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Home Interviste

Verso un’Europa superpotenza, recensione al libro e qualche domanda a Fabio Filomeni

Redazione di Redazione
22/01/2025
in Interviste, Notizia del giorno, Politica
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Verso un'Europa superpotenza, recensione al libro e qualche domanda a Fabio Filomeni
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Verso un’Europa superpotenza, recensione al libro e qualche domanda a Fabio Filomeni – Siamo davvero contenti di condividere con i nostri lettori un lungo articolo nato dopo la lettura del libro “Verso un’ Europa Superpotenza”.

Partendo dalla recensione abbiamo provato a immaginare qualche linea guida per poter delineare i punti fermi di un blocco geopolitico europeo. Abbiamo subito colto il contributo dell’amico Fabio Filomeni, instancabile animatore di tante presentazioni in giro per l’Italia ed uno dei fondatori del movimento politico il Mondo al Contrario.

Ci rendiamo conto che il pezzo è lungo e denso ma abbiamo cercato di affrontare alcune tematiche controverse andando nel dettaglio dei temi esposti.

Verso un’Europa superpotenza

Ogni viaggio inizia con la scelta della direzione. In questo senso il libro edito dalla casa editrice Il Cerchio, Verso un’Europa superpotenza assolve perfettamente allo scopo.

I 4 autori – Fabio Filomeni, Bruno Spatara, Luigi Scotto e Luca Tadolini – hanno provato a delineare non solo la meta finale: pensare ad un’Europa sovrana e indipendente, ma anche qualche fermata intermedia, come il superamento della NATO, una nuova vocazione per l’Unione Europea e non ultimo un sistema di difesa militare comune.

Si tratta di un percorso lungo, volendo proseguire con la metafora del viaggio, e come tutti i percorsi che si dilungano nello spazio e nel tempo molte parti del sentiero non sono ancora ben segnate ma certamente siamo di fronte ad un inizio confortante.

La superpotenza europea

L’Europa deve trovare la forza per divenire una superpotenza, anzi LA superpotenza in grado di equilibrare il crescente scontro con gli altri attori in campo e cioè Cina, USA, Russia e India. Per farlo è necessario stabilire prima di tutto un dialogo con la Russia perché solo affiancando la potenza tecnologica dell’Europa occidentale all’enorme patrimonio di risorse russe sarà possibile far nascere quella superpotenza che farà da contraltare alle mire USA a Ovest e cinesi a Est.

Uscire dalla NATO

Condicio sine qua non è l’uscita dei paesi europei dalla NATO e parallelamente una trattativa con l’ingombrante alleato USA per il ritiro delle truppe schierate in Europa e la chiusura delle basi militari. L’uscita dalla NATO, dunque, non è più un tabù – per decenni è stato impossibile, almeno in Italia, dare voce ad un’istanza di questo genere – e forse il momento sarebbe anche propizio vista la china presa a
Washington con l’imminente insediamento dell’amministrazione Trump.

Nel libro vengono disegnati due scenari: il primo in cui è uno dei paesi membri NATO (idealmente la Francia) ad uscire dall’alleanza seguito a ruota dagli altri, mentre il secondo, più auspicabile, è l’uscita congiunta di tutti i membri europei.

Il nodo della difesa comune

Dei tentativi di costituire un embrione di difesa militare comune europea vennero già fatti all’indomani della fine sella Seconda guerra mondiale, ma l’appena nata UEO (Unione Europea Occidentale) venne uccisa dalla mancata rettifica del trattato da parte francese. Andrebbe quindi ripreso in mano il progetto di difesa comune superando le legittime ritrosie di alcuni paesi europei, su tutti la Francia, che potrebbero storcere il naso di fronte alla possibile cessione di uno dei pilastri fondamentali della sovranità nazionale.

