senza che vi sia alcun controllo sulla qualità. Per sostenere il guitto Zelensky, l’Unione Europea ha aperto le porte ai prodotti agricoli a bassissimo costo e non controllati e ai servizi di autotrasporto ucraini.
Danneggiando le aziende agricole e di trasporto della Polonia, dell’Ungheria, della Romania, della Repubblica Ceca e non solo. Il giornalista Carlo Cambi, su LaVerità, ha raccolto l’appello del presidente della Camera dell’Agricoltura Ceca che, anche a nome degli agricoltori dei Balcani, ha dichiarato: “L’Unione Europea e i suoi stati membri dovrebbero smettere di importare prodotti agricoli esenti da dazi, ma di bassa qualità, dall’Ucraina”.
Aspettiamo le proteste in Italia?
Anche in Italia, mentre stiamo scrivendo, gli agricoltori si stanno mobilitando con una rabbia crescente.
Vedremo. Significativa è la notizia che la rossa Regione Emilia-Romagna offre a chi smette di coltivare 1.500 euro per vent’anni.
Un fenomeno che è doveroso sottolineare, e su cui occorre riflettere, è il quasi totale silenzio dei media mainstream su questa che è la più grande, partecipata, massiva, rabbiosa rivolta dei contadini di tutta Europa.
Il buio dei media europei
Sulla Rai, immagini di pochi secondi delle file di migliaia di trattori intorno alla Porta di Brandeburgo a Berlino. Poche colonne, qualche foto sulla stampa filo-UE. Questo silenzio, questa censura non è una novità. L’abbiamo già vista qualche anno fa quando sono state silenziate le rivolte dei gilets jaunes in Francia e si è taciuta la durissima repressione del regime macroniano, che ha fatto centinaia di feriti e molti invalidi permanenti.
Durante il periodo del Covid, totale silenzio sulle manifestazioni, in Italia e all’estero, dei cosiddetti “no vax” contro l’ignobile dittatura vaccinara, nonostante i divieti e le repressioni del regime, le manganellate e l’uso degli idranti anche contro donne e anziani che pregavano, come è avvenuto a Trieste.
Recentemente il silenzio dei media è calato sulle manifestazioni degli abitanti di Dublino contro l’immigrazione dopo che un bambino e dei genitori erano stati aggrediti da un immigrato, manifestazioni brutalmente represse dal governo. In Polonia, oltre a quelle dei contadini e degli autotrasportatori, ci hanno nascosto le grandiose manifestazioni popolari di centinaia di migliaia di persone contro il neo-governo Tusk, asservito a Bruxelles, che vuole “normalizzare” la Polonia occupando le televisioni pubbliche, licenziando i giornalisti, minacciando la Chiesa e i cattolici con provvedimenti contro la morale e la Fede. Ce lo ricordava Aleksandr Solženicyn: questo sistema si regge sulla menzogna.
È opportuno che il variegato e diversificato mondo delle forze “non conformi” segua con attenzione quello che sta succedendo nelle realtà contadine d’Europa.
Motivazioni economiche e concrete
Certo, le motivazioni della protesta sono concrete, concretissime: economiche e produttive, se non la lotta per la semplice sopravvivenza delle aziende e la difesa del buon cibo e delle nostre tradizioni sulle tavole di tutti noi. Eppure, certo senza molte illusioni ma con l’ottimismo della volontà, sentiamo, in questa rivolta contadina, un qualcosa di atavico, di rivendicazione delle origini e delle radici, qualcosa di più profondo delle mere motivazioni economiche.
Senza cadere nella retorica, sentiamo un po’ di Vandea.
E, inevitabilmente, parlando della terra nostra, ci viene in mente una famosa ma sempre evocativa frase di un generale vandeano, François-Athanase de Charette de La Contrie: “Per i giacobini sembra che la patria non sia che un’idea; per noi è una terra. Loro ce l’hanno nel cervello; noi la sentiamo sotto i nostri piedi.”
Antonio de Felip
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