Questa scritta campeggia sul monumento dedicato agli italiani emigrati in Marocco, caduti nella Prima e nella Seconda Guerra Mondiale, posto nel cortile del Consolato Generale d’Italia in Casablanca dove gli alunni della Scuola Italiana Paritaria intitolata a Enrico Mattei fanno sport e ricreazione.
Più volte mi sono soffermato a riflettere su quella frase di Orazio apprezzandone la concisione con la quale ha descritto uno stato d’animo che io, emigrante, posso attestare essere realtà inoppugnabile: è il cielo che muta, non l’animo quando si espatria.
Lo posso assicurare, il mio animo italiano a tutto tondo non è cambiato, anzi si è rafforzato e adesso sostengo in maniera indefessa il primato morale e civile del nostro popolo.
Integrazione sostenibile
Ma quella frase oraziana ci dice qualcosa di più, ossia ha descritto in maniera concisa, precisa e inequivocabile i termini di una integrazione «sostenibile», ossia:
- io che emigro in un altro paese, porto con me la cifra del mio animo e non esiste un cielo altro che la possa mutare
- in tal modo assumo che la stessa immutabile cifra la troverò nell’animo di chi mi accoglierà dando così contezza della mia disponibilità al rispetto dell’immutabilità del suo animo
Ed è qui che nasce l’equivoco. Un equivoco che distingue il migrante onesto da quello disonesto: il migratore clandestino il quale porta con sé quella immutabilità di cuore ma che non è orientato a rispettare l’immutabilità di cuore di chi lo accoglie, pretendendo da lui l’accoglienza forzosa.
Se è vero che per chi parte muta il cielo ma non l’animo, è altrettanto vero che anche l’animo di chi resta non muta ed è canagliesco pretendere di mutarglielo per il solo fatto che si è attraversato il mare e che lui invece se ne sta sotto lo stesso cielo di sempre.
Falsi storici
Alla base di quell’equivoco c’è il mendacio storico secondo cui noi siamo stati massacratori crociati, schiavisti e poi abbiamo oppresso quei popoli (arabi e africani) con il colonialismo, un mendacio di marca manichea che fa carta straccia della storia, inventato da manigoldi dediti alla disonestà intellettuale che hanno in uggia il nostro animo e che alimentano in coloro i quali «trans mare currunt» un revanscismo disonesto e fuori tempo e luogo, finalizzato a cambiarci i connotati e rendendo obbligatoria un’accoglienza a tutti i costi e indiscriminata.
Di fronte alle frotte di immigrati clandestini che «trans mare currunt» mossi dalla smania del facile guadagno quando non dalla foia, e ai loro supporter che l’animum manco sanno cosa sia, io, alla concisa inoppugnabilità di quell’affermazione oraziana, preferisco lo stentoreo ordine del centurione romano: «Signifer! Statue Signum! Hic manebimus optime» … qui ci siamo noi con il nostro animum e guai a chi ce lo vuole cambiare.
di Corrado Corradi
*Il cielo, non l’animo mutano quelli che corron di là dal mare (Orazio–Epistole)
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