Qualche domanda agli autori

Abbiamo di fronte un libro composto da quattro capitoli che non hanno la presunzione di esaurire il problema ma solo, come dicevamo all’inizio, di tracciare la strada. Sorgono spontanee alcune domande:

  • Circa i confini. Se è chiaro che l’Europa superpotenza dovrà includere anche la Russia cosa dire invece di Turchia e Gran Bretagna? Nel caso della Turchia parliamo di una potenza regionale con ambizioni antitetiche all’Europa (e in particolare all’Italia) e con storia e tradizioni inconciliabili con l’Occidente europeo. Nel caso della Gran Bretagna siamo certi che in nessun caso potrà essere recisa quella relazione speciale che lega Londra a Washington. Data la posizione e la dimensione geopolitica dei due soggetti citati dunque quale potrebbe essere una soluzione per evitare che diventino due spine nel fianco della nascente superpotenza europea?

  • L’industria della difesa. Il conflitto russo – ucraino ha messo in evidenza la fragilità dell’industria europea che non è stata in grado di dare all’Ucraina le adeguate forniture di munizioni. La prima cosa da fare non sarebbe quindi stimolare l’industria europea ad un confronto interno volto ad aumentare e a migliorare qualità e quantità di munizioni e apparecchiature? Abbiamo parecchi casi in cui le aziende europee leader nella difesa cooperano con reciproco vantaggio ma altri in cui il vicino francese o tedesco è il primo competitor commerciale. Come mediare queste situazioni che hanno un impatto diretto sul PIL e sui tassi di occupazione delle nazioni europee?
  • Nel caso in cui non si riuscisse a raggiungere un accordo per la chiusura delle basi NATO, come andrebbe impostata l’interlocuzione con gli USA?

  • Chi mandiamo a combattere sotto la bandiera blustellata? L’UE è un organismo che tante volte si è reso nemico dell’uomo comune e che nel sentimento generale è totalmente avulso dalle problematiche dei vari stati membri. Non ci sono riferimenti chiari alla storia europea e alle radici vere e profonde che accomunano tutti gli europei. D’altronde parliamo di carte e trattati impregnati di una cultura liberale che ha sempre odiato i principi ed i valori della tradizione greco-romana e cristiana che sono le ossa e la carne dell’Europa. Se proprio dobbiamo restare nella comunità europea non è il caso di ripensare totalmente forme, istituzioni e valori fondamentali?

A proposito di un’Europa sovrana e indipendente

Lo status di superpotenza normalmente è ascrivibile ad un’entità politica quale è lo Stato, ma sappiamo che l’Europa non è una nazione singola e che i tentativi UE di limitare le sovranità nazionali in favore di un accrescimento delle autonomie e delle competenze di commissione e parlamento europeo sono errati, fallimentari e censurabili.

L’Europa è un insieme di nazioni (di patrie) composite che hanno bisogni, progetti e traiettorie diverse e a volte collidenti tra loro.

Anche da un punto di vista sociale le differenze e le attitudini tra i differenti popoli europei sono lampanti (basti pensare alle differenze tra gli stati del nord Europa e quelli mediterranei, ma anche per esempio tra l’Est Europa e l’estremo Ovest).

Se includiamo poi nel ragionamento anche lo spazio ad EST, includendo anche quello russo fino a Vladivostok allora le differenze diventano lampanti anche nella fisiologia.

Questi due fattori ci portano a concludere che non è possibile riferirsi all’Europa come una nazione unica.

Dunque, sarebbe più corretto pensare all’Europa come un soggetto geopolitico \ blocco autocentrato dove alcuni obiettivi comuni sono perseguiti da un insieme di stati nazionali. Come esempio potrebbe essere utile citare i BRICS che sono nulla più di un insieme di nazioni eterogenee e a volte in contrasto tra loro (esempio
lampante la presenza allo stesso tavolo di India e Cina e di Iran e Turchia) ma che riconoscono che in un mondo multipolare è possibile cooperare insieme per degli obiettivi comuni.

Tornando all’Europa quindi, ammesso e non concesso di potersi affrancare dall’egemonia USA, è possibile immaginare alcune traiettorie attorno alle quali si possano far confluire le necessità\aspirazioni delle diverse nazioni europee lasciando ad ognuna la propria sovranità e specificità.

Le 6 linee rosse geopolitiche

  • Il controllo dell’istmo d’Europa (il corridoio terrestre tra Trieste e Danzica).
  • Il controllo degli stretti del Mar Rosso, del Mediterraneo e di Gibilterra
  • Una sfera di influenza netta su Nordafrica e Sahel
  • Il controllo della parte euroasiatica della rotta artica.
  • L’apertura di una via terrestre caucasica per collegare l’estremo Oriente all’Europa.
  • Il rafforzamento del programma spaziale europeo (ESA).

La nazione civiltà


Tornando strettamente alla questione delle superpotenze, però, è importante considerare anche che non esiste una superpotenza che non sia una nazione-civiltà.

Per nazione-civiltà intendiamo quelle nazioni che hanno non solo dominato una parte di mondo ma che hanno impresso la loro orma in maniera indelebile sulla terra e sui popoli. La Cina odierna è l’erede di un impero che ha conquistato terre e assoggettato popolazioni che ha assimilato alla propria cultura. Allo stesso modo l’India che noi vediamo rappresentata sulle carte geografiche come una compagine statale unica è frutto dell’assimilazione di decine di popolazioni diverse alla dominazione indù.

Gli USA stessi hanno esportato la loro distorta democrazia e il liberismo sfrenato in ogni angolo del mondo.

E l’Europa?

I popoli europei sono figli della tradizione greco-romano-germanica, compendiata nella Cristianità (la civiltà cristiana europea) che ha diffuso nel mondo il cristianesimo.

Quella Cristianità purtroppo ripudiata dall’illuminismo e dai suoi epigoni che hanno sostanziato culturalmente l’Unione Europea. Per sapere chi sono gli europei basta guardare i monumenti e le chiese delle nostre città. I palazzi, i castelli, le opere d’arte e contemplare come l’uomo europeo abbia plasmato gli spazi naturali nel corso dei secoli.

Che siano le colline italiane o le vaste tenute francesi, che siano le terre strappate al mare in olanda o i terrazzamenti in Grecia. L’Europa con le sue ossa e le sue pietre dimostra ogni giorno agli europei chi sono e chi dovrebbero aspirare ad essere.

Non si tratta di un liricismo: qualunque accordo tra nazioni europee dovrebbe recepire questo spirito e una certa fierezza per il proprio glorioso passato.

Abbiamo raggiunto il Tenente Colonnello Fabio Filomeni per avere qualche sua idea in merito. Queste le sue risposte per le quali lo ringraziamo.

Sui confini della superpotenza europea

La risposta, in parte, è contenuta nella domanda stessa. Sia la Turchia che la G.B. sebbene per ragioni diverse, ritengo non possano essere contemplate in una visione geopolitica unitaria di un’Europa Superpotenza. La Repubblica di Turchia, anche se ponte naturale tra oriente e occidente in virtù delle sue origini greco-romane e bizantine, è pur sempre lo Stato successore dell’Impero Ottomano la cui popolazione
è al 99% islamica.

Nell’Europa che auspichiamo diamo preminenza ai valori del cristianesimo sia pur nelle varianti delle sue confessioni. Per quanto riguarda la “madre” degli Stati Uniti d’America, il discorso è ancora più netto. Gli inglesi, nella storia, hanno sempre operato per dividere le potenze europee continentali e non hanno mai lesinato di affrontarle militarmente anche singolarmente. Ritengo, inoltre, che l’atlantismo come ideologia politica sia condivisibile e apprezzabile soltanto se rimane aldilà dell’Atlantico.

Difesa e industria comune

La UE, nella guerra in Ucraina tra la Federazione Russa e la NATO – perché di questo si tratta – ha fatto emergere tutte le contraddizioni derivanti dalla mancanza di una vera politica estera comune rivolta a tutelare gli interessi degli europei. Ma una politica estera autorevole e indipendente è impraticabile senza proprie Forze Armate efficienti, all’avanguardia, in una parola credibili. Essersi serviti dell’ombrello
NATO durante la Guerra Fredda ha dato modo agli Stati europei di indirizzare le proprie risorse finanziarie in altri settori favorendo lo sviluppo economico e sociale di gran parte degli Stati dell’Europa Occidentale.

Con la caduta del muro di Berlino e la conseguente dissoluzione dell’URSS, l’Unione Europea è rimasta vittima della dipendenza egemonica di Washington in gran parte dovuta alla sua inadeguatezza/arretratezza in termini di difesa militare.

Purtroppo, in ambito europeo, non c’è mai stata una politica condivisa di spesa nell’industria militare tra i
paesi della UE. Ognuno – salvo eccezioni di progetti militari come l’Eurofighter o il Samp-T – ha sempre pianificato, organizzato e condotto in maniera autonoma i propri progetti, tanto che in Europa si contano ben undici tipi diversi di carri armati mentre negli Stati Uniti ne esiste logicamente uno solo.

Ciò comporta uno sperpero di denaro in ricerca e sviluppo nel settore strategico della Difesa che impedisce di ottimizzare le risorse disponibili, sia in termini ingegneristici che finanziari.

È quello che dice anche il nostro Ammiraglio Cavo Dragone, dal 17 gennaio ai vertici della NATO come Presidente del Comitato militare: “La pace e la sicurezza non sono gratis. Ma la guerra ha costi immensamente superiori. Così In linea di massima il presidente Trump ha le sue ragioni. Dobbiamo spendere di più. Prima ancora, spendere meglio. I Paesi membri della Nato e dell’Unione europea hanno 172 sistemi di arma differenti. Gli americani 35. Non adottando economie di scala noi spendiamo molto di più. Difendiamo a spada tratta la nostra sovranità industriale, sbagliando. Le nostre industrie sono in ritardo”

Dalle parole dell’alto ufficiale si evince che in Europa serve una volontà politica forte e decisa. Quando si è trattato di vaccini da somministrare alla popolazione non si è tergiversato un secondo perché dicevano trattarsi di un’emergenza. La difesa nazionale invece è meno prioritaria?

Per quanto riguarda, invece, l’organizzazione vera e propria dello strumento militare ritengo che il futuro della Difesa europea non potrà essere un esercito unico nelle cui fila militano reparti misti di soldati di diverse nazioni. Credo, invece, che ogni singola nazione debba specializzarsi in un sistema difensivo autonomo e consono alle proprie caratteristiche di:

  • Posizione geografica: sicuramente l’Italia per garantire la protezione del fianco Sud dell’Europa dovrà dotarsi di una Marina Militare potente e ben strutturata capace di avere un ruolo predominante nel mediterraneo, che le consenta di controllare le rotte commerciali e gli stretti. Ma anche una
    Aeronautica Militare moderna ed efficiente che supporti e integri il ruolo della Marina nei cieli sovrastanti il Mediterraneo e l’Adriatico.
  • Strategia militare: sempre prendendo ad esempio la nostra Nazione, non credo che nell’ambito di una difesa europea integrata sia opportuno investire ingenti risorse finanziarie in forze convenzionali meccanizzate, artiglieria pesante, o missilistica. La situazione geopolitica creatasi all’indomani di Yalta e sopravvissuta al crollo del Muro di Berlino ci dice chiaramente che i nostri nemici non possono essere identificati nei paesi confinanti. E allora, va benissimo che nazioni di vaste dimensioni – perlopiù con terreni pianeggianti come la Germania, la Francia, la Polonia o la stessa Spagna – si dotino di fanterie meccanizzate e motorizzate per affrontare il nemico (che a mio avviso è sbagliato perfino identificare nella Federazione Russa!), ma non l’Italia.

Via la NATO dall’Italia?

Gli Stati Uniti al momento hanno circa 700 basi sparse nel mondo e 200.000 soldati impegnati in missione in vari luoghi del pianeta. A nessuna nazione al mondo è permesso aprire anche solo una minuscola base nel territorio giustamente sovrano degli Stati Uniti d’America. Dal punto di vista del diritto internazionale, credo che questa mancanza di reciprocità sarebbe già sufficiente per avanzare una legittima pretesa. Non sono un esperto di trattati internazionali, ma se uno Stato decide di non gradire sul proprio territorio la presenza di Forze Armate di uno Stato straniero, credo che almeno sotto il profilo formale la cosa non faccia una piega. Se poi si dovesse ottenere un secco diniego (cosa che ragionevolmente mi vien da dubitare) si aprirebbe la possibilità di uno scenario del tutto simile ad un “conflitto di liberazione”. Sarebbe il caso di dire: corsi e ricorsi storici…

Quale bandiera? Quali valori?

Di tutte, questa è sicuramente la domanda più insidiosa. La UE, come è noto, è nata intorno ad una moneta e a una banca. Venuta meno la volontà di una unione politica attraverso la ratifica di una Costituzione per l’Europa, si è ripiegato sull’euro e su una banca centrale. Le attuali istituzioni tecnocratiche di Bruxelles sembrano confermare questa impostazione diramando direttive, regolamenti e atti amministrativi vincolanti spesso rivelatisi un boomerang per i lavoratori europei (come le misure adottate per decarbonizzazione e l’elettrificazione forzata nell’ambito del New Deal). Anche l’incondizionato sostegno della guerra in Ucraina ha fatto sì che il denaro degli europei finisse in bombe, missili e droni invece che in spese sociali come la sanità pubblica, la previdenza sociale o il semplice aumento dei salari.

Nonostante ciò, non credo che distruggere quel che è stato edificato in tre decenni possa essere la soluzione, anzi. Rischieremmo di tornare ai vecchi nazionalismi che ci hanno portato a scatenare due guerre civili europee degenerate in conflitti mondiali. Ma la conseguenza più devastante, senza ombra di dubbio, è stata la perdita di sovranità, il pegno pagato per le vite americane sacrificate nel conflitto con le potenze dell’Asse. Credo, quindi, che sia necessario impegnarsi nella creazione di una nuova identità europea, unica vera possibilità di salvezza dal potere egemonico delle superpotenze continentali che vogliono trasformare l’Europa in un campo di battaglia.

Il come sarà la grande sfida del futuro. Sicuramente non potrà essere la UE globalista e neoliberale che abbiamo conosciuto fin qui e di cui, per dirla con le parole di Valerio Benedetti “ogni specificità europea è stata sacrificata sull’altare di vaghissimi “valori universali” e di un mercatismo teologico senz’anima”*. Si tratterà di trovare una cornice entro cui permettere ai vari popoli europei di esprimere tutte le loro potenzialità, nonché di cooperare e svilupparsi in maniera diversificata ma armonica. Starà a noi europei il compito di elaborare un nuovo progetto di civiltà, radicato nella nostra storia comune (e nelle nostre radici greco-romane e cristiane) che, seppur in epoche diverse ci ha visto, più o meno tutti, dotati di un’anima
imperiale.

*V. Benedetti, Sovranismo, la sfida del nostro tempo, Altaforte edizioni, Roma, 2021

Tags: destraEuropagovernoItalialibroNatoOccidentePolitica
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Commenti 2

  1. Pietro says:
    9 mesi fa

    Piena condivisione dei contenuti in particolare la prospettiva rivolta alla Russia, determinante sia dal punto di vista strategico che di risorse territoriali.

    Rispondi
  2. Maria Grazia Spadaro says:
    9 mesi fa

    Per imprimere un nuovo progetto di civiltà, da un mio punto di vista, è necessario azzerare ciò che è stato edificato, poiché alcuni soggetti politici corrotti, hanno fatto primeggiare interessi personali dettati dal loro potere impositivo. Il suicidio di questa Europa, che non è stata mai sorella, insegna che si devono coltivare gli interessi di ogni Nazione, il cui obiettivo
    di cooperazione è un disegno armonico di tutti i popoli

    Rispondi

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